Vinile sul Divano: confluenze ritmiche disallineate

// di Gianluca Giorgi //
Mary Halvorson, Cloudward (2024)
La chitarrista e compositrice Mary Halvorson è ormai un pilastro della scena musicale che si ispira principalmente al jazz e all’improvvisazione libera e, album dopo album, i suoi lavori sono sempre più apprezzati, vincendo riconoscimenti per le composizioni impegnative, astratte e innovative. “Cloudward” continua nel percorso, con otto composizioni le cui idee musicali sembrano rimanere sospese nell’aria. Per questo terzo lavoro su Nonesuch ha riunito lo stesso sestetto dello splendido “Amaryllis”, album del 2022, creando un’atmosfera più calda e accessibile rispetto ad “Amaryllis” stesso e a “Belladonna”, pur rimanendo, comunque, deliziosamente imprevedibile. Oltre alla Halvorson, il sestetto è composto da Tomas Fujiwara alla batteria, Nick Dunston al basso, Jacob Garchik al trombone, Adam O’Farrill alla tromba e Patricia Brennan al vibrafono. Il sestetto è persino affiancato in “Incarnadine” da Laurie Anderson al violino. In Amaryllis potevamo ascoltare sezioni polifoniche con tutta la band che suonava contemporaneamente, in questo nuovo lavoro ogni esecutore ha più spazio per esprimersi prima di entrare in un insieme più ampio. Un esempio è “The Tower” che inizia con un assolo della Halvorson riecheggiato da un lungo ritardo in cui entra poi Brennan al vibrafono, prima che i fiati suonino insieme sul tema. Questo straordinario pezzo rappresenta perfettamente il disco, un brano complesso nella sua leggerezza, che è allo stesso tempo una canzone d’insieme, in cui, comunque c’è un momento chiaro per ciascuno dei suoi interpreti. Pur mantenendo una sua riconoscibilità nello stile, la Halvorson non rischia mai di rimanere statica, merito del felice assortimento timbrico e nell’amalgama di questo formidabile sestetto, che pare aver trovato un assetto ideale, nel quale in questo disco rifulgono, in particolare, gli apporti della Brennan (vibrafono) e di Garchik (trombone) veramente super. Straordinaria, inoltre, è la cornice continuamente cangiante della musica, nella quale sembra non esistere più una distinzione tra ciò che è strutturato e composto e ciò che è libero ed improvvisato. Un mondo espressivo della Halvorson, che pare sempre sospeso tra realtà e sogno, tra concreta e instabilità. Sempre un bel ascoltare.
Eric Ghost, Secret Sauce (1975 ristampa 2022)
Il nome di Eric Ghost è azzeccato, perché è davvero un uomo misterioso. Contemporaneo e migliore amico del jazzista funky degli anni Sessanta Jeremy Steig, i suoi album autoprodotti come stampe private sono molto ricercati, difficili da trovare e hanno prezzi molto elevati. “Secret Sauce” è lo splendido e oscuro capolavoro di jazz psichedelico del flautista jazz Eric Ghost pubblicato nel 1975 ed ora ristampato dalla prolifica Jazz Room Records, guidata dal leggendario DJ jazz britannico Paul Murphy. Sei tracce in cui possiamo trovare tutto, dal jazz-funk (guidato dal flauto), ai groove psichedelici spirituali, alle improvvisazioni a forma libera. La musica ricorda Lloyd McNeill più di ogni altra cosa (anche lo strumento principale il flauto), un po’ spirituale, un po’ funky con un groove coinvolgente che tiene insieme le composizioni. Sei canzoni piene di improvvisazione bollente, groove e qualunque cosa alla gente piaccia chiamare jazz spirituale. Al disco hanno partecipato il bassista di Dave Valentin, Lincoln Goines, al suo debutto in studio, Jim McGilveray, che ha poi registrato con Paul Horn e The Cult. Per gli amanti del The Blues Project “Flute Thing”, delle proposte più esoteriche di Paul Horn o del già citato Jeremy Steig. La musica intensa che richiede attenzione, è sia funky che spirituale, dalla prima nota di “Orangeland” alle ultime note di “Bizarre Bazaar”, dalle influenze orientali. Il nucleo dell’album è costruito attorno alla chimica di Eric Ghost con il batterista e percussionista canadese, Jim McGillveray, il loro primo duo “Oliver Snagnasty”, è un brano eccezionale, una jam irresistibilmente contagiosa con un pizzico di “Freedom Jazz Dance”. Tutto il disco si snoda fra brani in duo, trio o in quartetto. Uno dei due bassisti del disco, Tom Hazlitt porta il duo a trio sulla title-track “Secret Sauce” e “Bizarre Bazaar”, mentre il bassista Lincoln Goines e il pianista Bob Murphy completano il quartetto, sui brani “Orangeland”, bellissimo brano modale e “Pakakrakatoa”. Di Eric Ghost si sa ben poco, solo tre album, piccole stampe, autoprodotte, sarebbe probabilmente un nome più conosciuto oggi se non fosse stato incarcerato per sette anni poco dopo aver registrato »Secret Sauce«. Eric è stato coinvolto nella controcultura nel periodo trascorso in Marocco all’inizio degli anni Sessanta, mentre prestava servizio nell’esercito americano, quando con il suo vero nome, Richard Barth Sanders, è stato condannato per produzione di LSD (ha inventato il metodo della carta assorbente per la distribuzione dell’LSD, per cui si può dire che sia stato il primo Acid Jazzer del mondo) e condannato a 7 anni di prigione federale. L’album viene ristampato con la sbalorditiva e colorata copertina originale e con l’ordine corretto delle tracce per la prima volta. Gran disco di funky, free-jazz.


Synchro Rhythmic Eclectic Language, Lambi (1976 ristampa 2lp 2019)
Impressionante jazz-rock-fusion con elementi progressivi, funk, afro-caraibici e Zeuhl per questo disco della band francese multiculturale Synchro Rhythmic Eclectic Language. Il gruppo comprende il batterista Steve McCall (Air, Cecil Taylor), il sassofonista Jo Maka (Intercommunal Free Dance Music Orchestra), il violinista Jean-Yves Rigaud (ZAO), il chitarrista elettrico Gerard Curbillon (Speed Limit), il pianista Georges-Edouard Nouel (Noel McGhie & Space Spies) e il bassista Louis Xavier (Ladja). Nel disco possiamo ascoltare: groove di Zeuhl (“Rigibo”), jazz-funk-breaks a bizzeffe (“A.B.C.D.”), afro-latino-jazz (“Pasto”, “Rete”), library jazz funk (“El Gason”) e molte altre sorprese. Un progetto jazz davvero fantastico dalla Francia dei primi anni ’70, con un forte contributo del percussionista di Chicago Steve McCall, meglio conosciuto per il suo lavoro nel trio Air e come parte dell’AACM. La musica è un mix molto libero di jazz ed elementi globali, con la presenza di molte percussioni, in cui si sentono gli interventi dei singoli musicisti e occasionalmente le voci di Gerard Philadelphe e Franck Valmont. Nel complesso l’album è per lo più strumentale, con ritmi che richiamano le musiche della Guadalupa mescolate con ottimo jazz. Il tutto crea uno di quei perfetti incroci francesi di culture degli anni ’70.
Fitz Gore, Soundmusication (1980 ristampa 2022)
“Soundmusication” è il terzo e ultimo album del tenore giamaicano Fitz Gore, un altro raro e bellissimo album di jazz spirituale della fine degli anni ’70. Fitz credeva molto nella musica ed era convinto che la musica possedesse il giusto potere curativo in grado di cambiare mondo. Questa della Sonorama è la prima ristampa ed è pressoché identica alla rarissima prima tiratura, ma con una bonus track, “Gisela”, tratta dall’EP del 1978 “Soundnova”, posta qui alla fine della seconda facciata. Originariamente pubblicato nel 1980 dalla GorBra in Germania, l’unico rarissimo album uscito a nome del solo Fitz Gore, dopo i due pubblicati come Fitz Gore & The Talismen nel 1975 e 1976. Il disco è stato inciso nel giugno ed agosto del 1979 e nel gennaio del 1980 da Fitz Gore (sax tenore, voce), Lukoki Mampasi (piano), Gil Nguema (chitarra), Obama Ngomo (basso), Emmanuel Dipanda (batteria, congas), Manuel Martin (tamburello), Michele P. Zanardi (organo, piano), Nedly Elstak (piano), Wilbur Little (basso), Gerard Ebbo (basso) e Federico Alvarez (batteria) e pubblicato nel 1980 dalla GorBra in Germania. Il suono del sassofono di Gore è profondo e spirituale, a tratti il suo timbro diventa così grave da sembrare un sax baritono più che un tenore e la sua musica è sempre melodica ed avvolgente, oltre ad esprimersi con calma e senza strattoni, facendo uso di arrangiamenti ibridi, elettrici ed acustici. Fitz Gore (1935-2002) è stato un sassofonista jazz giamaicano, trasferitosi in Europa negli anni ’50, dove visse in diversi paesi, per poi stabilirsi a Bonn in Germania Occidentale e fondare un gruppo multietnico, The Talismen, con i quali pubblicò due album in Germania, “Soundnitia” (1975) e “Soundmagnificat” (1976), entrambi rarissimi. Alcuni dei musicisti coinvolti nel progetto Talismen, come il pianista Lukoki Mampasi ed il bassista nato in Marocco Gerard Ebbo, parteciparono anche a questo disco a nome del solo Fitz Gore, anch’esso autoprodotto e rarissimo. Gore infatti aveva creato la sua label, al GorBra, con la quale pubblicò tutti e quattro i suoi dischi (i tre album sopracitati più l’ep “Soundnova” del 1978, anch’esso ultrararo), per sfuggire ai condizionamenti dell’industria discografica. Ammiratore del cantante Paul Robeson, occasionalmente Gore metteva da parte il sassofono per cantare, ispirandosi sia alla musica gospel e spiritual che a quella secolare; nella sua musica si ascoltano influssi dello spiritual jazz ed anche del Coltrane più meditativo e gentile. Il suo è un suono molto espressivo

