Myricae-ok

Il modus operandi di Falomi, per tutto l’album, è segnato da un forte senso dell’orientamento melodico e dalla capacità di sviluppare atmosfere suggestive, in cui la chitarra diventa scenario, story teller e suggeritore di emozioni.

// di Cinico Bertallot //

Luca Falomi è un musicista dal tocco fluente e dall’intensa capacità narrativa. Il suo suo idioma multi-tasking affonda le radici nel jazz, nella musica eurodotta e nella tradizionali ballate per chitarra acustica, arricchendosi di influenze che spaziano dalla world music alle dinamiche espositive tipiche della sperimentazione contemporanea. «Myricae», il suo nuovo concept discografico, pubblicato da Abeat Records, è un’esplorazione variegata e ricca di anfratti emotivi che salda eleganza formale, raffinatezza compositiva e profondità indagatrice, la quale incrocia moduli sonori tradizionali e d’avanguardia. Un viaggio intimo e intenso, che vede come protagonista principale la chitarra nelle sue molteplici forme espressive.

Luca Falomi, un artista creativamente inquieto ed in continua evoluzione: chitarrista, compositore e arrangiatore di estrazione accademica, si è distinto negli anni per uno stile unico e multitematico, collaborando con Maria Pia De Vito, Franca Masu, Gino Paoli, Javier Girotto, Anna Oxa, Daniele Di Bonaventura, Petra Magoni e molti altri. I suoi progetti – da Naviganti e Sognatori a Esperanto – hanno ricevuto riconoscimenti dalla critica e si sono imposti come opere di notevole spessore nel panorama musicale italiano e internazionale. Attivo anche come direttore artistico di festival e rassegne, Falomi porta avanti con determinazione una fitta agenda di attività live con finalità sociali, trasportando la musica nell’impegno civile, attraverso collaborazioni con Emergency, Medici Senza Frontiere e la Comunità di Sant’Egidio.

Dopo un percorso ricco di collaborazioni importanti, premi e progetti di ampio respiro, Falomi sugella un disco personale e ispirato, arricchito da ospiti d’eccezione e accompagnato da suggestive liner notes che descrivono così l’anima del progetto: «Le chitarre di Luca si spogliano del superfluo per vestire la sostanza che rimanda all’anima e al cuore. […] «Myricae» è il boato del silenzio in risposta a quello provocato dal tempo che corre e scorre incessantemente, tra conflitti e scoperte, umanesimo e tecnologia». Un’opera strumentale tra poesia e radici. Composto da nove brani inediti, «Myricae» rappresenta un punto di arrivo e, allo stesso tempo, un nuovo inizio nel percorso artistico di Falomi. Come egli stesso racconta: «È un lavoro che ha come protagonista la mia chitarra, in tutte le sue sfumature, registrata in presa diretta o arricchita da interventi di produzione. È un’esigenza di esprimermi in modo sincero, tra scrittura e improvvisazione». «Myricae» è un album che racchiude due anime complementari, mutualistiche e compensatorie. Da un lato, la dimensione più intima, con brani in cui predomina la chitarra, i quali esaltano l’essenza sonora dello strumento e la nudità espressiva di Falomi, cruda ed evocativa, come in Sciarada ed Enigma. Dall’altro, una visione più collegiale, in cui i sodali e gli interventi di post-produzione arricchiscono l’intelaiatura sonora con cromatismi, timbri e trame più articolate: provate a sentire Solace o Ishtar. Dal punto di rottura e di sutura, tra l’immediatezza comunicativa e la complessità degli arrangiamenti, piccoli affreschi dalla pennellata tenue s’irraggiano in ogni direzione, attraverso un itinerario sonoro profondo e avvolgente; basta ascoltare Les Amours Imaginaries o Peace Song; così ogni composizione trova la sua identità fra introspezione e apertura verso l’esterno, mantenendo costantemente la chitarra sull’asse del fulcro narrativo, passando attraverso Studio#1, Stefano e Irene o Step On Time, ricamata dalla voce di Giulia Beatin.

Il titolo del disco si riferisce alla raccolta poetica «Myricae», cioè «Tamerici», celebre raccolta di poesie di Giovanni Pascoli, che a sua volta rimanda alla quarta bucolica di Virgilio, per sottolineare il concetto di una musica apparentemente semplice (come le umili tamerici), che narra idealmente di temi familiari, vita quotidiana e affetti intimi, ma è anche una dedica personale al padre dell’artista, figura fondamentale nel suo percorso musicale. Proprio grazie a una scatola di vecchie audiocassette registrate dal padre durante l’adolescenza, Falomi riscopre il valore delle «piccole cose» e lo traduce in un idioma musicale profondo e quotidiano. Registrato presso gli Artesuono Recording Studios con la produzione artistica condivisa tra Luca Falomi e Stefano Della Casa, il disco vede la partecipazione di: Giovanni Ceccarelli al Fender Rhodes, Marco Fadda alle percussioni Giulia Beatini alle voci, oltre allo stesso Falomi, il quale suona una varietà di chitarre (classica, acustica, elettrica, baritono, 12 corde) e basso. Il modus operandi di Falomi, per tutto l’album è segnato da un forte senso dell’orientamento melodico e dalla capacità di sviluppare atmosfere suggestive, in cui la chitarra diventa scenario, story teller e suggeritore di emozioni.

Luca Falomi

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