Sinfonia nº 2 – Dos Orixás, quando il senso di brasilianità cerca di fondersi con i procedimenti della musica accademica tardo-novecentesca

Almeida Prado
// di Gianni Morelenbaum Gualberto //
“Personalmente ho ricevuto da Mário [de Andrade] la consapevolezza della necessità di fare musica brasiliana. Ma questa consapevolezza mi ha portato a meditare sulla ragione di un’arte autenticamente brasiliana. Per me, sarebbe stata al passo con i tempi: utilizzando l’essenza del folklore, uno studio approfondito della ritmica e della melodia di tutte le regioni del Brasile; comprendendo ciò che accade in altre zone, per assorbire tutto ciò che è della gente, manifestazioni di gioia, tristezza, malinconia, tutto ciò che si manifesta in tutto ciò che è popolare, psicologia popolare; ricercando la fauna, la flora e i rumori del nostro ambiente naturale. Conoscendo le influenze sulla nostra cultura a tutti i livelli: folklore urbano, televisione, radio, riviste popolari, fotoromanzi, musica commerciale, jingle, ecc”.
Allievo di Dinorah de Carvalho, Osvaldo Lacerda, Camargo Guarnieri, Nadia Boulanger e Olivier Messiaen, il compositore brasiliano José Antônio Rezende de Almeida Prado (Santos, 8 febbraio 1943 — São Paulo, 21 novembre 2010), di manifeste inclinazioni per un atonalismo vicino a talune avanguardie storiche europee (era stato attratto da Boulez, Stockhausen, Dallapiccola, Copland), fu al contempo fortemente attratto lungo la sua esistenza di artista e intellettuale dall’esigenza di esprimere le peculiarità della peculiare tradizione culturale brasiliana, soprattutto le influenze africane di cui essa è permeata. Come ebbe a scrivere nel 1974 a Nadia Boulanger: “Il Carnevale è stata una vera festa! (…) Ho ballato molto. (…) Sono veramente brasiliano, perché i ritmi li avverto sulla mia pelle. Per me è irresistibile. Tutti ballano, siamo felici come bambini”.
Esprimere la “brasilidade”, la brasilianità, è stato d’altronde un tema assai caro agli artisti brasiliani del Novecento, presi, come altri autori negli Stati Uniti e nelle Americhe in generale, dall’esigenza di ideare un linguaggio originale ma riconoscibilmente nazionale e non-eurocentrico in cui potesse identificarsi una popolazione estremamente composita. Non casualmente, Almeida Prado rivendicava le influenze nazionaliste ricevute attraverso l’insegnamento di Dinorah de Carvalho e di Mozart Camargo Guarnieri: “Non ho mai disprezzato quelle basi nazionaliste, perché le considero delle fondamenta radicate: dobbiamo avere un piede nel cortile di casa e uno nel mondo”. Fra i tanti lavori in cui il senso di brasilianità cercava di fondersi con i procedimenti della musica accademica tardo-novecentesca, la Sinfonia nº 2 – Dos Orixás, scritta tra il 1985 e il 1986 e presentata nel 1987 è uno dei più riusciti quanto dei più espliciti, grazie anche ad una sontuosa e abile orchestrazione.
L’opera è in tre movimenti (“Chamado aos Orixás (Ritual Inicial)”, “Manifestação dos Orixás” e “Ritual Final”), il movimento centrale è suddiviso in diciassette parti, in cui si ascoltano quindici canti degli orixás (divinità adorate nel candomblé), oltre a due interludi: ciononostante, la musica scorre senza apparenti interruzioni. Molti dei materiali melodici e ritmici presenti nel lavoro provengono da materiali raccolti dalla moglie dell’autore, Helenice Audi, che all’epoca della composizione della sinfonia frequentava un centro per lo studio e la pratica dell’umbanda (fusione sincretica risalente ai primi del Novecento fra candomblé, spiritismo e tradizioni cattoliche). La visione degli Orixás da parte del compositore è caratterizzata da un non inconsueto sincretismo religioso con il cattolicesimo locale. Per ogni orixá Almeida Prado fa riferimento al corrispondente santo cattolico, con l’esclusione, inizialmente, di Exu che, secondo l’interpretazione cattolica, rappresenterebbe il diavolo. Tuttavia, per la credenza Yorùbá, l’invocazione di Exu è fondamentale per ogni rito, poiché è lui che crea il collegamento tra gli uomini e gli Orixás, e il compositore decise di aderire alla tradizione, per quanto l’esecuzione di tale sezione sia rimasta facoltativa.
Se esaminiamo la struttura generale, la Sinfonia dos Orixás assomiglia piuttosto a una suite, con un movimento introduttivo e uno conclusivo. Tuttavia, il modo in cui il compositore costruisce lo sviluppo tematico del lavoro giustifica la definizione di “sinfonia”. Due temi principali dialogano in tutta l’opera. Il tema degli orixás femminili nasce da un motivo di tre note, intonato dai corni e dalle trombe proprio all’inizio di “Chamado aos Orixás”, e si sviluppa nel corso della sinfonia, laddove il tema degli orixás maschili subisce un processo opposto: viene presentato come tema completo dal corno inglese in “Oxalá I” e si diluisce fino a ridursi a due sole note nel “Rituale finale”. Le melodie, facilmente riconoscibili, scorrono, si succedono e si sovrappongono, ma notevoli sono la scrittura ritmica e la presenza di una nutrita sezione di strumenti a percussione. L’ampio movimento centrale include sezioni assai differenziate, come il sonoro “Obatolá”, il breve e quasi statico “Ifá”, il pulsante “Ogum-Obá”, il lirico “Ibejí” e il danzante “Iansã”. “Manifestazione degli Orixás” si conclude con la luminosa ‘Oxumarê’, che prepara al ‘Rituale finale’. In questa corale conclusione, gli strumenti entrano per gruppo: prima gli ottoni, seguiti dagli archi, dalle percussioni e dai legni. Ognuno di essi esegue un motivo e lo ripete incessantemente, fino a quando tutti si riuniscono in un accordo brillante e sonoro che chiude la Sinfonia.
Secondo lo stesso Almeida Prado, la sinfonia era simbolo del suo rapporto con la fede religiosa, come ebbe a dichiarare in un’intervista dei primi anni 2000: “Quella afro-brasiliana non è stata un’esperienza mistica, ma estetica. Non mi interessano le religioni come atti di fede. Trovo molto bello il rituale del Candomblé, gli abiti, i temi, l’ossessione, i tamburi, il legame con la terra, molto primitivo. Tutto questo mi ha incantato quando ho composto Sinfonia dos Orixás. Rispetto chiunque creda in qualsiasi religione. La divinità di Gesù è in ogni religione. Se Dio è in ogni cosa, lo Spirito Santo agisce anche nel Candomblé – per coloro che credono. Quando si tratta di rispettare tutte le religioni, sono ecumenico”.