Dopo «Le Quattro Verità» arrivano «Le Cinque Verità», il progetto di Roberto Zorzi che sfida ancora le convenzioni del jazz

Così come il precedente, «Le Cinque Verità» non è semplicemente un album, ma una dichiarazione di intenti. La musica si riconferma come un viaggio verso la sorpresa e l’inatteso, un invito a scoprire le potenzialità espressive contenute nella capacità di generare connessioni tra stili e tradizioni, alimentando un scambio fertile e ricco di possibilità.
// di Francesco Cataldo Verrina //
«Le Quattro Verità», pubblicato dall’etichetta Dodicilune nel 2022, rappresenta una tappa significativa nel percorso artistico del chitarrista Roberto Zorzi e dei suoi sodali: Luca Crispino, Danilo Gallo, e Luca Pighi. Il progetto si distingue per la configurazione atipica che comprende due bassisti e un batterista, implementando un’architettura sonora che sfida le convenzioni del jazz e della musica contemporanea. La registrazione, frutto di sessioni di improvvisazione libera, offre un saggio dettagliato sulle potenzialità timbriche e ritmiche di ciascun strumento.
L’album si articola attorno a un approccio altamente improvvisativo, che riflette la natura aperta e sperimentale della musica di Zorzi. All’epoca, intervistato in merito, il chitarrista espose l’essenza del progetto, sottolineando come le sessioni informali con Crispino e Pighi si fossero tramutate in una proposta musicale concreta, calata nell’improvvisazione e nella ricerca sonora, evidenziando un’immediatezza emotiva e una sorgiva connessione tra le parti in causa. Nello step successivo «Le Cinque Verità», il concept si espande con l’aggiunta del sassofono di Francesco Bearzatti che allarga lo spettro narrativo senza alterare la separazione netta ma fluida tra passaggi orchestrali e momenti di interplay intimo tra i sodali, ma soprattutto la visione di Zorzi, il quale considera la ritmica come elemento cardine della propria composizione musicale. La carriera di Zorzi è segnata da influenze variegate, dal rock progressivo alla musica d’avanguardia, arricchite da esperienze vissute con artisti di spicco come Derek Bailey e Barre Phillips. La collisione di generi e stili nasce da un ibrido che attraversa il Delta blues, il free jazz e la pop music, evidenzia anche nel follow-up una continua ricerca di identità musicale. Le nuove performance con l’aggiunta del sax danno una precisa indicazione dell’incessante pulsione verso la sperimentazione.
Così come il precedente, «Le Cinque Verità» non è semplicemente un album, ma una dichiarazione di intenti di un artista in evoluzione che si mantiene in continuo dialogo con il proprio passato e con le esperienze condivise con altri musicisti. La musica si riconferma come un un viaggio verso la sorpresa e l’inatteso, un invito a scoprire le potenzialità espressive contenute nella capacità di generare connessioni tra stili e tradizioni, alimentando un scambio fertile e ricco di possibilità. Ascoltando “Le Cinque Verità”, ci si trova catapultati in un microcosmo sonoro dove ogni nota sembra rivelare un frammento di realtà, una verità inaspettata. Cinque musicisti, cinque visioni, si uniscono in un tessuto sonoro che è tanto complesso quanto affascinante, invitando l’ascoltatore a scrutare nei meandri dell’improvvisazione che, a tratti, rasenta il trascendente fra ciò che è tangibile rispetto a ciò che è illusorio. Il costrutto sonoro complessivo è totalmente immerso in una logica di spontaneità e di libertà espressiva che emerge quasi come un atteggiamento sovversivo, il quale celebra l’atto esecutivo senza filtri e manipolazioni esterne.
Siamo alla celebrazione dell’arte della musica collettiva, un’esperienza che sembra fluire come un fiume in piena, mai scontata e sempre dinamica. Le strade musicali percorse da Zorzi e soci s’intersecano e si sovrappongono, abbracciando un’eclettica gamma di influenze: dall’estetica di Ornette Coleman, passando per la sottile poesia dei Soft Machine, sino alle ambientazioni lisergiche dei primi Pink Floyd. Ogni brano è un affresco sonoro classificabile solo nel regno dell’improvvisazione e della libertà espressiva, dove i bassi di Danilo Gallo e Luca Crispino si intrecciano con la batteria di Luca Pighi in una danza di suoni che sfida le convenzioni, su cui si distende il sax di Francesco Bearzatti per una circonvoluzione a tratti ipnotica e sospesa, mentre Zorzi, con il suo tocco chitarristico distintivo e l’uso creativo dell’elettronica, riesce a trasmettere una palpabile tensione fra stabilità e caos. La chitarra diventa un’estensione della sua anima, esplorando timbri e spazi con una maestria che trascende il semplice comporre. Ognuno degli attanti non è solo un musicista, ma un narratore, portando l’ascoltatore in territori inesplorati, dove il concetto di tempo si dilata e si contorce. L’album è un esempio eccellente di musica con il baricentro spostato in avanti che non sacrifica l’emozione a favore della tecnica, e questo equilibrio è ciò che rende «Le Cinque Verità» sia audace che risonante, al punto dal voler trascendere la realtà stessa, trasformando il processo di creazione in un rito collettivo.
L’opener, «Testa di vampiro», è un segmento che si dispiega in una tessitura musicale protesa in un labirinto sonoro, dove ogni nota risuona come un’eco delle illusioni e delle verità celate. «Pugni cinesi» offre una via di fuga rispetto all’oscurità, con una melodia che si distingue per la sua luminosità inaspettata. Qui, i musicisti si avventurano in un dialogo melodico affascinante, mentre la retroguardia intesse ritmi complessi che sostengono la narrazione musicale. «Von Der Melon» è un tema vagante ed onirico, quasi una transizione. In «Temi Rubati» il gruppo continua il suo cammino verso una via l’uscita, affondando le proprie improvvisazioni in una caleidoscopica perlustrazione ritmica fra strati di texture e colori, generando così un senso di movimento che sembra spingere continuamente il line-up verso una nuova ascensione, la quale trova il suo punto di sutura nelle screziature psichedeliche di «Manticora (per Pete Cosey)». In «Saloon» le interazioni fra cinque musicisti diventano un dialogo intenso e rapsodico, in cui la chitarra assume il ruolo ad interim di l’io-narrante. «Special Skippin’ Rider James» è un blues che affonda le radici nelle acque limacciose del Mississippi. In «Mirko For Lovers», i suoni si sovrappongono e si sfaldano, per poi ricomporsi in uno scandaglio quasi abissale. In chiusura «Interstellar Syd», un omaggio a Syd Barrett, cantante e chitarrista fondatore dei Pink Floyd, in cui sax si eleva su un substrato ruvido e terroso attraverso un swing lisergico a PH acido che ricorda vagamente anche i Doors. A conti fatti, le «Cinque Verità» costituisce un messaggio cifrato, potente e totalizzante che, a soluzione avvenuta, si rivela gratificante per chiunque desideri sondare le innumerevoli sfumature della realtà attraverso il suono, dove i musicisti non si accontentano di eseguire, ma cercano, esplorano e, nel farlo, incatenano il fruitore ad un ritmo comune, unendo le loro voci in un dialogo che è tanto immersivo quanto catartico.

