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Ogni passaggio sonoro è la tessera di un mosaico più ampio, in cui i diversi stili, approcci e personalità coabitano per dar vita ad un linguaggio nuovo, complesso e profondamente espressivo.

// di Francesco Cataldo Verrina //

Questa antologia, di ottima qualità sonora monofonica per audiofili, pubblicata sotto l’egida della serie Dial Masters della Spotlite Records, si delinea come un documento di straordinario valore storico ed artistico, offrendo una panoramica sfaccettata del fervore creativo che animava la scena bebop statunitense nel secondo dopoguerra. Sebbene il nome di Dexter Gordon campeggi con rilievo nella presentazione del disco, è opportuno sottolineare che l’album non si sostanzia come una sua produzione solistica in senso stretto, bensì come un lotto eterogeneo di incisioni che coinvolgono una pluralità di protagonisti del jazz moderno.

Le sei tracce attribuite a Gordon, tra cui spiccano «Mischievous Lady», «Chromatic Aberration» e «Ghost Of A Chance», rappresentano versioni alternative di registrazioni effettuate nel 1947 per l’etichetta Dial. L’interazione tra il tenore di Gordon ed il trombone di Melba Liston, una delle rare presenze femminili nella scena bebop dell’epoca, si distingue per un equilibrio timbrico e una tensione dialogica che anticipano sviluppi successivi del jazz modale. I pianisti Jimmy Bunn e Jimmy Rowles, alternandosi al piano, contribuiscono con sensibilità diverse: il primo più percussivo e ritmico, il secondo più lirico e armonicamente sofisticato. Dexter Gordon, pur giovanissimo all’epoca delle registrazioni, aveva già interiorizzato la lezione di Lester Young e la stava rielaborando alla luce delle nuove istanze bebop. Gordon si muove con disinvoltura tra lirismo e virtuosismo, alternando frasi ampie e cantabili a passaggi più frastagliati e sincopati. La sua voce strumentale è già riconoscibile: calda, ironica, capace di evocare tanto la malinconia quanto l’irruenza.

Earl Coleman, interprete dalla vocalità profonda e vellutata, riesce a coniugare l’eleganza del crooning con la complessità armonica del bebop. Coleman non si limita a cantare: dialoga con gli strumentisti, si inserisce nel tessuto sonoro con naturalezza, come se la sua voce fosse un altro strumento solista. Le quattro tracce vocali da lui interpretata, tra cui una toccante versione di «As Time Goes By», introducono un elemento di cantabilità malinconica all’interno del contesto prevalentemente strumentale. Coleman, accompagnato da giganti come Fats Navarro alla tromba e Don Lanphere al sax tenore, riesce a fondere l’estetica del crooner con la complessità armonica del bebop, offrendo un raro esempio di vocalità bop che non scade mai nel manierismo. Il doppio take di «Move», affidato al quintetto di Fats Navarro, è un esempio paradigmatico di come il jazz post-bellico potesse coniugare velocità esecutiva e coerenza formale. Navarro, in particolare, rappresenta una delle vette tecniche ed espressive della tromba bebop. Nelle due riprese di «Move!», l’esecuzione è un esempio di precisione chirurgica e immaginazione melodica: ogni nota è scolpita con chiarezza, ogni frase è costruita con logica interna, ma senza mai perdere il senso del rischio e dell’improvvisazione. La sua presenza illumina anche le tracce vocali, dove il fraseggio s’interseca con quello di Coleman in un contrappunto sottile e raffinato. Teddy Edwards, con «Blues in Teddy’s Flat», propone invece una visione più radicata nel blues, ma non priva di raffinatezze armoniche. Edwards, sassofonista tenore attivo soprattutto sulla West Coast, propone una lettura del vernacolo tradizionale filtrata attraverso il prisma del bebop: il suo sound è robusto, la fraseologia incisiva, ma sempre radicato in una sistemica sensibilità melodica. Infine, le quattro tracce guidate da Howard McGhee, tra cui «Mop Mop» e «Stardust», testimoniano l’evoluzione del linguaggio trombettistico post-gillespiano, con una particolare attenzione all’architettura melodica ed alla dinamica collettiva del line-up.

Il disco si apre con una serie di componimenti firmati dal Dexter Gordon Quintet e Quartet, che costituiscono il nucleo più coeso della raccolta. «Mischievous Lady» e «Lullaby in Rhythm» introducono immediatamente l’ascoltatore nel mondo sonoro del sassofonista: il primo brano è un’esplosione di energia controllata, in cui il sax tenore danza su un tema vivace e sincopato, mentre il trombone di Melba Liston aggiunge un contrappunto brillante e sorprendentemente moderno. In «Lullaby in Rhythm», invece, il tono si fa più morbido e riflessivo, con Gordon che esplora il registro medio-basso del suo strumento con una dolcezza quasi vocale. Con «Chromatic Aberration», il quartetto si avventura in territori più sperimentali: il titolo stesso suggerisce una deviazione dalla norma, e infatti l’impianto è costruito su una progressione armonica instabile, che Dexter affronta con frasi spezzate e cromatismi audaci. Il pianoforte di Jimmy Bunn, percussivo e asciutto, contribuisce a creare un’atmosfera tesa e nervosa. «It’s The Talk Of The Town» e «Ghost Of A Chance» rappresentano invece il lato più lirico del tenorista. In queste ballad, Gordon mostra la sua capacità di «cantare» attraverso il sax, con un fraseggio ampio, ricco di pause espressive e sfumature dinamiche. «Sweet And Lovely», che chiude questa prima sezione, è un piccolo gioiello di equilibrio tra melodia e improvvisazione, con un accompagnamento pianistico (Jimmy Rowles) che accarezza le armonie con eleganza impressionista.

Il passaggio a «Blues In Teddy’s Flat» segna un cambio di atmosfera: Teddy Edwards, con il suo suono più ruvido, ci riporta alle radici afro-americane del jazz. Il motivo è imperniato su una struttura semplice, ma l’esecuzione è tutt’altro che banale: ogni frase di Edwards è carica di intenzione, e la sezione ritmica lo sostiene con un groove solido e pulsante. Le quattro tracce vocali interpretate da Earl Coleman – «Guilty», «Yardbird Suite», «A Stranger In Town» e «As Time Goes By» – costituiscono un intermezzo lirico e introspettivo. Coleman canta con una voce profonda e controllata, evitando ogni eccesso emotivo. In «Yardbird Suite», la sua interpretazione si intreccia con le linee strumentali in un dialogo sottile, mentre in «As Time Goes By» raggiunge un’intensità quasi cinematografica, sostenuto dalla celesta (strumento idiofono a percussione, il cui aspetto è simile a quello di un pianoforte verticale di piccole dimensioni) di Linton Garner che aggiunge un tocco etereo e malinconico. Le due take di «Move», affidate al quintetto di Fats Navarro, sono tra i momenti più incandescenti del disco. Navarro affronta il tema con una precisione fulminea, ma senza mai sacrificare la musicalità. Il confronto tra le due versioni rivela sfumature diverse: nella prima, l’assolo è più lineare e costruito, nella seconda più audace e frammentato, come se Navarro stesse perlustrando inedite possibilità espressive in tempo reale.

La sezione finale dell’album è dedicata al gruppo di Howard McGhee, che propone quattro composizioni – «Intersection», «Lifestream», «Mop Mop» e «Stardust» – in cui la tromba del leader guida l’ensemble con energia ed inventiva. «Intersection» è un tema nervoso, quasi frenetico, in cui McGhee gioca con le dissonanze e i cambi di registro. «Lifestream» è più meditativo, con un tema cantabile che si sviluppa in un assolo lirico e sottocutaneo. «Mop Mop» è un ritorno al groove, con un battito incalzante ed un interplay serrato tra fiati e sezione ritmica. Infine, «Stardust» chiude il disco con una nota di eleganza e nostalgia: il celebre standard viene riletto in chiave moderna, con un equilibrio perfetto tra rispetto della melodia e libertà improvvisativa. Questa sequenza di brani, pur nella sua eterogeneità, costruisce un racconto coerente e affascinante del bebop nella sua fase aurorale. Ogni passaggio sonoro è la tessera di un mosaico più ampio, in cui i diversi stili, approcci e personalità coabitano per dar vita ad un linguaggio nuovo, complesso e significatamente espressivo. La raccolta, pur nella sua natura antologica e frammentaria, diventa imprescindibile per comprendere la complessità e la ricchezza del bebop nella sua fase erigenda. La presenza di alternate takes, spesso trascurate nelle edizioni ufficiali, consente di cogliere il processo creativo in fieri, offrendo al musicologo e all’ascoltatore attento una prospettiva privilegiata sul laboratorio sonoro di alcuni dei più massimi innovatori del jazz moderno.

Dexter Gordon, Anni ’40

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