«Crystal Flower» è una album che rappresenta la vita ed il quotidiano nel suo lento ma incessante fluire, attraverso varie sfaccettature emotive fatte di momenti in agro-dolce, in cui si alternano stati d’animo molteplici e dove la voce di Letizia Brugnoli diventa il framework portante.

// di Francesco Cataldo Verrina //

Il jazz contemporaneo è una sottile pellicola che aderisce alle forme (o alle de-forme) fisiche e mentali di una molteplicità di stili, ma è nella natura stessa di tale involucro, che noi chiamiamo jazz, essere flessibile, permeabile ed accogliere in seno un un insieme di particelle ibride ed inquiete. «Crystal Flower» di Letizia Brugnoli, edito da Irma Records, è un album jazz nel mood, nel modulo espressivo della voce, nelle strutture armoniche, ma si ravviva attraverso l’uso di stilemi e metalinguaggi affini. Al primo ascolto del CD ho avuto la piacevole sensazione di un progetto «vivo», avulso dal solito languidume di un certo jazz cantato che si spegne nel buio silenzioso di melliflue ballate e divoranti nostalgismi. Basta ascoltare la title-track dell’album, per capire che Letizia Brugnoli possiede una tempra vocale non comune, capace di gettare un ponte tra passato e presente ma con il baricentro innestato nel nucleo vitale della contemporaneità. L’effetto è quello della multidirezionalità di una musica e di un canto che si espande su un asse spazio-temporale indefinito. Si può percepire la sensazione di trovarsi immersi in una piacevole atmosfera new-cool inglese anni ’80 o in una dimensione acid-jazz anni ’90, piuttosto che in un mood eletrro-jazz anni ’70 con confluenze ed influenze bossa o latin-tinge, senza che il nerbo dello swing e del blues vengano vanificati o ridotti a mero orpello formale.

Letizia racconta così la genesi dell’album: «L’album è dedicato al mio papà Franco Brugnoli, musicista e giornalista, scomparso nel maggio 2021. A lui principalmente devo il mio amore e la mia passione per la musica. «Agua de Maio» è stata scritta per lui ed è sempre una grande emozione cantarla. Anche in «Shadows» parlo di lui e di quanto quotidianamente mi manchi. Molti testi dell’album hanno quindi carattere autobiografico, altri invece sono stati scritti immaginando il punto di vista di un ipotetico protagonista. Roberto Sansuini mi aveva inviato le tracce dell’album e le partiture anni fa, io ho aggiunto i testi con molta calma devo dire, ma sono nati in modo naturale, quando probabilmente era il momento giusto. In fase di registrazione sono poi state apportate alcune modifiche, sono nate belle improvvisazioni, ci siamo cuciti addosso il vestito per così dire. Il risultato trovo che sia un album ricercato e sincero al tempo stesso». «Crystal Flower», ovviamente non è un concept jazz distillato in purezza, una sorta di contemporary mainstream, ma è imperniato su un insieme di stimoli provenienti da varie angolazioni dello scibile sonoro, le quali catturano l’eclettismo e la duttilità della voce della Brugnoli che, dal canto suo ha consentito ai musicisti di supporto, i quali si alternano nelle varie tracce, di esprimersi all’interno di un variegato range di stili e di generi, ma sempre finitimi ed contigui al jazz, perfino quando si avvicina ad una sorta di soul-pop-jazz da airplay radiofonico di alta classe, come accade con «Il gioco del Semaforo» un pop-jazz contemporaneo perfetto per il prime-time TV, «Nostalgiazz» impiantata su uno swing morbido, avvolgente e dai contrafforti moderni che ricorda vagamente certe atmosfere dei Working Week o degli Style Council e «Tire change» un intrigante mid-range dal passo latino, il cui testo fu scritto da Letizia nel lungo tempo d’attesa passato nell’officina di un gommista intento a sostituire le gomme della sua auto. Parliamo dei tre singoli che hanno anticipato l’uscita dell’album. Tre componimenti di forte impatto che mettono evidenza le diverse anime della cantante.

Per tutto l’album Letizia dimostra di avere padronanza dello scibile sonoro e si muove con disinvoltura tra complessi sistemi accordali e rapide progressioni improvvisative. Il suo curriculum ricco di eventi e di frequentazioni importanti, al limite della «ridondanza», diventa l’asse costitutivo di un background che le consente di proporsi in maniera sofisticata, ma giammai distaccata o eccessivamente leziosa. Tutte le canzoni, anche nei momenti più intimi e ricchi di pathos, sono attraversate da una coinvolgente vitalità interpretativa, in cui la voce di Letizia sembra giocare con i musicisti in una piacevole schermaglia, a tratti ironica e divertita. I dodici frammenti che costituiscono l’ossatura del progetto sono nati, come già accennato, dalla proficua e consolidata collaborazione con Roberto Sansuini, compositore e arrangiatore di tutte le musiche. I due hanno finito per costituire un affiatato binomio, che dopo aver sondato le acque profonde del repertori altrui, hanno messo in scena la loro opera in dodici atti, proponendo una visione adattiva della musica, impiantata su un melting-pot di stili aderenti all’hic et nunc del jazz nell’accezione più larga del termine. Una nota di merito va anche ad alcuni validi strumentisti che hanno preso parte all’operazione: Luca Savazzi (piano acustico ed elettrico), Mirco Reggiani (basso elettrico), Paolo Mozzoni (batteria), Claudio Tuma (chitarra), Giacomo Marzi (contrabbasso), Emiliano Vernizzi (tenor sax), Ciccho Montirano (alto sax) e Marquino Baboo (percussioni). Tra timbri e atmosfere implementate dall’elettronica, ritmi esotici, ricami bop e swing, echi di Brasile e reminiscenze soul-jazz, l’album si srotola piacevole tra ballate brunite e toccanti come «Aqua De Maio», «We Both New», gioiellini di smooth-swing a tinte cool quali «Shadows», «Almert’s Poem To Elle» e «Walss Of Stone» o virate di energia fusion e latin flavour come «Le Stanze Segrete», «Koka» e «Oltre ogni limite». «Crystal Flower» è una album che rappresenta la vita ed il quotidiano nel suo lento ma incessante fluire, attraverso varie sfaccettature emotive fatte di momenti in agro-dolce, in cui si alternano stati d’animo molteplici e dove la voce di Letizia Brugnoli diventa il framework portante.

Letizia Brugnoli

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