«Overseas» è un disco che possiamo definire jazz a tutti gli effetti di legge, senza essere costretti ad usare espedienti linguistici o formule descrittive sibilline ed ambigue. il line-up guidato dal musicista siciliano traccia una rotta che unisce due punti tesi tra il passato ed una regola d’ingaggio progressivamente moderna…
//di Francesco Cataldo Verrina //
Nell’epoca della promiscuità sonora dove il jazz sembra essere aggredito da molti agenti esterni che cercano di snaturarne la forma e la sostanza, per poi trascinarlo su territori alieni. Non sempre è facile trovare una approdo sicuro e soprattutto la via di casa, in particolare, se si cede alla tentazioni delle tante sirene che spergiurano su nuove e più propizie vie di fuga dalle regole e dall’ortodossia del costrutto sonoro, promettendo un illusorio Eldorado simile a quello agognato da certi «allegri» investitori in moneta elettronica. Claudio Giambruno non cede alle lusinghe dei falsi profeti della contemporaneità liquefatta, necessariamente asservita a deformanti soluzioni minimaliste, le quali abdicano sovente a vantaggio di un modulo tutt’altro che organico al verbo jazzistico. «Overseas» è un disco che possiamo definire jazz a tutti gli effetti di legge, senza essere costretti ad usare espedienti linguistici o formule descrittive sibilline ed ambigue.
Le parole del sassofonista palermitano giungono come un fulmine a ciel sereno a dare man forte al nostro assunto: «Overseas è il titolo del mio nuovo progetto, un quartetto che vede Andrea Rea al pianoforte, Dario Rosciglione al contrabbasso e Amedeo Ariano alla batteria. Sono tre jazzisti straordinari con cui sono entrato subito in sintonia, sia sotto il profilo musicale che umano. Ho scelto i musicisti di questa formazione in modo molto accurato. Considero Andrea Rea uno dei migliori pianisti italiani della nuova generazione. Di lui mi colpiscono la verve e la classe nell’accompagnamento. Dario Rosciglione, oltre alla sconfinata esperienza, è un professionista che stimo praticamente da quando ero bambino. Infine, Amedeo Ariano mi ha folgorato perché è un batterista unico, lui non è un batterista come gli altri, Amedeo suona la musica in modo sopraffino. Overseas è un album di miei brani originali e alcune composizioni che ho scelto con molta cura, dove il comune denominatore è la melodia, a cui ho sempre attribuito un valore altamente significativo. La melodia, per me, è il senso della storia che raccontiamo». Giamburro è un sassofonista dall’ottimo curriculum con prestigiose collaborazioni in vari contesti, dotato di un fraseggio sorgivo, elegante e deciso al contempo, nonché capace di una narrazione comunicativa ed avvolgente. Il suo costrutto sonoro lega alla perfezione i moduli espressivi della tradizione bop ad un mood tipicamente «nostrano», il quale riflette gli umori e i sentori di una Sicilia che da sempre ispira chiunque ne calchi il suolo: musicisti, poeti, filosofi e viandanti.
In «Overseas», pubblicato dall’etichetta Via Veneto Jazz, il line-up guidato dal musicista siciliano traccia una rotta che unisce due punti tesi tra il passato ed una regola d’ingaggio progressivamente moderna che si rinnova sulla scia del più autentico lineage jazzistico italiano, in cui convivono fisicità e anima, sogno e realtà, lirismo e passione e dove lo sviluppo tematico fa dell’apporto melodico il vero carburante naturale del motore creativo. La proposta ibrida, ossia basata su standard e originali, di cui quattro componimenti sono farina del sacco di Giambruno, conferisce all’album ampio spettro spazio-temporale incorniciato in una dinamica espressiva immediata e fruibile, e non solo quando si tratta di omaggiare gli autori più classici quali Dan Nimmer, la cui «Lu’s Bounce», scelta come opener, viene srotolata su un terreno hard bop di prim’ordine, segnato da barlumi d’inventiva e da un intenso interplay fra i sodali; Ugo Calise e Carlo Alberto Rossi forniscono all’ensemble un gioiello della tradizione napoletana, «‘Na Voce ‘na Chitarra» e ‘o Poco ‘e Luna», una intrigante ballata, velata di malinconia e adagiata su un blues insulare con la leggerezza di una ninfea sull’acqua; scritto da Linda Creed e Thom Bell, «You Make Me Feel Brand New» viene restituito al mondo nella sua linearità espressiva, ma con la forza narrante di un sax che ne amplifica liricità e pathos; a Vince Guaraldi si deve la splendida «Ginza Samba» rinvigorita da un scanzonato e festoso mood mediterraneo; «Pure Imagination» di Leslie Bricusse e Anthony Newley consente ai quattro musicista di scendere in profondità, grazie a una una ballata tenue e crepuscolare, in cui il sassofonista tenore dimostra di aver assorbito alla perfezione la lezione dei grandi balladeer del passato.
Le composizioni inedite, a firma Giambruno, non sono da meno: «First Time I Heard Jobim», possiede le sembianze di un ottimo costrutto dal vivace movimento bossa e dai contrafforti soulful; «Gouvy» è il trionfo dell’hard bop in tutto il suo vigore; «Sea Muse» si sostanzia certamente come la struttura musicalmente più complessa e variegata tra gli originali di Giambruno, in cui una melodia quasi itinerante e descrittiva assume i tratti somatici di un racconto cinematografico, mentre il pianoforte tesse un arazzo armonico su cui il band-leader spazia a piene mani ed a tutto fiato, foraggiato dalla retroguardia ritmica, basso e batteria, che non lascia aria ferma; «Thinkin’ Before Swingin’» è la dimostrazione lampante di come il sassofonista siciliano e soci siano riusciti a mantenere uno stretto legame con la tradizione, ma con un guizzo di irriverente modernità. «Overseas» di Claudio Giambruno non tradisce mai la regola aurea della musica improvvisativa di matrice americana ed africano-americana, pur aggiungendo alcune postille dal gusto decisamente italico. In ogni caso, un disco di tal fatta possiamo chiamarlo «jazz» ad alta voce, senza che nessuno mai possa avere l’ardire di smentirci.
