«Composit» di Giovanna Magro Feat. Giovanni Mazzarino, un legame quasi ombelicale tra interpretazione e composizione

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Il lavoro sulla voce da parte della Magro è intersezionale: la cantante siracusana riesce ad incunearsi perfettamente fra le armonie sviluppate dalla retroguardia portando la melodia ad una temperatura di ebollizione emotiva costante, dove le parole sembrano succhiare l’anima alla musica.

// Francesco Cataldo Verrina //

Il canto nel jazz è quella cellula inquieta che sfugge spesso alla fisicità centripeta del costrutto ritmico-armonico e si apre verso l’esterno senza dissimulare la componente più sentimentale ed intima della musica improvvisata. Il canto nel jazz ha avuto in passato funzioni ludico-evasive ed i puristi, specie durante l’era bebop hanno sempre considerato l’uso della voce come un orpello talvolta superfluo. Giovanna Magro ha un’inclinazione naturale al canto jazz, ascoltando il suo primo lavoro «Composit», se ne intuiscono immediatamente i pregi e le qualità. Esistono molti prodotti dove una cantante, più o meno di belle speranze, decide di farsi accompagnare da musicisti jazz, riuscendo al massimo a creare un’atmosfera da jazz club affumicato, languido e nostalgico. Per converso, nell’habitat sonoro di «Composit», la voce è la porta d’ingresso al progetto, ma possiede anche le chiavi di casa e si fonde amabilmente all’elemento strumentale, divenendo un tutt’uno con la narrazione.

Giovanna Magro alterna momenti di intensa introspezione emotiva a momenti di libertà tematica che raccontano storie. Ad esempio «Where Do I Start?», uscito come singolo anticipatore dell’album, racconta in prima persona le vicissitudini di una giovane donna che si interroga sulla propria vita, che sogna di andare oltre l’orizzonte del consueto e del noto, come tante altre donne prima di lei, per cercare un avvenire migliore. Le parole della cantante siciliana sono alquanto eloquenti: «L’idea nasce da una composizione del Maestro Mazzarino, mentre «Shades», mi ha ispirato la storia di una giovane donna che lascia tutto, la sua terra e i suoi cari, per cercare un avvenire migliore in America. Fenomeno che portò anche alla nascita del Jazz. Ho vissuto parecchi mesi in Spagna e anche io, come la protagonista del disco, ho accarezzato svariate volte l’idea di lasciare tutto e iniziare una nuova vita lì». Non a caso nell’album s’incrociano idealmente storie di partenze e di arrivi, le grandi emigrazioni verso le Amerindie. Le navi che da Palerrmo approdavano direttamente a New Orleans, terra del jazz, a cui i Siciliani, all’epoca considerati dalle autorità «Italiani di colore», contribuirono apportando i suoni della mediterraneità: da «Arborway» a «Bolivia» la vocalità cristallina ed esplorativa di Giovanna Magro diventa uno scanner che esplora luoghi, mondi vicini, lontani, terre di confine evocando suggestioni e sentimenti molteplici.

Pubblicato dall’etichetta Jazzy Records, «Composit», pur essendo un album d’esordio possiede un ottima quadratura ed un effetto quasi concept . Le varie composizioni, pur provenendo da autori sembrano allineate sulla stessa linea di demarcazione espositiva ed esecutiva, in cui emerge rapidamente il legame quasi ombelicale tra interpretazione e composizione. L’album si sostanzia come vetrina di autori contemporanei, da Tom Harrell a Enrico Pieranunzi, da Steve Swallow allo stesso Giovanni Mazzarino), le cui musiche sono fluidificate dalle convincenti liriche dalla Magro. Il tento funge da catalizzatore verso l’esterno implementando la forza d’impatto verso l’esterno, in special modo la componente melodica ne esce rinvigorita e più facilmente intercettabile anche dal fruitore più distratto. Giovanna Magro, classe 1994, lentinese di nascita, sceglie di raccontare la sua un stori fatta di tante piccole storie, supportata da un line-up che costituisce buona parte dell’eccellenza del jazz siciliano contemporaneo: quello dei musicisti navigati e quello degli emergenti il pianista e compositore Giovanni Mazzarino, nonché arrangiatore dell’album, intorno al quale si coagula un coriacea sezione ritmica costituita da Alberto Fidone al contrabbasso, Peppe Tringali alla batteria e, last but not least, il giovane e talentuoso chitarrista Carlo Alberto Proto.

Il lavoro sulla voce da parte della Magro è intersezionale: la cantante siracusana riesce ad incunearsi perfettamente fra le armonie sviluppate dalla retroguardia portando la melodia ad una temperatura di ebollizione emotiva costante, dove le parole sembrano succhiare l’anima alla musica. Ed ecco il caldo afflato di «Beatriz» di Chico Buarque, ed ancora una splendida versione «Nightbird» di Pieranunzi, o «Glass Mystery» di Tom Harrell, dove il jazz mantiene tutta la sua appuntita capacità di penetrazione. Due parole vanno all’ottima confezione del CD, rifinito graficamente e con un ricco booklet descrittivo dei testi delle canzoni e delle fasi della realizzazione in studio con le foto curate d Paolo galletta e Vincenzo cavalli. Al netto del package esterno ed estetico, «Composit» è un ottimo pacco regalo per gli amanti del canto nell’ambito del contemporary jazz, per quanto la lezione del passato non viene del tutto ignorata e qualche sguardo nello specchietto retrovisore non manca.

Carlo Alberto Proto, Giovanna Magro, Valentina Gramazio (Jazzy Records), Giuseppe Tringali, Alberto Fidone, Giovanni Mazzarino. Paolo Galletta

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