Un disco fuori dal controllo dei radar: Art Farmer con «Art Worker», 1969

Al netto di tutte le valutazioni che riguardano gli aspetti commerciali e distributivi, «Art Worker» è un solido album di forte impatto, in cui Farmer dirige un affiatato sestetto, probabilmente rodato durante un tournée nel Nord Europa.
// di Francesco Cataldo Verrina //
Un disco che rimane avvolto in piccolo mistero, ma è documento storico di notevole spessore. Non esistono note ufficiali che spieghino l’origine di questa registrazione live avvenuta in Germania, a Francoforte nel 1968; non se ne conosce l’originaria finalità e soprattutto il perché questo set sia stato pubblicato circa trent’anni più tardi nel 1989 dall’etichetta italiana Moon Records, anche se ne esisteva una precedente stampa, probabilmente in tiratura limitata, ripresa in parte da alcune edizioni economiche come quelle della Lotus che vedete in foto e risalente al 1979, per la serie JAZZ della Dischi Ricordi. Alcuni ritengono che sia una mistificazione e che l’album sia stato assemblato con materiale proveniente da varie sessioni di registrazione.
Al netto di tutte le valutazioni che riguardano gli aspetti commerciali e distributivi, «Art Worker» è un solido album di forte impatto, in cui Farmer dirige un affiatato sestetto, probabilmente rodato durante un tournée nel Nord Europa: il trombettista Ernie Royal, il sassofonista Oscar Estelle (su contralto, tenore e baritono) il trombonista Jimmy Cleveland, il pianista Harold Mabern, il bassista Jimmy Woode e il batterista Roy McCurdy. Non esistono sulla copertina dell’album, assai avara di notizie, informazioni riguardanti eventuali arrangiatori, tecnologie usate e luogo esatto, tipo teatro, music-hall, auditorium o simile, dove queste riprese siano state veramente effettuate, ma a giudicare dal suono limpido e pulito, o ripulito, non ci sono applausi o i soliti rumori di fondo tipici di un esibizione dal vivo, potrebbe trattarsi di una registrazione per la radio tedesca, una sorta di live creato in studio; ad esempio, sono presenti due tracce firmate dal trombonista austriaco Erich Kleinschuster, a quel tempo, molto popolare in Germania. In ogni caso, il suono è eccellente, si potrebbe dire superiore alla media degli album registrati in quel periodo.
Farmer e compagni si esprimono attraverso un hard-bop d’avanguardia a tinte soul-funk con un orecchio particolare al modale, qualche simpatia per la new-thing e per il post-Coltrane. Fra le sette tracce, tutte ben suonate, emergono «Stars» un’insolita bossa nova dall’incedere molto fluido con digressioni sul tema, dove Farmer sfodera il flicorno per dare maggiore espressività al concept e per lenire i contrasti con il resto della front-line che si mostra molto più trasversale; «Eau Sovage» è un’escursione avventurosa e funkified, tracciata su un camminamento irregolare, mentre il basso frusta l’aria con veemenza, un suono acidulo riporta alla mente Sly & The family Stone e gli strumenti a fiato gonfiano la bolla d’aria; «Orienterung» si muove attraverso l’iperbole scalare, su un terreno accidentato con le trombe che squittiscono con sequenze atonali, ma senza mai perdere il controllo della melodia. «Ala Nova» ritrova il temperamento soulful di Farmer, mentre la ballata di Fritz Pauer «Gratuliere» è piccolo gioiello, dove tutto l’ensemble usa il principio dei vasi comunicanti. «Art Worker» potrebbe essere un album di notevole interesse per i sostenitori di Art Farmer, ma è consigliato a tutti, Urbi et Orbi.
