«Wordless Tales» di Emiliano Bez, quando tra il giorno e la notte c’è di mezzo un mutevole universo si sensazioni

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Emiliano-Bez_Cover

…una recondita armonia riporta a galla da un racconto sonoro intenso e teso a cogliere il nucleo centrale delle emozioni.

// di Francesco Cataldo Verrina //

A volte i suoni possono essere più descrittivi delle parole, certamente più immaginifici. Laddove un racconto scritto o parlato richiederebbe lunghe perifrasi, al contrario, poche note, un accordo, un chorus possono essere più esaustivi senza bisogno di trovare rime, aggettivi e assonanze. Del resto, il jazz ha una sua forma narrativa che funziona egregiamente da oltre cento anni, in cui l’uso del cantato e del testo è sempre stato inferiore o marginale rispetto alla parte strumentale. «Wordless Tales» («Racconti senza parole») di Emiliano Bez, pubblicato dall’etichetta Dodicilune, ha un titolo che è di per sé un manifesto programmatico, avendo l’intento di svelare al mondo ciò che le parole non potrebbero descrivere. A tal fine, il chitarrista veneto ha scelto una formula jazzistica progressiva ed espansa, intrisa di umori e sensazioni molteplici dalla forte carica soulful, dove le note riferiscono di una perfetta traslazione delle tante inquietudini dell’animo umano.

Emiliano le utilizza le parole soprattutto per i ringraziamenti inclusi nelle note di copertina, da cui è possibile evincere l’entusiasmo per questa riuscita opera prima: «Voglio ringraziare prima di tutto il mio mentore e grande amico Francesco Angiuli il quale ha sempre saputo indirizzare i miei studi, gli ascolti e le mie ricerche sul linguaggio musicale nei contesti che più si avvicinavano ai miei interessi e gusti, contribuendo moltissimo non solo a formare il musicista che sono ora ma anche alla realizzazione di questo disco. Ringrazio molto anche Mauro, Georgios e Michele per aver creduto in questo progetto e aver messo a disposizione il loro prezioso talento e le loro idee in questo disco. Non posso non menzionare nei ringraziamenti anche Stefano Amerio e il suo team, il quale non solo mi ha accolto nel suo studio ma ha saputo ottenere l’esatto sound che avevo in mente per questo progetto».

Emiliano Bez, che ha iniziato a studiare chitarra classica a otto anni e poi quella elettrica dedicandosi al rock ed al blues prima di approdare al jazz, nonostante una limitata esperienza in ambito discografico, mostra di avere le idee piuttosto chiaro sulle partiture. Ciò è ampiamente dimostrato dagli arrangiamenti e dalle capacità compositive del titolare dell’impresa, che fanno di «Wordless Tales» un concept sonoro solido ed omogeneo in cui il materiale eseguito durante il set, a parte uno standard, «Ana Maria», di Wayne Shorter, è tutta farina del sacco del chitarrista veneto. Molti meriti vanno al sinergico line-up che ha sostenuto Emiliano Bez alla chitarra: Francesco Angiuli al contrabbasso, Georgios Tsolis al piano, Mauro Beggio alla batteria e, in quattro composizioni, Michele Tedesco alla tromba e al flicorno. Il racconto senza parole viene proposto attraverso un metodo narrativo di tipo teatrale come un’opera suddivisa in più atti: il «Ciclo del crepuscolo», momenti di indagine profonda favoriti dal calare del sole, i quali permettono ad un ipotetico viaggiatore dell’anima di ritrovare sé stesso: «Grey Sky Evening», dove infinite sfumature di grigio disegnano un’ambientazione languida e crepuscolare, meditativa e struggente al contempo; «Last Lights» è un piccolo cono di luce che si snoda con leggerezza negli angiporti di una metropoli occidentale, mentre la chitarra si addentra in una narrazione intima e soffusa; infine «Nocturne» che si materializza mentre la notte avvolge con le sue ombre il cammino dell’umanità, celando segreti e turbamenti, in cui la chitarra si rivolge alla luna svelandole i suoi più intimi tormenti.

la «Sezione centrale» include «Whisper: For Mara», una dedica alla fidanzata di Bez, dove la beltà del costrutto melodico-armonico ed una floridezza di tenui cromatismi non hanno bisogno davvero di parole per trasformare le note in sentimenti, mentre chitarra e flicorno si scambiano doni e promesse per l’eternità; «Speranza» rivela quasi un’atmosfera methenyana, scorrevole e spaziata, come un piccolo mondo che si libera dalle catene dell’incertezza desideroso di intravedere e di cogliere un futuro fatto di buoni auspici; «Ana Maria» un lapalissiano tributo a Wayne Shorter, musicista che, più di ogni altro, ha influenzato Bez nella sua ricerca armonica e compositiva. L’arrangiamento ed il modulo espressivo diventano esplorativi e alla ricerca di una dimensione altra, complice una magnifica tromba dal suono arcano, la quale sospinge il convoglio sonoro verso una dimensione avvolta nel mistero e segnata d aripetuti cambi di mood tipici della sintassi shorteriana, su cui il pianoforte zampilla con note in rima baciata come un distico. «Viaggio interiore e meditazione» lega insieme «Third Eye» e «Om Sphere», quale rinascita dell’universo interiore. Il primo di due componimenti possiede una semantica cinematografica, una sorta di risveglio della natura sotto l’occhio attento e vigile di un demiurgo, mentre uomini, cose, case, chiese, piante, città, marchingegni, animali, fiori, dentro e fuori, sembrano ritrovare la loro naturale e corretta posizione e disposizione nell’universo infinito della fantasia dei terrestri; il secondo è un blues progressivo che consente alla chitarra e alla tromba in seconda battuta, foraggiate con spennellato garbo dalla retroguardia ritmica, di ritrovare il senso dell’orientamento nel mare magnum della vita. «Wordless Tales» di Emiliano Bez è una recondita armonia riporta a galla da un racconto sonoro intenso e teso a cogliere il nucleo centrale delle emozioni.

Emiliano Bez

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