TOUJ

// di Francesco Cataldo Verrina //

I Toto nascono ufficialmente a Los Angeles nel 1976 con una formazione che comprendeva: Jeff Porcaro batteria, Steve Porcaro e David Paich tastiere, Steve Lukather chitarra, David Hungate basso, Bobby Kimball voce. A partire dal 1982 sono iniziati i distacchi, per motivazioni varie, da parte dei membri fondatori del gruppo, di cui è rimasto solo Steve Lukather sostenuto dal fedele cantante Joseph Williams, il più longevo tra i vari sostituti all’interno della compagine, che oggi è solo la splendida cover band di se stessa. Potremmo paragonare i Toto, ad esempio, ai Nomadi dove Beppe Carletti è l’unico superstite del nucleo originario. Da circa due anni e fra tante peripezie, i nuovi Toto hanno dato vita ad un estenuante tour mondiale che toccherà l’estate italiana con alcune date, tra cui quella del 17 luglio a Perugia in occasione di Umbria Jazz, il 22 luglio a Ostuni per il Locus Festival, il 23 luglio all’Este music festival di Este ed al Lucca Summer Festival il 24 luglio.

La nuova formazione, oltre al ritrovato David Paich è composta da Robert Searight (batteria), John Pierce (basso) e Warren Ham (fiati e strumenti vari), nonché dal fedele vocalist Joseph Williams. Sul sito web ufficiale del gruppo Steve Lukather, afferma: «C’è un entusiasmo rinfrescante e ottimista nell’affrontare il futuro. Come membri di lunga data della band, Joe e io vogliamo essere in giro per continuare a mantenere viva l’eredità originale del gruppo, portando la musica ai nostri fan multigenerazionali. Nel 2023 è stato davvero esaltante esibirsi davanti a quasi un milione di fan. E per il 2024, suoneremo in tutto il mondo davanti a un numero ancora maggiore di fan. Ho trascorso più di quattro decenni e mezzo della mia vita a coltivare questa eredità, consentendo alla nostra musica di esistere nell’ambito dei concerti dal vivo». Joseph Williams aggiunge: «Luke e io ne abbiamo passate tante. È come un fratello per me. La nostra collaborazione creativa ha sempre arricchito le nostre vite. Quando guardiamo al futuro, non c’è altro che il desiderio di concretizzare a tutto ciò che abbiamo in mente. Non riesco a pensare a nessun altro con cui vorrei collaborare. È da sempre un amico e un compagno di band leale e dotato da sempre… insieme siamo diventati i Dogz of Oz!».

I Toto hanno pubblicato quattordici album di studio, moltissimi dischi live, colonne sonore e dato alle stampe varie raccolte diluite nell’arco di quattro decenni ad appannaggio dei nostalgici e dei nuovi adepti: difficile, per motivi di economia redazionale, analizzarli tutti, anche perché il loro successo nell’airplay radiofonico, e finanche nelle discoteche italiane, resta legato solo ai primi album ed in particolare a «Toto IV» del 1982, che conteneva due tormentoni indimenticabili per noi ventenni dell’epoca: «Africa» e «Rosanna». A conti fatti Steve Lukather e compagni per noi italiani restano un fenomeno legato all’arrembante decade degli anni Ottanta, anche se il giovane etere italiano, pullulante di centinaia di «radio libere», già nel 1978 si era concesso molto al primo album dei Toto ed in particolare al succeso planetario di Hold The Line». Ciononostante la critica aveva storto il naso considerandoli troppo commerciali, ruffiani nelle scelte musicali, freddi e studiati a tavolino, ma soprattutto un surrogato di altri gruppi o solisti americani di tipo AOR, come Boston, Chicago, Reo Speedwagon, Foreigner, Boz Scaggs, Seals and Crofts (nomi che oggi agli italiani dicono poco o nulla), nonché un condensato di vari stilemi «rubacchiati» agli artisti e alle varie band con cui i singoli componenti del gruppo collaboravano o avevano lavorato in veste di turnisti di studio, tra cui Michael Jackson, Cher, Eric Clapton, Elton John e Steely Dan, solo per fare qualche nome noto alle cronache.

I Toto giungeranno in Italia muovendosi sulla scia di un album live, «With a Little Help From My Friends», uscito qualche anno addietro, riproponendo a cascata i loro brani più conosciuti, tra cui i già citati «Africa», «Hold the Line» e «Rosanna» ed altri meno noti, quali «Georgy Porgy», «99», «I’ll Be Over You», «You Are The Flower», «Pamela», «Rockmaker» e «Girl Goodbye», tutti provenienti dal loro songbook dei primi anni di attività, al fine di suscitare l’effetto nostalgia negli attempati sostenitori. Anche il nuovo organico, guidato da Lukather alla chitarra e dal vocalist Joseph Williams, giocherà, come da tradizione, sulla fusione di generi musicali, sul ricercato intreccio strumentale, fiati e cori accattivanti esaltando la magia dei dettagli, tra frammenti di rock progressivo, morbido soul e accattivanti pattern ritmici. I Toto di oggi in fondo sono un surrogato di alcun regole d’ingaggio fissate già nel primo disco, caratterizzato dai trascinanti passaggi funkified della chitarra di Steve Lukather. L’album omonimo «Toto» gettò le basi di ciò che la band sarebbe diventata e continuato ad essere negli anni. Come i successivi cinque dischi, la prima pubblicazione fu un’opera complessa, il cui merito sta anche nella facilità di ascolto, nonostante schemi assai labirintici vengano eseguiti con tecniche sopraffine ed fluida padronanza acquisita nelle lunghe sessioni presso studi di registrazione di mezzo mondo. Si pensi, ad esempio all’opener strumentale, «Child’s Anthem», un un gioiello di rock progressivo da fare invidia ai gruppi inglesi. Nell’album «Toto» si trova di tutto: rock, pop, jazz, soul, funk ed accenni alla disco-music allora dilagante, nonostante sia considerato dai compilatori di enciclopedie come uno dei migliori debutti della storia del rock. Negli anni a venire, al netto dei rimaneggiamenti nell’organico, le regole d’ingaggio sono mutate di poco. Fu proprio questo che non piaceva alla critica dell’epoca, magari gli stessi che oggi li osannano, ossia quel non dare specifici punti di riferimento e non essere facilmente catalogabili, tanto che l’album successivo «Hydra» venne completamente bocciato da numerosi giornalisti, anche italiani (qualche superstite dell’epoca, oggi li acclama). «Hydra» fu alquanto condizionato dal singolo di lancio, «99», che non possedeva il medesimo appeal di «Hold The Line»: era un omaggio alla protagonista femminile di un vecchio telefilm e in tanti non capirono, neppure le radio, il senso di una canzone con un ritornello che recitava «Oh, 99, I Love You», così il singolo non oltrepassò la soglia dei Top 40. L’album divenne comunque disco d’oro grazie al suo naturale slancio verso la perfezione sonora, ad un impianto strumentale impeccabile e all’amore dei fans. Sebbene le canzoni, per quanto ben suonate, non fossero abbastanza distintive al punto da consolidare il successo ottenuto con l’album di debutto. A posteriori, «Hydra» venne rivalutato e considerato un progetto brillante e ricco di spunti originali che, all’epoca, rifletteva la coesione della band, spingendola a continuare su quel filone creativo che la maggior parte dei gruppi rock stava abbandonando in favore di qualcosa di più immediato e redditizio. In fondo i Toto, i cui membri in quel periodo erano presenti nella maggior parte degli album che si producevano a Los Angeles e dintorni, apparivano più interessati a perseguire una ricerca musicale che potesse caratterizzare il loro sound, ignorando quasi del tutto le richieste e le esigenze dei promoter, degli uffici stampa e dei programmatori radiofonici che suggerivano loro di fare brani a presa rapida e meno complessi strutturalmente ed armonicamente.

Lukather, Porcaro, Paich e compagni si riscattarono commercialmente, mettendo tutti d’accordo, critici, media e sostenitori, con il già citato album «Toto IV», soprattutto i recensori di dischi dell’epoca non poterono mettere in discussione l’impeccabile produzione del gruppo, definendola algida e calcolata, mentre gli anni Ottanta stavano facendo emergere nuove esigenze a livello discografico, di qualità e di pulizia del suono. La musica dei Toto si sposava perfettamente con l’evoluzione dei sistemi Hi-Fi: nelle loro produzioni ogni strumento appariva nitido, chiaro e alimentato da una vena di perfezionismo; la voce del frontman Bobby Kimball si sposava perfettamente con il soft-rock in voga in quagli anni, risultando piuttosto fluida e gradevole all’orecchio del tipico ascoltatore delle radio FM (specie in USA); inoltre il batterista e il tastierista avevano dato prova di estrema abilità dal vivo, mentre l’immarcescibile Steve Lukather riusciva a passare agilmente dalla disco-funk ad una ballata sotterranea e brunita.

Tra i tanti album venuti dopo, merita di essere citato – vi consigliamo di cercarlo se non lo conoscete – «Toto XIV», che il mantiene il cordone ombelicale legato alla tradizione segnando il ritorno dell’attuale cantante Joe Williams, già presente in «Fahrenheit» (1986) e «The Seventh One» (1988). Le armonie sono ben salde ed ancorate al costrutto ritmico, mentre l’energico opener, «Running Out Of Time», rimanda in modo inequivocabile alle produzioni precedenti; per contro la pastosa «21st Century Blues» ha un taglio più jazzistico tanto da riportare alla mente le atmosfere di «The Nightfly» di Donald Fagen, caratterizzate da morbide intersezioni armoniche, synth lineari ed uno spirito funkiness senza fronzoli. «The Little Things», una ballata rilassante e melodiosa, appare perfettamente studiata per conquistare un posto, senza sforzo, nelle tipiche programmazioni mainstream del drive-time radiofonico. «Chinatown» è il brano che ricorda maggiormente il lavoro della band negli anni ’80, trapuntato dalle efficaci staffette vocali da Steve Lukather a Joseph Williams e da progressioni pianistiche debordanti di armonie. L’album si conclude con «Great Expectations», un misto di rock e soul con venature country-folk eseguito con leggerezza. Un altro momento importante per i Toto furono i festeggiamenti in occasione dei primi vent’anni di attività (1977/1997), da quali scaturì un album intitolato inevitabilmente «XX» composto da inediti registrati in studio, unitamente ad alcune riprese live. Il disco, specie nell’edizione in vinile, è un bell’oggetto destinato ai cultori del genere, forte di un ricercato artwork che ripercorre la carriera del gruppo con immagini e testi. In «XX», i Toto espongono in vetrina le loro molte facce evidenziando, al contempo, le caratteristiche di ciascun musicista che aveva preso parte all’avventura fin dai primi passi sul mercato discografico. L’immagine più rock è rappresentata da «Tale Of A Man», un brano dal ritmo gravoso e dal riff potente, atmosfera riscontrabile anche in «Livefields» che punta i riflettori soprattutto sulla vocalità Bobby Kimball. «On The Run» è un altra delle punte d’ eccellenza dell’album, mentre i riff scarnificati fino all’osso da Steve Lukather nell’edizione originale di «E Minor Shuffle» diventano un gioco d’incastri in una versione molto più jazzly presente nell’album, magnificata dalle percussioni di Chris Trujillo e dal groove di Jeff Porcaro. Peccato che il suono, catturato al festival di Montreux, sia carente di dinamica. L’opener «Goin’ Home» mostra il lato più AOR della band e fu confezionato per essere una hit radiofonica. «Last Night» avrebbe potuto diventare un classico dei Toto, come «Georgy Porgy», ne avrebbe avuto tutte le carte in regola; quindi ci s’imbatte in piccole divagazioni reggae come «Modern Eyes», mentre «Love Is A Man’s World» mostra il loro spirito R&B. Vanno segnalati tre brani dal vivo registrati in Sudafrica nel 1998, tra cui «Dave’s Gone Skiing», in cui il basso emerge prepotentemente rafforzando il lato jazzistico del gruppo, nonché una versione di «Africa» molto roots, farcita da percussioni e cori africani. Anche «XX» manca per sua natura di coesione e di unità idiomatica. Quello dei Toto è stato un vagare da uno stile all’altro, da un modulo espressivo all’altro, passando da componimenti leggerissimi a strutture con armonie complesse, ma imponendo sistematicamente al costrutto sonoro un esemplare professionalità esecutiva. Oggi gli uomini della squadra non sono più gli stessi di un tempo, ma ciò che sentiremo all’Arena Santa Giuliana di Perugia sarà un tuffo nel passato, come se il tempo si fosse inesorabilmente fermato: personalmente cercherò di trattenere le lacrime.

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