Intervista di Eva Cornara a William Everett, in occasione della pubblicazione del libro The Year that Made the Musical: 1924 and The Glamour of Musical Theatre, Cambridge University Press.
William Everett, Professore Emerito di musicologia dell’Università di Kansas City e docente di Storia della musica all’Università IULM di Milano, è da anni uno dei massimi esperti mondiali di musical, un argomento che per vari aspetti-a partire dal repertorio, ossia dalle canzoni, come ad esempio quelle dei fratelli Gershwin-è da sempre strettamente collegato al jazz. Al musical lo studioso statunitense ha dedicato numerose pubblicazioni, fra le quali il fortunato volume The Cambridge Companion to the Musical, curato con Paul Laird e più volte riedito e aggiornato. William Everett è anche autore di monografie su compositori come Sigmund Romberg e Rudolf Friml, oltre che co-autore, sempre con Laird, di un Historical Dictionary of the Broadway Musical (edito da Rowman & Littlefield), nonché autore di numerosi articoli in riviste americane e internazionali. Ora esce per Cambridge University Press una sua nuova pubblicazione, che prende in considerazione un anno cruciale per le vicende del musical (al tempo ancora legato a modelli europei, ma già aggiornato ai nuovi ritmi e suoni del jazz), il 1924, come è stato il caso di “Lady Be Good” di Guy Bolton e Fred Thompson con i songs di George e Ira Gershwin. Il libro, intitolato The Year that Made the Musical: 1924 and The Glamour of Musical Theatre, è particolarmente approfondito e dettagliato. Everett vi analizza ogni aspetto significativo di alcune prime teatrali (nel senso di musical, o di operette) di quell’anno, descrive nei dettagli gli spettacoli, includendo la citazione e la descrizione di autori emergenti e noti o di interpreti destinati a divenire altrettanto celebri come Fred Astaire, al tempo impegnato ancora a danzare in coppia con la sorella Adele. Ma allargando lo sguardo anche all’Europa, e persino all’Italia, con un capitolo dedicato al celebre Paese dei campanelli di Carlo Lombardo. Tra i molti aneddoti che ci descrive l’autore ve ne sono alcuni inerenti la canzone Fascinating Rhythm nel musical “Lady Be Good”, uno show arricchito dalla partecipazione straordinaria degli Astaire, che lo rese ancora più iconico. In questo nuovo libro Everett si occupa anche di “The Student Prince”, un’operetta in un prologo e quattro atti in musica scritta da Sigmund Romberg.
Professor Everett, perché ha scelto proprio questo anno, il 1924? Quali sono gli elementi che l’hanno reso così importante?
“L’idea del libro è maturata durante le mie ricerche su Romberg e Friml. “The Student Prince” di Romberg è stato il musical di Broadway col maggior numero di repliche degli Anni Venti, più di seicento. Era molto più conosciuto di altri show dei fratelli Gershwin, di Cole Porter, della coppia Richard Rodgers – Lorenz Hart, le maggiori menti creative del tempo. Un’altra cosa che mi ha intrigato è stata che “The Student Prince” ha esordito il 2 dicembre 1924; la sera prima, il primo dicembre, debuttarono altri due importanti spettacoli: il citato “Lady Be Good”, con protagonisti Fred e Adele Astaire, che stavano tornando sulla scena di Broadway dopo alcuni successi minori e diversi impegni a Londra. “Lady Be Good” rappresentò il loro grande ritorno sulla scena del teatro musicale americano. La stessa sera debuttò a Broadway “Music Box Revue” di Irving Berlin, uno dei più grandi compositori e parolieri americani, spettacolo molto intimo. Abbiamo questi tre musical, molto diversi, che aprirono due sere consecutive. Capii che doveva esserci qualcosa di speciale in questo 1924. Ho iniziato a esplorare quello che era successo nel 1924, e non solo a Broadway, ma cercando di rendere questo studio transnazionale, mostrando ciò che accadeva anche a Londra e altrove. Il 1924 è stato tra l’altro anche l’anno della prima rappresentazione della Rhapsody in Blue di Gershwin. In sintesi, questi sono i motivi per i quali ho scelto il 1924, strettamente collegato con quest’anno, il 2024. Tutto ciò che accade in questo libro prendeva forma esattamente cento anni fa. Si tratta di una celebrazione centenaria del glamour, dell’attrattiva del visual, del musical, delle star di Broadway, di ciò che accadeva nel mondo del teatro musicale, a New York, a Londra, a Milano, a Madrid, a Buenos Aires, a Vienna, e come questo rappresentò parte di un ecosistema teatrale vivo e in piena evoluzione nel 1924”.
Ci può parlare del ruolo degli interpreti nel musical, come Gertrude Lawrence o Florence Mills?
“Questa è una domanda molto interessante, ma anche molto complicata. I primi interpreti dei musical, ai tempi, proponevano uno standard che gli interpreti successivi dovevano decidere di rispettare o di cambiare. Gertrude Lawrence divenne nota per interpretare le canzoni in maniera molto vulnerabile (tra queste, Limehouse Blues, il cui testo allude a immigrati cinesi che vivono a Londra); la Lawrence conservò questa caratteristica e la riservò anche all’interpretazione nei musical che avevano una trama e che permettevano alla sua espressività di emergere tramite la voce. Altra nota interprete è Florence Mills, cantante afroamericana che ebbe una carriera sia a New York sia a Londra, e divenne nota per gli stereotipi che seguiva, a cui dava vita; in quanto donna di colore doveva cantare, e doveva risultare gradita al pubblico bianco, cercando in ogni caso di dare dignità al suo ruolo. Gli Astaire, che erano principalmente dei che ballerini, si trovarono a dover cantare quando intrapresero la carriera nei musical. Nei loro primi spettacoli, precedenti a “Lady Be Good”, dovettero spesso interpretare una coppia romantica, la coppia protagonista. Mi vengono in mente Sharpay e Ryan, nel musical “High School Musical”, due fratelli che avevano il ruolo da protagonisti in molti musical; erano come Fred ed Adele Astaire. Quello che successe con “Lady Be Good” fu che la storia consentì loro di interpretare un fratello e una sorella, cosicché il pubblico non avrebbe finalmente dovuto vedere i due interpretare una coppia coinvolta romanticamente. C’era una grande chimica tra i fratelli Astaire sul palco, che ammaliava il pubblico. Sul palcoscenico, i due ballavano ma cantavano anche, in coppia, o singolarmente”.
Cosa distingue l’operetta europea dal musical?
“Sono due generi un po’ diversi, ma correlati. L’operetta richiede interpreti che abbiano un’educazione musicale, una tecnica vocale simile a quella dei cantanti d’opera. L’operetta in Europa ha un sapore molto più classico rispetto a quella americana. É distante dalla tecnica vocale del musical, dove gli interpreti utilizzano un range molto più ristretto. L’estetica che troviamo nella commedia musicale richiama personaggi ordinari che si ritrovano in situazioni inusuali, comiche. Ciò accade in “Lady Be Good”. Nell’operetta troviamo personaggi che vivono in epoche e luoghi lontani, una sorta di sospensione del tempo, con intrecci che riguardano il mondo aristocratico, come in “The Student Prince”, che descrive una tragica storia d’amore mai realizzata, in quanto i due protagonisti appartengono a caste sociali molto distanti”.
Qual è stato l’impatto dell’operetta Il Paese dei campanelli di Lombardo e Renzato nel panorama del 1924?
Fu molto importante, nel panorama musicale italiano. Ma non solo. Lombardo era a capo di una compagnia teatrale e produsse questo spettacolo, che aprì a Milano, al Teatro Lirico, il 23 novembre del 1923. Nel 1924 venne proposto in tutta Italia: un’ importante rappresentazione fu quella del 16 febbraio del 1924, al teatro La Fenice di a Venezia, come anche poi quella di Bari, in ottobre. Divenne molto nota in Italia e la compagnia teatrale continuò a produrre nuovi spettacoli. La musica di Virgilio Renzato, direttore del Teatro alla Scala, partiva dal tipico approccio classico che troviamo in molti suoi lavori. La sua eredità ed il suo retaggio continuarono ben dopo gli anni Venti; questo spettacolo arrivò anche al cinema, e venne riproposto anche a New York, a teatro, negli anni Quaranta. La critica descrisse l’operetta, recitata in italiano apposita per gli immigrati italiani a New York, come qualcosa di meraviglioso, che “ti invoglia a voler vivere di più”, a non smettere mai di ascoltarla. La canzone Luna tu divenne una hit, anche per il tema stesso della luna che proteggeva gli innamorati; venne eseguita in bar e ristoranti di tutta Europa. La canzone venne conosciuta soprattutto grazie alle registrazioni discografiche; del resto, la tradizione dell’operetta italiana divenne nota grazie ai dischi, più che agli spettacoli. Il brano appena menzionato è una canzone sincopata in stile americano, il che è molto interessante, in quanto è parte di un’operetta, con valzer gloriosi e vocalizzi classici; questi stili musicali coesistono e si collegano, un altro elemento che rende l’anno 1924 così interessanti”.
Perché, secondo lei, The Student Prince ha avuto così tanto successo a teatro?
“Prima di tutto per la musica, e poi per questa idea del dramma derivante da un amore irrisolto, rispetto al quale il pubblico riusciva bene ad immedesimarsi. Si era a sei anni di distanza dalla Prima Guerra Mondiale, durante la quale molte giovani coppie conobbero questo destino amaro, quello del soldato in guerra, di un’amore non vissuto; restava quindi la memoria di un giovane amore, il cuore dello “Student Prince”. Un altro aspetto interessante per cui “The Student Prince” ebbe questo grande successo è che si tratta di studenti universitari tedeschi, che si recavano in un giardino in cui si beveva birra. In America c’era il Proibizionismo, durante quale il consumo di alcool era vietato; c’erano solo alcuni club sotterranei in cui si poteva bere. La canzone dell’operetta, che invitava il pubblico a bere, la rappresentazione sul palco di qualcosa che gli americani non potevano realizzare era un sogno che vivevano indirettamente attraverso i personaggi di questo spettacolo”.
(Intervista raccolta da Eva Cornara, Master Università di Milano-IULM in “Editoria e produzione musicale”)
© Prof. Luca Cerchiari