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Aaron Copland

…le composizioni di Copland prima di Parigi sono soprattutto brevi lavori per pianoforte e canzoni d’arte, ispirate a Liszt e Debussy, in cui però sperimenta inizi e finali ambigui, rapidi cambi di tonalità e l’uso frequente di tritoni.

// di Guido Michelone //

Il compositore Aaron Copland nato e morto a New York, rispettivamente il 14 novembre 1900 e il 2 dicembre 1990 nel 1924 è giovane di ‘quasi successo’ perché in quello stesso 1924 compone una Sinfonia N.1 con una musica sperimentale, che in seguito tramuterà in qualcosa di popolare o meglio di autenticamente classico-americano; l’uomo e l’artista Copland guarda, fra disprezzo e invidia, la fama e i soldi del collega George Gershwin anch’egli ebreo newyorkese della working class di appena due anni più giovane di lui, ma già ricco e famoso grazie ai musical. Quando Aaron abita a Parigi con il coinquilino Harold Clurman (regista e teatrologo)– dove soggiornano da qualche mese per imparare tutto o quasi dagli ambienti avanguardistici – legge su un giornale americano di tre mesi prima l’esaltazione della celebre serata all’Aeolian Hall, dove, per la prima volta, viene presentata la Rhapsody In Blue diretta da Paul Whiteman, che a sua volta viene chiamato il Re del Jazz.

Le vite parallele si fermano qui: Gershwin morrà quindici anni dopo non ancora quarantenne, mentre Copland gli sopravviverà per oltre mezzo secolo, prendendone simbolicamente il posto grazie a una serie nazional-popolare di balletti e poemi sinfonici come Billy The Kid, Rodeo, Appalachian Springs, El salon Mexico. Odio Gershwin infatti termina con una proiezione nel presente/futuro rispetto alle vicende narrate: circa quarant’anni dopo gli Emerson Lake And Palmer chiederanno al vecchio Aaron di poter utilizzare la loro versione prog rock di Fanfare For The Common Man, uno dei tanti classici americani che mai esisterebbero senza la rivoluzione vellutata di un Gershwin in perenne oscillazione. Dal punto di vista storico, si può infine aggiungere che le composizioni di Copland prima di Parigi sono soprattutto brevi lavori per pianoforte e canzoni d’arte, ispirate a Liszt e Debussy, in cui però sperimenta inizi e finali ambigui, rapidi cambi di tonalità e l’uso frequente di tritoni. La prima opera pubblicata, The Cat and the Mouse (1920), è un pezzo per piano solo sulla favola di Jean de La Fontaine Il vecchio gatto e il giovane topo. In Three Moods (1921), Aaron intitola un movimento Jazzy, essendo “basato su due melodie jazz e dovrebbe far sedere e notare i vecchi professori”. È la successiva Symphony for Organ and Orchestra a connotare Aaron quale come compositore moderno serio; e in tal senso il musicologo Gayle Murchison cita l’uso da parte di Copland di elementi melodici, armonici e ritmici endemici nel jazz, poi impiegati anche nella Musica per il teatro e nel Concerto per pianoforte per evocare un suono essenzialmente ‘americano’. Visto che Copland s’avvale altresì di elementi modernisti c(scale ottatoniche, toni interi, figure ostinate poliritmiche, contrappunto dissonante).

I viaggi in Europa nel 1926 e nel 1927 lo portano a contatto nuove realtà sonore come i Cinque pezzi per orchestra di Anton Webern, al punto che nell’agosto 1927, durante il soggiorno a Königstein, Copland scrive Poet’s Song, (ambientazione di un testo di E. E. Cummings) usando per la prima volta la tecnica dodecafonica schoenberghiana, ripetuta in Symphonic Ode (1929) e Variazioni per pianoforte (1930), entrambe sullo sviluppo esaustivo di un singolo breve motivo. Tale procedura, che fornisce ad Aaron maggior flessibilità formale e ampi raggi emotivi,è simile all’idea di Schoenberg di ‘variazione continua’ e, per ammissione di Copland, è influenzata dal metodo dodecafonico, sebbene nessuna delle due opere utilizzi una serie di dodici toni. Infine nella Short Symphony (1933) il musicologo Michael Steinberg trova che “le dislocazioni del metro influenzate dal jazz che sono così caratteristiche della musica di Copland degli anni Venti sono più diffuse che mai”. Rispetto all’Ode sinfonica, l’orchestrazione è più snella e l’esito più coeso, nel combinare la raffinatezza di elementi sia modernisti sia jazz, insomma “una straordinaria sintesi del colto e del vernacolare e quindi, in tutta la sua brevità [15 minuti], una rappresentazione singolarmente ‘completa’ del suo compositore”.

Aaron Copland

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