Non solo jazz: A Manchester con gli Smiths: un walkabout musicale di Giuseppina Borghese

0
smiths-the

// di Guido Michelone //

Nell’ambito dell’editoria italiana una delle collane più interessanti, creative, originali è senza dubbio Passaggi di dogana dell’editore Giulio Perrone, in cui gli autori (tutti italiani) si cimentano a descrivere importanti città dello Stivale, dell’Europa e del mondo, attraverso i luoghi frequentati o vissuti da personaggi illustri: capita quindi di “visitare/leggere” Lisbona “accompagnati” dal romanziere Antonio Tabucchi (per la firma di Lorenzo Pini), Parigi con la scrittrice Colette (Angelo Molica Franco), Napoli con il comico Totò (Loretta Canonici), Genova con il cantautore Fabrizio De André (Giuliano Malatesta) e via dicendo. Sono al momento editi 40 titoli che riguardano in particolare i percorso letterari, avendo come guide soprattutto celebri narratori novecenteschi: ad esempio ancora Parigi viene ripresa altre due volte grazie a Marcel Proust (Luigi La Rosa) e agli americani Hemingway e Cortázar (Nicola Ravera Refele). Sarebbe però interessante vedere quale mattatore il jazz, dato che città come New Orleans, Kansas City, Chicago o la newyorchese Harlem – per non parlare di Memphis con il blues o Nashville per il country – simboleggiano e spesso mitizzano la musica attraverso locali, bar, nightclub, postriboli, dancefloor, ma anche strade o vicoletti o interi quartieri. Tuttavia il 41º libro – al momento l’ultimo – vede forse la città meno turistica, rispetto alle altre, la britannica Manchester in compagnia addirittura di una rock band, gli Smiths: a parlare è la giovane bellissima Giuseppe Borghese, giornalista e collaboratrice della Gazzetta del Sud e di Minima&Moralia.

A Manchester con gli Smiths un walkabout fa il botto: uscito all’inizio dell’anno risulta oggi tra i più presentati dal vivo con l’autrice (quasi sempre coadiuvata da opportune sonorizzazioni) in librerie, club, circoli, persino discoteche e centri sociali. La fortuna del volume – il più citato, sui social, fra quelli pop, rock, folk, jazz in tutto il 2023 – risiede nella sua unicità: racconto di viaggio, ma anche saggio, réportage, diario, pamphlet, che, oltre la scioltezza della prosa, sa imprimere alla scrittura una forte carica passionale (spesso critica e autocritica), senza però mai indulgere all’emotività via via bolsa, radicale, insulsa che pervade i rapporti tra giovani e rock quando occorre tradurre in libro un’esperienza più o meno fondativa.

Giuseppina Borghese illustra Manchester attraverso gli Smiths (e viceversa), ma svela tanto anche di se stessa, proponendo indirettamente un ritratto generazionale, nella consapevolezza della lontananza storica dai soggetti argomentati. Manchester come città industriale – la prima al mondo, già inizio Ottocento – non esiste più, così come gli Smith; il quartetto pèost-punk, che viveva della dialettica spesso feroce tra i due co-leader Morrissey e Mara, diventa un mito già dagli anni ‘80, con i chiaroscuri legati ai turbamenti sinceri, ma anche narcisistici del loro cantante/poeta. Per l’autrice, come a tutti i fan, oggi l’abiura di Morrison verso i propri trascorsi laburisti a favore di un conservatorismo becero, attratti persino razzista, testa preoccupazione, dolore, fraintendimento.

Ma, in fondo, anche se non lo dice apertamente, Manchester è un po’ come Morrissey: nonostante il giudizio positivo, la città oggi giorno, pure interessantissima, è un coacervo di contraddizioni, dove restano netti i dislivelli tra poveri e ricchi, antico e moderno, periferia e centro. Manchester di Giuseppina Borghese resta però anche la metropoli della sperimentazione e, per certi versi, dell’accoglienza, in grado di recepire o anticipare le novità e le mode in fatto soprattutto di rock music: Hollies, Bee Gees e Herman’s Hermits per il beat dei Sixties, Joy Division, New Order e Simply Red per il dopo new wave, Stone Roses, Inspiral Carpets e Happy Mondays per la cosiddetta Madchester degli Eighties, e infine gli Oasis per il brit-pop. “A Manchester si muove tutto, anche le case” conclude filosoficamente Giuseppina Borghese.

Giuseppina Borghese

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *