Il furore creativo di Prank + Giorgio Li Calzi (Machiavelli Music, 2024)

King Crimson, Suicide, il postcore, il jazz contemporaneo eclettico e fuori dagli schemi, la Torino notturna e artistica degli ultimi trent’anni: Machiavelli Music pubblica il disco d’esordio del visionario quartetto Il furore creativo di Prank + Giorgio Li Calzi.
// Cinico Bertallot //
«Non abbiamo mai amato le etichette e le etichette non ci hanno mai amati troppo. Quando ci siamo trovati per suonare ci siamo lasciati guidare dall’istinto e abbiamo lasciato che le nostre sensibilità artistiche trovassero un punto di incontro nel loro libero esprimersi. Il risultato è caratterizzato dai nostri background, tra cui il jazz, ma sicuramente è qualcosa di spettinato e fuori dagli schemi. La nostra musica non è stata confezionata in partenza pensando ad un pubblico specifico, è esplosa incontrollabile in un fluire che racconta del nostro tempo e della nostra storia. Il disco testimonia quanto detto, alternando brani molto potenti, ad altri più cerebrali ed altri ancora più melodici».
Un suono incontrollabile. Un flusso creativo che abbraccia King Crimson e Suicide, la Torino notturna e ribollente dagli anni ’80 ad oggi, le direzioni più eclettiche e fuori dagli schemi del jazz contemporaneo, il graffio profondo dell’eredità postcore e new wave, fino a impreviste destinazioni post-progressive. La tromba elettrica e sperimentale di Giorgio Li Calzi incontra il sound potente dei Prank, il trio composto da Enrico Degani alla chitarra elettrica, Federico Marchesano al basso elettrico e Dario Bruna alla batteria. Dopo il primo singolo Touching Hands uscito nel 2023, e il recente secondo singolo Fat Man Vs Bodybuilder, uscito in anteprima su Jazzit, Machiavelli Music pubblica l’omonimo debutto del quartetto, intitolato proprio Prank + Giorgio Li Calzi.
Terrorismo sonoro, potrà dire qualcuno, jazz/no jazz o rock/no rock secondo qualcun altro, ma si tratta del fermo immagine di un momento di furore creativo che viene da lontano. Lo dichiarano i quattro, che hanno finalmente incrociato le loro storie già in movimento da tempo: «Prank è nato nel 2018 tra autostrade notturne e capannoni industriali. Prove ed energia creativa che si è sprigionata dalle 21 a notte fonda nei locali del CLG Ensemble di Chivasso, centro diurno nel quale Dario Bruna conduce gruppi e attività di musicoterapia con musicisti disabili. L’incontro con Giorgio Li Calzi ha portato nuova linfa, nuove sonorità e nuove composizioni, mantenendo l’anima originale. Federico Marchesano e Dario suonano insieme da trent’anni in diversi progetti (3quietmen, Actis Band, Arigret). Lo stesso vale per Enrico Degani e Federico che collaborano da diversi anni (in particolare con Atalante, con Louis Sclavis ai clarinetti e Mattia Barbieri alla batteria), e per Giorgio che ha collaborato con noi tutti in diverse realtà nel corso del tempo. La base che accomuna tutti è il rock, sia nella sua veste progressive (King Crimson su tutti) che nelle sue forme più decise e aggressive (metal e hard rock), ma subiamo anche il fascino per il minimalismo americano e la new wave degli anni ’80, il tutto unito dall’amore per le musiche improvvisate legate al mondo del jazz, avendo tutti solide pratiche con moltissimi musicisti dall’attitudine all’improvvisazione e alla sperimentazione di sonorità non convenzionali».
Prank + Giorgio Li Calzi è un album non convenzionale all’insegna di una inarrestabile verve creativa, figlio di umori, esperienze, ascolti (dai King Crimson alla musica africana, dall’hardcore ai Suicide, omaggiati con una cover di Ghost Rider, tratta dal loro primo storico Lp del 1977), lasciti di collaborazioni con musicisti italiani e stranieri avvenute negli anni, ma anche di luoghi, ossia Torino con la sua storia musicale, culturale e artistica. Il sound del quartetto, creativo e contemporaneo, affonda le sue radici proprio nella Torino industriale degli anni ‘80, teatro di fermenti hardcore e new wave. Un suono in costante mutamento che si è evoluto nella città dei Murazzi negli anni ‘90, fino ad arrivare alla scena cosmopolita di oggi, in cui il jazz si pone come importante baricentro culturale contemporaneo. Bruna, Degani, Li Calzi e Marchesano hanno collaborato con nomi del calibro di Arto Lindsay, Wolfgang Flür (Kraftwerk), Lenine, Louis Sclavis, Mary Halvorson, Andy Sheppard, Jon Balke, Julia Kent, Mike Cooper, J3PO, Han Bennink, Frank Bretschneider, Chandra Livia Candiani. La foto di copertina di Alessandro Albert, nella quale tutta l’attenzione visiva è diretta sugli strumenti dei quattro, è un perfetto biglietto da visita per l’album, la porta di ingresso su un mondo sonoro travolgente e lirico, denso e rarefatto al tempo stesso. Enrico Degani: chitarra Federico Marchesano: basso / Dario Bruna: batteria / Giorgio Li Calzi: vocoder, tromba, flicorno, modulatori

UNA CONVERSAZIONE CON I PRANK + GIORGIO LI CALZI
Prank + Giorgio Li Calzi: quel “+” sta ad indicare un semplice featuring o è una sigla che presenta un vero e proprio gruppo?
Il trio Prank è nato nel 2018 tra autostrade notturne e capannoni industriali. Prove ed energia creativa che si è sprigionata dalle 21 a notte fonda nei locali del CLG Ensemble di Chivasso, centro diurno nel quale Dario Bruna conduce gruppi e attività di musicoterapia con musicisti disabili. Così è nato il trio. Sono nate le composizioni originali e si è formato il sound del cuore pulsante di questo progetto.
Successivamente l’incontro con Giorgio Li Calzi ha portato nuova linfa, nuove sonorità e nuove composizioni ampliando il progetto e facendolo diventare un quartetto. Non è un semplice featuring ma l’evoluzione di un trio con una sua storia ben precisa che si evolve mantenendo l’anima originale che lo contraddistingue.
Spesso le geografie e i luoghi partecipano con forza a definire una proposta artistica: che ruolo ha svolto Torino nella vicenda Prank?
Torino è un baricentro importante per la formazione del gruppo nonostante le differenze anagrafiche di noi singoli componenti. La Torino grigia e operaia degli anni ’70 ha generato nel decennio successivo il Punk torinese con le sue fanzine (una su tutte, Sewer, di Johnson Righeira), il suo centro sociale El Paso e le prime radio private che trasmettevano musica new wave (Radio Flash) insieme ai locali nuovi e alternativi come il Tuxedo, il Metro, e il Doctor Sax ai Murazzi. Proprio i Murazzi, sponda del Po brulicante di locali e di vita notturna, insieme ai Docks Dora (centro industriale del primo ‘900 riattato in club e locali) negli anni ’90, hanno portato un enorme night-clubbing durato un decennio pieno di musica senza confini grazie ai musicisti africani, nord-africani, e italiani di ogni genere, dal jazz all’elettronica, dal pop alla musica d’autore e al rock.
Insomma, un grande fermento, inserito anche in un’importante mutazione socio-culturale di riqualificazione della Città. Proprio in quegli anni, festival extra genere come Musica90 hanno portato artisti di ogni estrazione non necessariamente mediatica da tutto il mondo a Torino, supportati da economie e politiche favorevoli a un miglioramento culturale e sociale. Gli anni 2000 e a seguire hanno portato meno soldi e creatività in generale, salvo casi sporadici, quindi meno sperimentazione ma in qualche modo è stata consolidata la formazione per le nuove generazioni dei musicisti, dalle medie ai licei musicali, ai conservatori con boom di iscrizioni nelle classi di elettronica e jazz. Siamo qui.
Se dovessimo trovare un minimo comune denominatore alle vostre singole esperienze, direi che si tratta del jazz contemporaneo, un universo-contenitore tanto vasto quanto ricco di sfumature. C’è anche altro ad accomunarvi?
Intanto la nostra storia. Federico e Dario suonano insieme da 30 anni in diversi progetti (3quietmen, Actis Band, Arigret). Lo stesso vale per Enrico e Federico che collaborano da diversi anni (in particolare con Atalante, gruppo che vede Louis Sclavis ai clarinetti e Mattia Barbieri alla batteria), e per Giorgio che ha collaborato con noi tutti in diverse realtà nel corso del tempo. La base che accomuna tutti è il rock, sia nella sua veste progressive (King Crimson su tutti) che nelle sue forme più decise e aggressive (metal e hard rock), ma anche il trio subisce il fascino per il minimalismo americano e la new wave degli anni ’80, il tutto unito dall’amore per le musiche improvvisate legate al mondo del jazz, avendo tutti solide pratiche con moltissimi musicisti dall’attitudine all’improvvisazione e alla sperimentazione di sonorità non convenzionali.
Ancora sul jazz. Una vulgata lo presenta – e lo vuole – come sottofondo per la borghesia annoiata, ma un’altra faccia del jazz, più spigolosa e acuminata, è quella che voi interpretate in chiave urbana e anche aggressiva. Prank + Giorgio Li Calzi è più spostato sul versante pancia/rabbia che su quello intelletto?
Non abbiamo mai amato le etichette e le etichette non ci hanno mai amati troppo. Quando ci siamo trovati per suonare ci siamo lasciati guidare dall’istinto e abbiamo lasciato che le nostre sensibilità artistiche trovassero un punto di incontro nel loro libero esprimersi. Il risultato è caratterizzato dai nostri background, tra cui il jazz, ma sicuramente è qualcosa di spettinato e fuori dagli schemi. La nostra musica non è stata confezionata in partenza pensando ad un pubblico specifico, è esplosa incontrollabile in un fluire che racconta del nostro tempo e della nostra storia. Il disco testimonia quanto detto, alternando brani molto potenti, ad altri più cerebrali ed altri ancora più melodici.
Siete musicisti di lungo corso ed esperienza, dunque non voglio chiedervi quali sono i vostri punti di riferimento o gli artisti che più vi ispirano, ma mi piacerebbe sapere se esistono artisti contemporanei che considerate affini per modus operandi e idee musicali.
Chiaramente ognuno di noi quattro ha i propri riferimenti ed eroi. Quello che forse ci accomuna è l’idea di band come collettivo artistico, in cui il lavoro di ognuno confluisce in un unico progetto. in questo senso troviamo molto interessante il fermento che si è creato attorno a Black Star di David Bowie, i dischi dei primi anni 2000 di Arto Lindsay e in precedenza le produzioni di un giovane Bill Frisell che ha rivoluzionato sia il mondo della chitarra che il suono del jazz contemporaneo.
Avete collaborato a titolo individuale con grandi musicisti stranieri, cosa portate di queste esperienze nel progetto?
Enrico: Personalmente credo che la vita artistica di ognuno di noi sia costellata di bivi. Ad ognuno di questi bivi si trova una persona importante che è riuscita a lasciare un’orma profonda nel nostro sentire. Ognuno di questi incontri me lo porto dentro ed automaticamente lo traduco nel mio modo di suonare, di improvvisare e di comporre.
Dario: Lavorando dal ’96 come musicoterapeuta all’interno di contesti per e con la disabilità ho sempre cercato di far incontrare mondi e suoni apparentemente lontani. E qui che esperienze come quella con il trio di Han Bennink è stata particolarmente significativa e per molti aspetti, illuminante.
Federico: Il confronto con musicisti provenienti da altri paesi mi ha sempre interessato, lo scambio non avviene solo sul piano musicale ma anche su quello linguistico e culturale, arricchendo la musica ed obliandone l’orizzonte.
Giorgio: Ogni collaborazione è un grande bagaglio che un musicista porta con sé. Quello che personalmente ho sviluppato in studio negli ultimi 25 anni, oltre ai rapporti diretti e sul palco, è un rapporto “salgariano”, cioè immaginifico, o in parole povere, non diretto grazie allo scambio delle rispettive musiche da ricomporre in studio. È una modalità che mi ha permesso di prendere (e viceversa regalare) solo quello che mi interessava del musicista con cui collaboravo, e cioè la musica. E così sono nate le collaborazioni con Arto Lindsay, Mike Cooper, Marconi Union, Wolfgang Flür (Kraftwerk), Lenine, Frank Bretschneider, Thomas Feiner, J3PO, Stefan Nemeth dei Radian.
Il vostro album non è una mera operazione di studio tant’è che a settembre tornerete sul palco. Che differenze ci saranno tra Prank in studio e dal vivo?
Il nostro album è stato registrato come fosse un live, con il quartetto che suona in presa diretta e con pochissime sovraincisioni. Nei concerti tendiamo a suonare i brani nello stretto modo in cui sono stati registrati, ma con una buona dose di istinto ed energia che contraddistinguono la musica improvvisata. La scaletta spesso è arricchita da una serie di chicche, tra cui alcune cover (Sparklehorse, Depeche Mode, Javetta Steele tra gli altri), ed alcuni brani “storici” di Li Calzi.
