The Cannonball Adderley Quintet, un indimenticabile album live registrato «At Lighthouse» (Riverside, 1960)

L’eredità di Charlie Parker rimane sempre molto ingombrante, mentre la sua ombra si solidifica e pesa come un macigno, ogni volta che un aspirante jazzista imbraccia il piccolo sax. Sono e sono stati davvero pochi gli esecutori capaci d’imprimere a tale strumento le stimmate della propria santità, ora come allora si contano sulla punta delle dita. Julian Cannonball Adderley fu uno degli eletti.
// di Francesco Cataldo Verrina //
Il bop a presa rapida, pronto-cuoci e take-away di Cannonball Adderley è sempre ben «impiattato» per essere servito: facile da fruire e veloce da metabolizzare. In questo set ripreso dal vivo durante due esibizioni pomeridiane in un club della solatia California meridionale, ci sono tutti gli ingredienti che fanno di Cannonball un chef sopraffino della cucina ipercalorica a base di funk, blues, soul, swing e gospel. Julian il registro del contralto se lo giocava tutto, anche d’azzardo: sapeva andare in profondità e non indugiava sulle alture, provocando l’otite agli ascoltatori come facevano in molti.
Il sax alto è uno degli strumenti più controversi della storia del jazz moderno. L’eredità di Charlie Parker rimane sempre molto ingombrante, mentre la sua ombra si solidifica e pesa come un macigno, ogni volta che un aspirante altoista imbraccia il piccolo sax. Sono e sono stati davvero pochi gli esecutori capaci d’imprimere a tale strumento le stimmate della propria santità: ora come allora si contano sulla punta delle dita. Julian Cannonball Adderley fu uno degli eletti. Nel 1955, il corpulento contraltista arriva a New York pochi mesi dopo la morte di Charlie Parker e ne assume per lineage strumentale l’eredità artistica ed una cospicua parte del suo modus operandi, ottenendo presto un contratto discografico con la EmArcy. Figlio di cornettista, strumento che erediterà il fratello Nat, dal 1944 al 1948, studia il flauto, la tromba, il clarinetto e la viola presso il liceo di Tallahassee, prima di ricevere l’incarico di direttore d’orchestra presso la Dillard High School di Fort Lauderdale, dove il suo amico, il batterista Lonnie Haynes, a causa della mole e di un inarrestabile appetito, gli affibbia il soprannome di «Cannibal» (cannibale), che in seguito diventerà «Cannonball» (palla di cannone). Nel 1956, con il fratello Nat, dà vita ad un quintetto, The Cannonbal Adderley Quintet, che nel 1959 si trasformerà in un sestetto e, contemporaneamente, si esibisce con Miles Davis ed accanto a John Coltrane. Con il sestetto di Davis, Julian «Cannonball» Adderley è protagonista i due album epocali: «Milestones» (Columbia Records, 1958) e «Kind of Blue» (1959). Il suo assolo su «So What» costituisce una sorta di case-study ed un paradigma ispirativo per una pletora di succedanei. Nel 1975 muore per un’emorragia celebrale a soli 47 anni.
Con «At The Lighthouse», Adderley e la sua squadra di cucinieri è riuscito a servire un pasto succulento e sontuoso con una luculliana qualità del suono, premesso che si tratta di una registrazione live; e Mentre Cannonball introduce i brani sorride sapendo di trovarsi in condizione ottimale insieme a tutta la troupe: il fratello cornettista Nat Adderley, il pianista Victor Feldman, il bassista Sam Jones e il batterista Louis Hayes. In quel pomeriggio del 16 ottobre 1960, il corpulento sassofonista, presso il Lighthouse di Hermosa Beach in California, mise un sigillo importante sulla sua seconda prova live come band-leader, sempre sotto l’egida di Orrin Keepnews. Il quintetto, pur formato da individualità accentuate, suona come un corpo unico, mentre la vena pianistica di Victor Feldman è brillante e regge agevolmente tutto l’impianto sonoro. Le solide interpretazioni e gli impegnativi arrangiamenti dimostrano chiaramente che ci troviamo alle prese con un ensemble affiatato che non aveva bisogno di molte prove in studio per riuscire nell’impresa. Pur trattandosi di un live, la precisione è sorprendente ed il livello di energia rimane costantemente alto. Cannonball usa l’intera gamma del contralto ed suo modo di suonare mostra una visione d’insieme da perfetto coordinatore, capace di sviluppare un flusso di idee cotte a fuoco rapido.
Nat Adderley, alla cornetta, apporta un valido contributo alla sessione, dimostrando di non essere solo il fratello minore del capo. Nel complesso l’album racchiude un ottima performance con alcune punte di diamante come l’originale «Sack O ‘Woe» e «Big’ P» di Jimmy Heath. Il momento più lirico del set è «Blue Daniel», quasi un omaggio a Frank Rosolino, che ne era l’autore. Un fascinosa melodia in stile valzer-jazz su cui Cannonball e Nat Adderley, unitamente a Victor Feldman, ricamano a turno alcuni assoli da manuale, per poi dileguarsi, lasciando il finale tra le mani de bassista Sam Jones. Sulla B-side sono presenti un brano a firma Feldman «Azule Serape» e due standard, «Exodus» e «What Is This Thing Called Love». Proprio il classico di Cole Porter, nelle grinfie dei fratelli Adderley, diventa un’arma di seduzione di massa. Pubblicato originariamente dalla Riverside, oggi, l’album «At Lighthouse» rivive in una colorata confezione gatefold della Jazz Images, arricchita graficamente e migliorata nella qualità sonora.

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