Indietro nel tempo, ma non troppo, con «G.G.Swing» e la Big Band Del Pentagramma diretta da Vito Andrea Morra

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BigBandDelPentagramma

Un lavoro musicalmente articolato e fitto di variazioni di mood, in cui il divertimento allo stato puro sfiora il moto dell’anima raggiungendo lo Zenith del piacere.

// di Francesco Cataldo Verrina //

Le Big Band Swing ebbero il dominio assoluto nell’ambito del jazz anni ’30, fino allo scoppio del secondo conflitto mondiale, momento in cui sia per motivi di natura finanziari che logistica – era difficile gestire e tenere in piedi grossi apparati strumentali e agglomerati umani – molte di esse furono smantellati ed i musicisti orfani di «mamma orchestra» cominciarono ad organizzarsi in piccoli combo di quattro o cinque elementi. La ferma dovuta al periodo della guerra e le mutate condizioni economiche determinarono perfino un modo nuovo di concepire il jazz: l’avvento del bebop segnò il punto di rottura o di svolta, una sorta di swich-off, che sancì il passaggio definitivo al piccolo ensemble, mentre le ingombranti orchestre avrebbero incontrato sempre più problemi sul loro cammino, non tanto per motivi artistici, ma sempre per questioni legate ai costi di gestione ed a causa delle nuove dinamiche espositive ed esecutive dei protagonisti del jazz moderno che, pur avendo maturato la propria esperienza in varie big band, in quel momento storico prediligevano ensemble ristretti alle compagini numerose, così come i minuscoli locali alle spaziose music hall: si pensi al Village Vanguard, solo per fare un esempio. E parafrasando il poeta, ossia «poscia che Costantin l’aquila volse» le big band divennero merce rara e, con tanti artisti al libro paga, difficili da amministrare.

Oggi le Big Band sono davvero una manna dal cielo, specie quando riescono a dispensare una ricchezza strumentale e sonora, diversamente non facile da riprodurre, se non in laboratorio con artefatti tecnici. La Big Band Del Pentagramma, diretta da Vito Andrea Morra, con l’album «G.G.Swing» è davvero davvero un dono inaspettato scaturito del premio «La Musica di Sofia» e grazie al mecenatismo della Famiglia Bratta. Pubblicato dalla Abeat Records, il progetto si avvale di un imponente organico formato da accreditati professionisti che gravitano attorno ad una struttura pugliese d’eccellenza, ossia l’Accademia di Musica il Pentagramma: Aldo Di Caterino (flute), Nicola Cozzella (alto sax lead), Mike Rubini (alto sax), Francesco Lomangino and Max Zaza (tenor sax), Gianni Binetti (baritone sax), Tony Santoruvo (tromba lead), Alberto Di Leone, Giuseppe Todisco, Giuliano Teofrasto (trumpet), Antonio Fallacara ( trombone lead), Antonio Depalo, Eddy De Marco, Matteo Bavaro ( trombone), Serena Grittani (vox), Vitantonio Gasparro (vibraphone), Marco Cutillo ( guitar), Bruno Montrone ( piano), Gianluca Fraccalvieri ( electric bass on tracks 4,6,10), Giampaolo Laurentaci ( doublebass), Fabio Delle Foglie ( drums)

Il progetto è imperniato su dieci componimenti, di cui cinque originali, nonché sulla rivisitazione di altrettanti standard arrangiamenti da Vito Andrea Morra, il quale è riuscito a sviluppare una musica di forte impatto fisico e mentale, attraverso arrangiamenti flessibili ed a maglie larghe che consentono alla band una perfetta coralità d’insieme, ma anche di sviluppare assoli e singoli interventi di notevole intensità espressiva. Ecco che cosa il direttore e arrangiatore del progetto scrive nelle note di copertina: «Ho dovuto aspettare, ma davvero ne è valsa la pena: questa è la big band dei miei sogni.. rappresenta un sogno durato trent’anni diventato finalmente realtà. L’invito è ad ascoltarlo affinché si possa apprezzare il lavoro e il prezioso contributo di tutte le straordinarie persone che hanno reso possibile la realizzazione di questo disco, persone meravigliose che ringrazio con tutto me stesso». Antonio Vito Morra è anche l’autore dei cinque brani inediti, che saputo alternare ed amalgamare perfettamente nel costrutto complessivo del concept ad alcuni classici come «Mr P.C.» di John Coltrane che funge da opener, dove il modulo esecutivo risulta trascinante e più ricco di cromatismi rispetto all’originale contenuto nell’epocale «Giant Steps», dove il signor P.C. è il bassista Paul Chambers. La primigenia struttura modale imperniata su un blues in minore viene rispettata grazie all’abilità dei singoli strumentisti, ma trasformata in un paradigma di ipermodal swing. «Body And Soul» di Johnny Green, che aveva fatto le fortune di Coleman Hawkins e di molti altri jazzisti in epoca pre e post-swing, qui diventa una ballata soffusa, fumosa e fortemente lirica, magnificata dalla voce di Serena Grittani. La monkiana «’Round Midnight» a tratti sembra più ispirata dalla versione di Miles Davis, anche se l’impianto orchestrale aggiunge nuove sfumature di colore. La title-track, «G.G. Swing», dedicata a Giancarlo Gazzani, è un vero swing orchestrale dal sapore vagamente retrò che ricorda il commento sonoro di talune pellicole cinematografiche in bianco e nero. Ed a proposito di cinema e comincs, c’è perfino spazio per una versione del «Flintstone Theme», scanzonata e giocherellona, per la serie: Wilma la clava! Ricorderete quei cartoni animati che da noi in Italia chiamavamo «Antenati». Dal cilindro di Morra saltano fuori due bellissime ballate: «L’ora Blue» e «Ballad», nomen omen, due escursioni soulful a velocità di crociera, profonde, dall’aria brunita e rivestite di pathos. L’album «G.G.Swing» della Big Band Del Pentagramma, diretta da Vito Andrea Morra, è un lavoro musicalmente articolato e fitto di variazioni tematiche e cambi di mood, in cui il divertimento allo stato puro sfiora il moto dell’anima raggiungendo lo Zenith del piacere.

Big Band del Pentagramma / Sezione Fiati

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