MIGRATION TALES-1

…un’opera di evidente valore comunicativo e sociologico, che non solo celebra il talento di Ludovica Burtone come esecutrice e compositrice, ma mette in luce le esperienze umane, il disagio e la sofferenza che si celano dietro le migrazioni.

// di Francesco Cataldo Verrina //

In un viaggio musicale che si snoda attraverso le esperienze delle donne migranti, Ludovica Burtone presenta il suo secondo album, «Migration Tales», arricchito dalla collaborazione di talentuosi musicisti: Milena Casado (flicorno), Julieta Eugenio (sax tenore), Marta Sánchez (pianoforte), Tyrone Allen II (contrabbasso) e Jongkuk Kim (batteria). Questo lavoro è un omaggio profondo e sentito alle storie di chi cerca un nuovo posto da chiamare «casa», in un contesto di contemporary jazz zebrato ed implementato da sonorità latine e mediterranee. Violinista stilisticamente irrequieta, compositrice e arrangiatrice poliedrica e creativa, sensibile e spregiudicata, Ludovica Burtone è un artista a tutto tondo. Da tempo di stanza a New York, la violinista friulana spazia agilmente dalla musica eurodotta alla tradizione popolare brasiliana, passando per il jazz in tutte le sue varianti stilistiche e idiomatiche.

«Migration Tales» si compone di sette tracce, sei delle quali sono farina del suo sacco, fa eccezione una rilettura di «Água e Vinho» del compositore brasiliano Egberto Gismonti. Il progetto si distingue non solo per l’eccellente esecuzione tecnico-strumentale, ma anche per l’inventiva e la ricercata eleganza delle composizioni, mai banali e prevedibili, che si amalgamano perfettamente con il mood degli strumentisti, tanto da offrire un’esperienza di ascolto coinvolgente e totalizzante, quasi olistica. L’album è un attestato alla crescita artistica e umana di un autrice matura e sempre sul piede di «guerra». Dopo il debutto con «Sparks», un lavoro intimista che tracciava le coordinate del proprio viaggio dall’Italia agli Stati Uniti, Ludovica è tornata con un concept, giustamente, ambizioso, che riflette un percorso di trasformazione personale e professionale. In una recente dichiarazione, la violinista udinese ha spiegato come le esperienze di donne immigrate a New York abbiano ispirato il suo lavoro: «Questa raccolta di storie musicali nasce dalle esperienze di donne immigrate a New York. È un album dedicato a chi si sente sospeso tra due mondi, a chi cerca un luogo dove sentirsi a casa ed a chi trova la forza nel proprio percorso». La narrazione musicale di «Migration Tales» pone uno sguardo profondo sulle tematiche dell’identità, della perdita e del senso di appartenenza.

Ogni frammento compositivo racconta una storia unica, ma come la tessera di un mosaico contribuisce a formare un quadro emozionale unico che, alla medesima stregua di una fiamma ravviva ogni singola traccia dell’album. L’opener, «Sono parole», funge da chiave di volta, sulla scorta di un’introduzione avvolgente che guida il fruitore nel microcosmo dell’artista, dove le lingue e le culture si fondono in un’unica voce potente. Questo componimento ci ricorda come la lingua non sia solo un mezzo di comunicazione, ma una forma espressiva attraverso la quale si plasma il il vissuto dell’individuo, un ponte tra passato e futuro. «Outside My Window», ad esempio, indaga le disparità vissute dagli immigrati a causa del loro paese d’origine, quasi un atto di denuncia potente. Scritta durante la pandemia, la composizione si fa portavoce di disuguaglianze sistemiche che affliggono i migranti. Sviluppando un senso di estraneità, che riflette la realtà di chi si trova bloccato da barriere invisibili. Le note raccontano una storia di empatia e consapevolezza, incoraggiando una riflessione profonda su come il trattamento degli stranieri dipenda da origini e passaporti. «The Name», teso a far riflettere sull’impatto che la fuga dal proprio paese d’origine determina sull’identità personale, si rivolge a coloro che hanno modificato i dati anagrafici per adattarsi a una nuova realtà, tanto che la musica diventa uno specchio delle complessità che confliggono quando finanche il nome – il simbolo fondamentale di chi siamo – viene messo in discussione. Tali componimenti risuonano non solo con la forza suggestiva delle parole, ma anche con un impianto sonoro che riesce a trasmettere sentimenti e situazioni complesse attraverso le note.

«In The Last Sun» ci accompagna in un viaggio interiore, laddove l’adattamento e la reinvenzione diventano temi centrali. La melodia appare come un invito a riconoscere la bellezza che scaturisce e risorge dalle ceneri delle esperienze e delle sfide, creando un panorama sonoro che scoraggia l’idea del cambiamento quale fonte di dolore, trasformandolo, per contro, in un processo di crescita. «Is This Rage» affronta con coraggio il lato oscuro della migrazione. La frustrazione e il trauma sono rappresentati dalle note che scivolano attraverso onde di rabbia, ma una volta superate, la musica invita a trovare il coraggio di rinascere, attraverso un’odissea emotiva che culmina in un crescendo di speranza. L’arrangiamento di «Agua e Vinho» offre una rilettura evocativa di una composizione iconica di Egberto, portando alla luce il tema della perdita e della resilienza. Il dialogo tra la melodia ed il ritmo si evolve in un abbraccio sonoro di speranza per il futuro, un messaggio di accoglienza per tutti coloro che affrontano l’ignoto. Infine, «Our Voices», scritta in collaborazione con Cleo Reed, si evolve in un paesaggio immersivo che fonde trame elettroniche con sonorità acustiche. Qui, la fluidità dell’identità è rappresentata dall’arte dell’improvvisazione, rendendo omaggio a quella ricchezza di esperienze che caratterizza ciascun immigrato. L’album, pubblicato dall’etichetta Endectomorph e registrato presso il Big Orange Sheep di Brooklyn, rappresenta un’intersezione perfetta tra tecnica e passione, frutto di una collaborazione sinergica tra Ludovica e i suoi compagni di viaggio. L’abilità con cui la violinista riesce ad orientarsi nel magma di generi diversi che vanno dalla musica classica al jazz, riconferma un’innata versatilità ed una visione poliedrica dell’arte delle muse. In conclusione, «Migration Tales» è un’opera di evidente valore comunicativo e sociologico, che non solo celebra il talento di Ludovica Burtone come esecutrice e compositrice, ma mette in luce le esperienze umane, il disagio e la sofferenza che si celano dietro le diaspore, i distacchi e le partenze. A conti fatti, l’album è una testimonianza di tenuta, resistenza e identità, capace di toccare nel profondo chiunque lo ascolti. Un monito a non dimenticare le storie di chi ha intrapreso «viaggi della speranza», i quali convergono nell’universalità della musica, se scelta come metodo narrativo.

Ludovica Burtone

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