«Christmas Time», l’album natalizio di Antonio Faraò
// di Guido Michelone //
È forse il più internazionale (o internazionalista) dei jazzisti italiani: la sua fulgida carriera può vangare collaborazioni con (in ordine alfabetico) John Abercrombie, Franco Ambrosetti, Dee Dee Bridgewater, Terry Line Carrington, Palle Danielsson, Chico Freeman, Richard Galliano, Bob Mintzer, oltre quelli da lui citati. Ma la ciliegina sulla torta arriva ora con il classico album natalizio che però solo alcuni jazzmen italiani possono permettersi. Il risultato, come per la sterminata discografia a proprio nome dall’iniziale Black Inside (1998) al coraggioso Eklektik (2017) è più che convincente.
D Ciao Antonio, come mai un tuo disco natalizio, che almeno in Italia è una rarità fra i jazzisti?
R È nato tutto da un arrangiamento di “Jingle Bells” che ho fatto qualche anno fa rimasto poi nel cassetto e da un brano che ho composto su un’idea gospel “Christmas Time”. Ho messo insieme i pezzi e ho pensato di realizzare un intero disco sul Natale. Ho voluto coinvolgere Mario Rosini che ha una bellissima voce e un approccio artistico da musicista. A parte questi due brani sono rimasto fedele a uno stile tradizionale senza agire in modo eccessivo sugli arrangiamenti.
D Ritieni il cosiddetto Christmas Album un genere musicale a sé oppure il momento di una ricorrenza speciale (il Natale) o altro ancora?
R È sicuramente una ricorrenza speciale legata alla famiglia, un’atmosfera particolare, un momento in cui si ferma il tempo. Io sono credente per me la tradizione cristiana è sacra.
D Hai giustamente privilegiato oltre 3 standard natalizi celeberrimi altri brani meno noti, ma proprio per questo molto fascinosi: come sei approdato a questa scelta?
R “Quanno nascette Ninno”, ad esempio, è un brano che mi ha proposto Mario per il quale ha fatto l’arrangiamento, io sono intervenuto sulla prima parte. È un brano molto popolare che non penso in molti abbiano mai arrangiato in chiave jazz.
D C’è anche una tua composizione: come l’hai scritta e perché?
R L’altro brano, “Christmas Time”, è un inedito che ho composto qualche anno fa. Ero a un soundcheck e stavo suonando con Benny Golson. L’allora batterista Sangoma Everett dopo averlo ascoltato ne rimase entusiasta e mi suggerì di aggiungere le parole, inizialmente il brano era solo strumentale. Ci sono stati diversi tentativi di farlo uscire ma non ero mai sodisfatto del risultato. Adesso si è presentata l’occasione, ho fatto mettere le parole a Mario e abbiamo finalizzato il brano.
D Il songbook o repertorio in origine è di brani cantati: come li hai approcciati da pianista per un album quasi totalmente strumentale?
R Era un progetto che avevo in testa da tempo. Penso ci siano dei bellissimi testi cantati su brani natalizi, quindi ho voluto anche io inserire una voce. “Christmas Time” è un disco accessibile a un gran pubblico mantenendo sempre un livello artistico.
D Ti ritieni soddisfatto del disco?
R Mi sembra sia uscito un bel lavoro. E’ un progetto che con Mario porteremo sicuramente avanti.
D E per finire parlarci dei tuoi impegni artistici nell’immediato presente e nel prossimo futuro?
R Ho in programma dei concerti con il progetto “Tributes”, un tour con John Patittucci e Gene Jackson a maggio e altre date con Jeff Ballard tra cui il concerto in occasione di Bergamo Jazz. Sto lavorando con il gruppo americano “McCoy Tyner Legends”, per celebrare la musica di uno dei più grandi pianisti della storia del jazz. Sarò anche al Blue Note a gennaio col mio trio per una serata speciale in occasione del mio sessantesimo compleanno che vedrà alcuni ospiti a sorpresa.
D Anche se i jazzofili sanno tutto di te, vogliamo concludere con qualche tuo cenno biografico? Come hai iniziato nel jazz?
R Sono cresciuto a Milano avevo un anno quando mio papà è stato trasferito per motivi di lavoro eh sono insomma cresciuto musicalmente a Milano insomma quindi ho avuto contatti con diversi artisti americani quando frequentavo il Capolinea avevo quindici-sedici anni poi ho suonato con diversi americani quindi ho frequentato Le Scimmie, in realtà mi sono esibito alle Scimmie appena hanno aperto, l’ho fatto con il quartetto di Claudio.Fasoli.
D Da lì si può dire che sia cominciata la tua escalation?
R Anche lì insomma ho avuto modo di suonare con altri musicisti, quindi son stato chiamato da jazzmen americani, negli anni ho avuto occasione di suonare molto all’estero e comunque assieme a qualche nome di livello internazionale. Nei miei dischi da leader c’è genete via via come Ira Coleman, Jeff “Tain” Watts. Daniel Humair, Jack DeJohnette, Drew Gress, Chris Potter. Bob Berg, Miroslav Vitous, Dominique Di Piazza, André Ceccarelli, Darryl Hall, Joe Lovano, Snoop Dogg, Marcus Miller, Bireli Lagrène, Manu Katché, Didier Lockwood, Lenny White.