Joe Barbieri fa esplodere il suo «Big Bang»: un viaggio cosmico nel microdramma del vivere (Microcosmo, 2025)

L’album conserva la cifra jazzistica e world-music che ha reso Barbieri un unicum nel panorama cantautorale europeo, ma la declina con una leggerezza danzante che sfiora talvolta il pop più raffinato, senza mai abdicare al rigore compositivo.
// di Francesco Cataldo Verrina //
Con Big Bang, il settimo album di inediti, Joe Barbieri firma l’opera più luminosa della sua carriera. Il titolo non è soltanto evocazione dell’origine dell’universo, ma metafora estesa dell’atto creativo: una deflagrazione iniziale da cui si genera un intero universo emotivo e sonoro. Il disco si presenta così come un concept unitario, in cui l’astronomia, il viaggio e l’instabilità diventano assi semantici attorno ai quali si coagulano dieci brani di rara coerenza espressiva.
La dimensione del «cosmico» si riflette non solo nei riferimenti espliciti (dal codice binario inviato nello spazio profondo con «Il Mio Miglior Nemico», al titolo «Anni Luce»), ma soprattutto nella capacità di Barbieri di rintracciare nel quotidiano l’eco dell’infinito. Prendendo le mosse da una visione kantiana – quella del cielo stellato sopra di noi e della legge morale dentro di noi – «Big Bang» costruisce un lessico musicale che tiene insieme sofisticazione e accessibilità, profondità e levità. Dal punto di vista timbrico, l’album è frutto di una scrittura essenziale ma pregna di senso. Registrato in quartetto (chitarre, rhodes, basso e batteria) con l’intento di preservare l’immediatezza della performance dal vivo, il lavoro restituisce una voce compatta ma ricca di sfumature. La produzione conserva la cifra jazzistica e world-music che ha reso Barbieri un unicum nel panorama cantautorale europeo, ma la declina con una leggerezza danzante che sfiora talvolta il pop più raffinato, senza mai abdicare al rigore compositivo. Sul piano testuale, il brano «Poco Mossi Gli Altri Mari» si impone come centro poetico dell’album. La sua struttura minimale – due soli accordi – è un atto di fiducia nella nudità della parola e della melodia. I riferimenti alla poesia «Itaca» di Kavafis illuminano il testo di un’aura sapienziale: il viaggio come atto formativo e trasformativo, anche quando costellato di smarrimenti e di tempeste. L’album si distingue, infine, per la capacità di tenere in equilibrio il tono intimista («Pesci Ascendente In Acquario», «Sì») e quello ironico («Prendi In Gestione Un Sushi Bar Con Me»), dimostrando come Barbieri non ricerchi una coerenza moncorde, ma piuttosto una armonia inclusiva, capace di abbracciare tutte le gradazioni dell’umano.
«Big Bang» non è solo un nuovo capitolo nella discografia di Barbieri, ma una vera e propria dichiarazione di poetica: un’esortazione a guardare il cielo con gli occhi spalancati, senza dimenticare le costellazioni interiori che ognuno di noi porta dentro. In un’epoca frammentata, l’artista napoletano ci invita a cercare connessioni attraverso la musica, facendo del canto uno strumento di orientamento e di resistenza. «Con Le Migliori Intenzioni» apre l’album con un tono disarmante: la voce calda di Barbieri si posa su un tessuto sonoro raffinato, in equilibrio tra jazz e canzone d’autore. È una riflessione sull’ambivalenza tra desiderio di autenticità e le inevitabili frizioni dell’agire. L’intenzione, appunto, non basta: è lo scarto tra ideale e reale a dominare il testo. A seguire, «Anni Luce», un brano sognante e sospeso, gioca sul doppio senso della distanza: quella astronomica e quella affettiva. Qui Barbieri sembra cantare alla volta celeste e, nel contempo, a un amore lontano. Arpeggi minimali e un tappeto armonico essenziale sorreggono un testo intimo, malinconico, ma luminoso. «Il Mio Miglior Nemico» rappresenta il cuore dialettico dell’album. L’io narrante si confronta con la propria ombra: l’autosabotaggio, il dubbio, le contraddizioni interiori. Come accennato, la scelta di tradurre il brano in codice binario e inviarlo nello spazio è simbolica: anche il conflitto interiore merita di essere ascoltato nell’universo.«Poco Mossi Gli Altri Mari» diventa un piccolo manifesto programmatico. La tensione tra quiete apparente e moti interiori prende forma in una ballata che è anche una dichiarazione di poetica. I due soli accordi usati creano una base ipnotica su cui il testo – ispirato dalla poesia «Itaca» di Kavafis – costruisce un invito alla partenza nonostante la fragilità.
«Il Primo Giorno A Colori» è un canto di rinascita. Dopo la notte o la tempesta, arriva un’alba personale. L’arrangiamento è tra i più solari del disco, mentre il titolo suggerisce un ritorno alla meraviglia dello sguardo. Barbieri celebra il «nuovo inizio» in un’atmosfera quasi cinematografica. «Prendi In Gestione Un Sushi Bar Con Me» si sostanzai come un piccolo gioiello di ironia colta e delicata. La proposta surreale diventa pretesto per raccontare il desiderio di condivisione quotidiana, una fuga dalla routine attraverso l’umorismo. Musica e parole giocano insieme come in un film di Aki Kaurismäki, tra minimalismo, ironia ed amarezza. «Tra Le Mille Cose» è un brano dalla scrittura più poetica, quasi crepuscolare. È un catalogo di dettagli, di presenze leggere e assenze pesanti. La melodia si muove in modo circolare, e Barbieri sembra interrogarsi su cosa resta davvero, tra le mille cose che attraversano la vita. «Pesci Ascendente In Acquario» rappresenta il passaggio più ludico e leggero dell’album. Un autoritratto astrologico affettuoso e autoironico. Il riferimento ai segni zodiacali diventa metafora della complessità identitaria e della mutevolezza emotiva. Il sound è fresco e frizzante, quasi da jazz-lounge balneare. «Sì» è una dichiarazione di adesione, non solo a una persona, ma alla vita stessa. Il brano funziona come una micro-preghiera laica, in cui l’assenso diventa forma di resistenza e fiducia. L’essenzialità dell’arrangiamento amplifica il senso di sincerità. «Moltiplicato Zero» chiude l’album con un tono più meditativo. Il titolo allude all’annullamento, forse al silenzio dopo il Big Bang iniziale. Qui la voce si fa strumento interiore, e la scrittura vira verso il filosofico: quanto vale ciò che abbiamo se non sappiamo misurarlo? Con «Big Bang», Joe Barbieri torna alla scrittura di inediti dopo un lustro segnato da omaggi, tradizioni e celebrazioni. Lo fa con un disco che unisce le sue due orbite più care: l’infinitamente grande – il cosmo, l’astronomia, le leggi silenziose che governano l’universo – e l’infinitamente piccolo, ovvero quel microcosmo interiore che l’artista esplora da sempre con pudore e grazia. «Big Bang» non è solo un nuovo lavoro discografico: è un invito a guardare in alto per comprenderci più a fondo.
