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Astor Piazzolla

Guardato con sospetto dalla musicologia, il bandoneista e compositore argentino necessiterebbe al più presto di un lavoro di approfondimento, di certo arduo a causa dell’imponente mole di lavori sia realizzati (oltre mille partiture) in circa mezzo secolo di carriera sia usciti a posteriori (anche qui a centinaia) da parte di ogni genere di interpreti.

// di Guido Michelone //

Sulla figura e sull’opera di Astor Piazzolla – nato a Mar del Plata l’11 marzo 1921 e deceduto a Buenos Aires il 4 luglio 1992 – regna ancora parecchia confusione a livello critico e socioculturale, soprattutto nell’ambito della storia della musica (dentro o fuori il jazz): scoperto post mortem da un pubblico di massa, saccheggiato dalla pubblicità, guardato con sospetto dalla musicologia, il bandoneista e compositore argentino necessiterebbe al più presto di un lavoro di approfondimento, di certo arduo a causa dell’imponente mole di lavori sia realizzati (oltre mille partiture) in circa mezzo secolo di carriera sia usciti a posteriori (anche qui a centinaia) da parte di ogni genere di interpreti.

Purtroppo il notevole DVD The Next Tango, metà biografia, metà concerti, uscito nel 2007 per la prestigiosissima Deutsche Grammaphon non aggiunge molto a ciò che già si sa: diretto nel 1986 da José Montes-Baquer, il filmato presenta subito l’intervista, dove Piazzolla racconta se stesso, la propria filosofia musicale, le difficoltà – soprattutto in patria – a far conoscere il Tango Nuevo. Il cosiddetto tango nuovo può essere ed è tante cose, anche solo nel caso di Piazzolla, ad ascoltare i moltissimi dischi da egli stesso incisi, tra gli anni Sessanta-Ottanta a Parigi, o in Italia, Germania, Stati Uniti. Tango Nuevo in lui sa di tante cose non solo di di jazz, ma anche di classica, di world, di neo-folk, di sperimentazione. Nel DVD prevale il Piazzolla classicheggiante di Adiós Nonino, del Concerto for Bandoneon, String Orchestra and Percussion e del Double Concerto for Guitar, Bandoneon and String Orchestra. E trattandosi della più blasonata etichetta classica, è quindi lecito attendersi un approccio ‘colto’: e per chi ama una sorta di tango sinfonico le tre impeccabili esecuzioni vantano belle riprese televisive con un 5.1 Dts surround di ottimo livello. Piazzolla è certamente il tipico personaggio sudamericano che, da artista, si interessa ai possibili legami tra dotto, urbano e popolare, iniziando dalle proprie radici culturali che riguardano il fenomeno più europeo di tutte le sonorità afroamericane: il tango! Di lui, analizzando per esempio III. Night Club, il terzo movimento dall’Histoire du Tango (1960) viene in mente un proverbio, o meglio ancora un vecchio detto argentino che rivela: ‘Tutto in Argentina può cambiare, tranne il tango!’. Ebbene, Astor quale bandoneonista, performer compositore, bandleader dimostra che, in effetti, questo detto non è vero. Egli ovviamente cresce nei quartieri popolari a Buenos Aires, maturando, a livello di musicista, con il tango delle orchestrine.

Quando si rivela una promessa nello scrivere tanghi, Piazzolla affina la propria tecnica studiando dapprima in loco con il grande Alberto Ginastera, e in seguito a Parigi con la celebre didatta Nadia Boulanger; ed è proprio lei a convincerlo a comporre ciò che meglio conosce: il tango. Astor quindi contribuisce a forgiare lo stile sopraccitato del Tango Nuevo , che in parole povere, come già detto, combina la danza e la canzone urbane con la classica contemporanea e il jazz internazionale. In Histoire du Tango – che appunto ripercorre la vicenda tanguera – in origine per flauto e chitarra viene quindi evocata ‘La Storia’, dimostrando che il tango risulta in perenne transizione; infatti in questo terzo movimento l’autore evidenzia come il jazz – eseguito nei locali notturni di Buenos Aires durante i Sixties – inizi a farsi breccia nel tango popolare. Persino in questo articolo dunque si pone l’annosa questione: la musica di Piazzolla è (anche o solo) tango, classica o jazz? Forse lo è per essere sempre più frequentemente eseguita e registrata da parte di interpreti provenienti – anche in Italia – dagli ambienti colti, dotti, conservatoriali. Facendo quindi un prelievo di alcuni dischi usciti tra il 1999 e il 2019 balza subito all’evidenza il fatto che i brani di Astor (a loro volto suddivisibili in colti e popolari) siano suonati per così dire in tutte le salse, spesso in compagnia di altri esponenti storici del tango argentino. Ad esempio nel 2023 appare Volver (Stradivarius) del Fairy Guitar Quartet dove affrontare il tango in maniera dotta con un ensemble di chitarre classiche (Francesco Fausto Magaletti, Roberto Mercorio, Mariapia Napoli, Francesco Smirne) potrebbe apparire strambo, in realtà non è così: da un lato la decisa musicalità dei brani delle origini (nove in tutto a firma Gardel, Troilo, Ramirez, Leguizamón, Toro) viene mutuata in delicato lirismo; dall’altro lato i restanti pezzi di Piazzolla di fine Novecento sono già concepiti per trasformare la primigenia carica erotica in rispettosa accettabile cultura, senza rinunciare a prerogative etniche.

Un anno prima (2022) la scritta Astor Piazzolla figura al centro della copertina di Porto of Call. Buenos Aires (Anakleta), dove tre composizioni dotte – Obilivion, Histoire du tango, Las quatros estaciones porteñas – del bandoneon di Mar del Plata vengono omaggiate per pianoforte (Louise Bessette), violino (Marc Djokic), violoncello (Chloé Dominguez), dal progetto ‘Un piano autour du monde’ per lo specifico Escale à Buenos Aires: una musica sofisticata dalle radici popolari viene quasi riscritta onde far risaltare un’oggettiva postmodernità, in grado di riflettere tanto il barocco di Bach quanto il tango-canción di Carlos Gardel. Nel 2020 in Piazzolla nei riflessi della parola (EMA Records) il viruoso jazz Ivano Battiston (fisarmonica e adattamenti) e la solista classica Marina Popadič (pianoforte e poesia) interpretano 12 celebri pezzi del compositore bandeonista porteño, restituendone lo spirito originario nell’essenzialità performativa, mantenendo costantemente i ritmi lenti e le melodie sussurrate, onde marcare a fondo lo spleen argentino. In più, Marina, anche nota poetessa in lingua serba, compone su ogni brano altrettante liriche in italiano, quasi a tradurre in parole l’arcana vitalità del tango moderno nel rapporto uomo/donna, eros/thanatos. Quello dell’incontro fra tango e jazz è un discorso iniziato dallo stesso Piazzolla, quando ormai vicinissimo alla gloria internazionale, incontra proprio in Italia un Gerry Mulligan: dal 24 settembre al 4 ottobre 1974 nel milanese Mondial Sound Studio Gerry suona con Astor il quale, all’epoca, si sta liberando definitivamente del tango ballabile e canzonettistico per farne uno stile dotto, intimo, classicheggiante, utilizzando il bandoneon quale strumento solista in interazione via via con un’orchestra o anche solo un altro musicista. Ed è quanto avviene, sotto quest’ultima angolazione, con l’album Nuevo Tango (poi definitivamente ribattezzato Summit-Reunion Cumbre) arricchito dalla presenza di otto jazzisti sia italiani sia argentini. Una sezione d’archi conferisce un’aura in parte third stream music al 33 giri che presenta sette composizioni di Piazzolla (più una di Mulligan): Gerry improvvisa al baritono, creando, con Astor, senza saperlo, uno dei primi esempi di world jazz, in un curioso parallelismo di quegli anni con le vivaci performance del gruppo di un altro sassofonista e un altro argentino, Gato Barbieri, votato invece alla protesta terzomondista.

Piazzolla ripete l’sperimento solo quindici anni dopo con un altro grande jazzman bianco il vibrafonista Gary Burton nell’album dal titolo The New Tango (WEA 1989). Astor ormai – con questo e altri lavori in una discografia davvero estesissima, impossibile da riassumere anche perché, da allora al 2025, continuano a uscire inediti – riporta in auge il tango al di fuori dell’Argentina, dove da sempre non è solo il ballo preferito, ma l’arte e la cultura nazionale per eccellenza, al punto da guadagnarsi, qualche anno dopo, la qualifica di Patrimonio UNESCO dell’Umanità quale bene immateriale, al pari di musiche come il blues e il jazz o di autori quali Bach e Mozart. In quest’album con Burton Piazzolla agisce in una inedita prospettiva musicale, coniugando alcuni aspetti tipici con nuove esigenze intellettuali: Astor in fondo – giusto per rimarcare il discorso su cosa è jazz e cosa no – è un ricercatore, un autore, un solista, un avanguardista, che del tango esalta il côté malinconico e struggente in strutture ardite sul piano compositivo. In questa registrazione dal vivo durante il Festival di Montreux in sestetto il bandoneonista incontra l’eclettico vibrafono post-bop di Gary (più violino, pianoforte, chitarra, contrabbasso) esplorando quasi tutte le possibilità di interazione fra il tango e le atmosfere cameristiche new cool, con risultati entusiasmanti anche sul piano comunicativo.

In Italia invece nel 2016 si assiste a un memorabile incontro fra due maestri della tastiera come Bruno Canino e Enrico Pieranunzi in Americas (CAM Jazz): tra le migliori uscite discografiche degli anni Dieci, il CD offre una musica senza confini, tra poesia e spirito, colto e popolare dove le Americhe mettono per la prima volta insieme un grandissimo interprete classico (Canino) e un insigne versatile jazzman (Pieranunzi): entrambi pianisti, sono accomunabili non solo per lunghe prestigiose carriere, ma soprattutto per il fatto che verso le rispettive musiche di stretta appartenenza, entrambi spesso si concedono numerose libertà espressive, quasi invertendosi i ruoli: Canino suona molte partiture novecentesche in cui è fortissima la reminiscenza jazzistica, mentre Pieranunzi, dal tocco sovente classicheggiate, rilegge autori barocchi e romantici. Ne consegue che per loro è quasi naturale suonare assieme per esaltare alcuni maestri di un continente, l’America, a sua volta diviso in almeno tre grosse aree geoculturali Nord, Centro, Sud. Ed ecco quindi Bruno ed Enrico alle prese con gli statunitensi George Gershwin, Aaron Copland, William Bolcom e con gli argentini Carlos Gardel e Astor Piazzolla, del quale presentano Fuga Y Misterio, Milonga Del Angel, La Muerte del Angel. Le melodie suadenti e i ritmi sia languidi sia vivaci di tradizione urbane popolarissime come il tango e la milonga, riaffiorano, grazie a due super virtuosi, in esecuzioni quasi filologiche, ma anche un tantino sbarazzine, giusto per ricordare che si tratta di Americhe, ovvero sonorità sui generis, ma già da fine Ottocento ascrivibili all’idea disound dal Nuovo Mondo.

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