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// di Gianluca Giorgi //

Idris Ackamoor & The Pyramids, Afro Futuristic Dreams (2lp 2023)

Ackamoor ha dichiarato che “le composizioni di questo album rendono omaggio all’attuale movimento afrofuturistico che ha abbracciato gli scrittori di fantascienza Octavia Butler e Samuel R. Delany, il musicista Sun Ra e il mio lavoro con The Pyramids”. Questo lo lega a quanto di più innovativo si sta manifestando nella musica africana odierna, ma anche ai lavori di Shabaka Hutchings rendendolo estremamente vitale e originale in questa sorprendente seconda giovinezza che sta vivendo insieme alla sua band, malgrado quest’anno la band festeggia il loro 50° anniversario è entrata prepotentemente a far parte di questo nuovo jazz. Qualche tempo prima di questo nuovo disco è uscito anche un cofanetto su Strut che riunisce per la prima volta i loro rari album dei primi anni ’70. Registrata tra San Francisco e Londra e riunita dal genio di Malcolm Catto nel suo Quatermass Studio analogico, la nuova registrazione rappresenta un altro passo audace nel viaggio in continua evoluzione di Ackamoor nel jazz, aggiungendo partiture complete e intricate tra cui sezioni d’archi ed elementi corali al caratteristico suono afro-jazz spirituale delle Piramidi. Un viaggio profondo dentro l’anima afroamericana e la ricerca e valorizzazione delle proprie radici. Qui la musica è anche rituale e incontro comunitario; non a caso i concerti di Ackamoor iniziano fra il pubblico per annullare la netta separazione fra palco e platea, per ricreare l’atmosfera vissuta nei villaggi africani, concerti veramente coinvolgenti e belli. Un’atmosfera che ritroviamo anche fra i solchi del disco dove si alternano momenti più meditativi e psichedelici ad altri più ritmati e fisici, ma sempre con una grande forza comunicativa. 2lp, un’ora e 14 minuti per qualcosa di veramente speciale. Lo spirito rivoluzionario della musica afroamericana, in cui voci sentite, strumentazione a flusso libero e groove immensamente accattivanti costituiscono il paesaggio sonoro stellare che spinge l’album in avanti.

Kahil El’Zabar’s Ethnic Heritage Ensemble ft. Dwight Trible & David Ornette Cherry, Spirit Gatherer • Tribute To Don Cherry (2lp 2023)

Questa è la nuova ottima registrazione in studio dello sciamano jazz spirituale Kahil El’Zabar e del suo leggendario Ethnic Heritage Ensemble, con Corey Wilkes alla tromba, Alex Harding al sax baritono e El’Zabar alle multi-percussioni, un trio acustico in cui sono passati molti musicisti e che registra dal 1981. Spirit Gatherer, come dice il titolo, è un omaggio al defunto, grande trombettista jazz spirituale, polistrumentista e compositore, Don Cherry e al suo percorso spirituale, Don Cherry che ha avuto una profonda influenza su El’Zabar come uomo e come musicista creativo. Il trio affiancato dal cantante Dwight Trible e dal figlio di Cherry, pianista e melodico David Ornette Cherry, ha prodotto un stupendo album di spiritual-jazz e jazz post-2000. L’album è composto da nuove composizioni di Kahil El’Zabar, insieme a schizzi e classici reinterpretati in vero stile Ethnic Heritage Ensemble, sei originali di El’Zabar più cinque cover che El’Zabar associa in un modo o nell’altro a Don Cherry: “Lonely Woman” di Ornette Coleman, il tweak di John Coltrane “Sketches Of A Love Supreme”, “Well You Needn’t” di Thelonious Monk, “Harvest Time” di Pharoah Sanders e “Degi-Degi” di Cherry. Spirit Gatherer è un album “shamanico” con molto groove, dolcemente parlato che lascia una sensazione di armonia, amore e ottimismo. È vero jazz spirituale al suo meglio, eseguito da questo gruppo di maestri, dedicato ad una delle più grandi figure jazz. Il disco ha una durata di 72 minuti ma sembra molto più breve ed è una vera consolazione per l’anima.

Maulawi, Orotunds (cd 2013 2lp 2014 ristampa 2021)

Un vero tesoro del reedman Maulawi Nurudin, originariamente registrato come parte della scena della Strata Records a Detroit, ma fatto a Chicago nel 1973. L’atmosfera che si respira è quasi più Tribe Records, con Maulawi che soffia tenore ed altre ance su groove modali costruiti dal batterista Tani Tabbal, oltre a basso e tastiere di altri musicisti sconosciuti, il tutto in uno stile rilassato e ricco di soul. Maulawi è uno dei musicisti più misteriosi ed enigmatici della scena jazz. Un band leader di strada di cui si hanno scarse notizie sulla sua vita privata e sui sui primi anni, infatti anche il suo nome di nascita rimane sconosciuto. Le prime note nella storia di Maulawi iniziano sul lato sud di Chicago come stretto collaboratore dell’Associazione per l’avanzamento dei musicisti creativi con i pionieri AACM Muhal Richard Abrams, Fred Anderson, Billy Brimfield e Roscoe Mitchell. Era un leader sicuro di sé è un po’ bruscò nei modi, la sua reputazione di musicista, e non di bandleader di strada, lo ha portato alle porte della Strata Records. Fu il percussionista Adam Rudolph, che già sedicenne iniziò’ a suonare con Maulawi nei primi anni ’70, ad introdurre Maulawi a Charles Moore della Strata Records, un incontro che avrebbe portato al debutto omonimo di Maulawi nel 1973, il primo album registrato dalla Strata Records da un artista al di fuori di Detroit. Per rimanere fedele al “personaggio” Maulawi, anche la storia dietro la registrazione di Ortunds rimane un mistero; o facevano parte delle sessioni del 1973 per Maulawi, registrate in una sola notte a Chicago; o da una sessione che ha avuto luogo nel quartiere di Streeterville in un secondo momento. Storia a parte, Orotunds è un disco che stupisce. Composto dallo stesso Maulawi, è un album di canzoni per lo più Pop e R&B, con accenni di tempi funk, elevate dal sassofono soprano selvaggiamente inventivo di Maulawi. Le tracce, infatti, includono “People Make The World Go Round” di Thom Bell e Linda Creed, così come il classico di Burt Bacharach e Hal David, “I Say A Little Prayer”. La splendida title track è una base di batteria e basso perfetta per il sassofono sublime ed espressionista di Maulawi. L’album si conclude con una vera scoperta: una registrazione parlata, raramente ascoltata, dello stesso Maulawi che introduce i musicisti e definisce il titolo Ortunds come “pieno, chiarezza, forza e morbidezza”. Questa edizione deluxe dell’album precedentemente sconosciuto e inedito di Maulawi Nururdin è stata faticosamente recuperata e rimasterizzata dai nastri master originali. Ottima ristampa, in associazione con 180 Proof Records del DJ Amir, della BBE Music che continua a far riemergere rarità jazz, come quest’ultima ultima gemma della Strata Records, Orotunds di Maulawi Nururdin, un album praticamente sconosciuto e inedito.

SunMi Hong, Third Page: Resonance (2022 vinile colorato)

Batterista, compositrice dall’energia contagiosa e dallo spirito creativo, arriva alla meta del suo terzo album, Third Page: Resonance. La crescita in Corea del Sud è stata difficile per la giovane Sun-Mi Hong, intenzionata a intraprendere un percorso musicale ma soggetta a restrizioni e negatività. All’interno di questo contesto la batteria è diventata un rifugio, un luogo in cui fuggire. Il suono e l’energia sono stati di grande ispirazione e l’hanno aiutata a canalizzare le emozioni che provava. Circondata dalla negatività, dalle critiche al percorso che aveva scelto e dalle pressioni per seguire una carriera più sicura e tradizionale, poco più di 10 anni fa si è trasferita a studiare ad Amsterdam, un’impresa piena di rischi, affrontando una nuova cultura con barriere nel linguaggio parlato e musicale. Nel decennio successivo Sun-Mi si è costruita una reputazione formidabile nella sua città, nei Paesi Bassi e oltre, conquistando sempre più credibilità come uno dei principali talenti emergenti sulla scena europea. Ogni disco che Sun-Mi ha pubblicato con il quintetto fino a questo momento (First, Second e ora Third Page: Resonance), racconta la sua vita di artista e il suo percorso unico verso la meta. Il nuovo disco di Sun-Mi è in equilibrio tra composizioni meticolosamente realizzate con incursioni nella musica improvvisata. Un disco veramente bello ma che richiede un ascolto attento e contrato.

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