…un affresco multiforme ravvivato da pennellate multi-cromatiche, dove l’inquietudine tensioattiva di sonorità molteplici si placa in dimensione altra fatta concretezza esecutiva e strumentale.

// di Francesco Cataldo Verrina //

C’era una volta la fusion-jazz, ma ora non c’è più, soprattutto in virtù del fatto che, oggigiorno, quasi tutti preferiscono la definizione «crossover», un termine fortunato ma piuttosto generico. O tempora o mores, dicevano i Latini! Crossover è una locuzione alquanto (ab)usata nella narrazione giornalistica, poiché indica l’uso di elementi presi in prestito da differenti generi e che oltrepassano i confini convenzionali della musica e dei suoi stili. L’album «100% Cottone» di Mauro Cottone potrebbe rientrare in questa tipologia di categorizzazione, ma sicuramente c’è di più. La definizione di crossover potrebbe essere legata ad un concept musicale che ottiene consenso anche presso un pubblico più generalista ed onnivoro, spesso più popolare. Ad esempio, particolari opere jazz che diventano gradite a chi ascolta musica pop. Al contrario, nel disco di Mauro Cottone, musicista dal background ricco di esperienze trasversali, non c’è mero calcolo, banalizzazione, imbastardimento del linguaggio o abbassamento del livello di guardia, ma piuttosto un abile tentativo di coabitazione di stilemi molteplici che dal jazz vanno verso il rock underground, il groove hip hop-funk, atmosfere urbane, elettroniche e contemporanee, senza tralasciare talune influenze eurodotte. Il tradizionale termine «fusion», che spesso sfugge alle nuove generazioni di recensori, meglio si attaglia al melting-pot sonoro di Cottone e soci, i quali non scendono mai a compromessi con un abboccato ed impomatato poppish-taste da airplay radiofonico, ma gravitano intorno al jazz nell’accezione più larga del termine e ad alcuni territori finitimi.

Dopo aver contribuito alla buona riuscita di numerosi album come sideman, collaborando con Peter Bernstein, Francesco Cafiso, Ben Van Gelder, Mario Biondi e molti altri, Mauro Cottone ha deciso di prendere in mano il proprio destino e cercare una dimensione da solista: «100% Cottone», edito dall’olandese ZenneZ Records, rappresenta certamente il punto di svolta nella sua carriera, evidenziandone anche un’ottima verve compositiva. Sette brani originali eseguiti in quartetto con alcuni strumentisti a rotazione: Xavi Torres, Youngwoo Lee e Emanuele Pellegrini Pianoforte/Synths, Teis Semey e Gonçalo Neto Chitarra, Mauro Cottone Contrabbasso e Jamie Peet batteria. Sin dalle prime battute non è difficile capire che Cottone sia un musicista onnivoro capace di digerire facilmente lemmi e meta-linguaggi molteplici inglobando, in maniera razionale ed equilibrata, l’approccio trasgressivo degli americani The Bad Plus, le produzioni innovative del bassista e produttore danese Petter Eldh, ma anche il lirismo del cantautorato alternativo e contemporaneo. Il contrabbassismo di Cottone è di tipo dominante e non nasconde l’influenza di Charlie Haden o di Larry Grenadier. Durante le fasi improvvisative il rapporto con il pianoforte è decisamente privilegiato lasciando trasparire un solido basamento formativo di tipo jazzistico che, di tanto in tanto, guarda nello specchietto retrovisore, mentre l’incontro-scontro tra l’impianto acustico e le strumentazioni elettriche, chitarra e sintetizzatori, sviluppa un mélange di sonorità post-moderne, talvolta sospese ed oniriche, proiettate verso il futuro,

Tra melodie facilmente combustibili e cadenzati groove, le sette tracce – tutte farina del sacco di Cottone – appaiono legate idealmente da un fil rouge che rende l’album simile a viaggio a tappe, pur mettendo in luce un’opulenza creativa fatta di cromatismi cangianti e sfumature mutevoli. Il modus operandi del quartetto, a cui Cottone impone la sua tabella di marcia, diventa un autentico antidoto alla noia. Il contrabbassista palermitano fonde a caldo una serie di input provenienti da quattro punti cardinali dello scibile sonoro per giungere ad un costrutto organico, ma difficilmente recintabile o circoscrivibile, in cui le intelaiature più classiche cedono il passo o abdicano a favore di piccoli gioielli sintetici come «On The Clouds», dove le note si disperdono nell’aria come polvere cosmica, al punto da diventare un raccordo tra universi sonori apparentemente distanti nel tempo, senza mai, però, perdere il contatto con l’attualità. L’abile gioco di amalgama si estrinseca attraverso composizioni meticce come «Surfing», dal taglio scanzonato e clownesco, dove il contrabbasso s’invola in un’improvvisazione calibrata ed esplorativa. La fusion è compromesso, così la conclusiva «A Ballad» ne diventa l’epitome, implementando un’architettura fitta di trame melodiche ed interstizi armonici, in cui il pianoforte e il contrabbasso si scambiano doni di nozze, sostenuti da un elegante retrocontrollo ritmico fornito dalla batteria e dalla chitarra. Non è da meno l’iniziale «Arpeggio», in cui il contrabbasso assume il ruolo di io-narrante con una modularità quasi cinetica. Entrambe le composizioni racchiudono l’album in un involto romantico e floreale.» In Butterflies Dance» ci sono tutti i contrafforti di una fusion dal vago sapore seventies, così come «Time And Time Again In The Rain» assume le sembianze di una new wave progressiva, a metà strada tra Battiato e i Talking Heads. «March 2222» unisce ambientazioni soffusamente cameristiche ad un zampillio pianistico di tipo jarrettiano, con il contrasto di una ritmica al piccolo trotto che ne fa evaporare l’eccesso diabetico-zuccherino. «100% Cottone» di Mauro Cottone è un affresco multiforme ravvivato da pennellate multi-cromatiche, dove l’inquietudine tensioattiva di sonorità plurali si placa in dimensione altra fatta di concretezza esecutiva e strumentale.

Mauro Cottone Band

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