Intervista a Morgan Fascioli: musicista, produttore discografico e direttore artistico

Morgan Fascioli
// di Guido Michelone //
Nato in Svizzera nel 1972, diplomato con il massimo dei voti in batteria e composizione pop-rock presso il Conservatorio L. D’Annunzio di Pescara, Morgan Fascioli è musicista, produttore discografico, direttore artistico. Fondatore delle etichette MusiCab e PlayCab, neri panni di musicista lavora ad esempio con artisti del calibro di Mimmo Locasciulli, Antonella Ruggiero, Rossana Casale. Fin dalla prima edizione (2014) dirige festival “Emozioni in musica” di Roseto degli Abruzzi (Te), ruolo che lo porta a collaborare con figure di spicco della scena nazionale soprattutto canzonettistica. Di recente pubblica un libro molto importante dal titolo lunghissimo Dall’idea all’azione: manuale per l’organizzazione di grandi eventi musicali, sottotitolo Strategia, progettazione, organizzazione e gestione dello spettacolo, in ci talvolta accenna pure al jazz, ragion per cui è quasi doveroso quest’intervista che fa il punto sui argomento che coinvolgono un po’ tutto il mondo della musica in Italia.
D Così, a bruciapelo in tre parole chi è Morgan Fascioli ?
R Morgan Fascioli è un musicista, produttore discografico e direttore artistico. Nel mio percorso, ho avuto la fortuna di essere un giramondo, esplorando culture diverse durante la mia esperienza come musicista sulle navi da crociera. Questa avventura mi ha permesso di osservare e analizzare, cogliendo dettagli significativi che arricchiscono la mia visione. Ogni incontro e ogni nuova cultura hanno un impatto duraturo sulla mia musica e sul mio modo di affrontare la vita.
D Mi racconti ora il primo ricordo che hai della musica?
R Il mio primo ricordo della musica risale a quando avevo circa quattro anni. Ricordo che il marito della mia babysitter, un batterista, mi regalò un paio di bacchette e iniziai a suonare sui bidoni di latta. La cosa ancora più speciale è che lui suonava in un gruppo e mi portava a sentire le prove della sua band. Questo momento è stato fondamentale per me, poiché ha rappresentato il mio primo contatto con la musica e ha acceso in me una grande passione che continuo a coltivare ancora oggi.
D Quali sono i motivi che ti hanno spinto a lavorare nel mondo della musica?
R Fin da piccolo, la musica è stata una passione costante. Dopo aver imparato i primi rudimenti, ho iniziato subito a suonare con piccoli gruppi locali, un’esperienza poi che mi ha aperto le porte a collaborazioni con artisti italiani e internazionali. Queste opportunità mi hanno permesso di girare il mondo, condividendo la mia passione e vivendo esperienze formative. Ogni momento vissuto ha acceso in me una grande passione e il desiderio di esplorare e condividere la musica con gli altri. La musica è diventata una parte fondamentale della mia vita, e lavorarci mi consente di vivere questa passione ogni giorno, portando avanti tutto ciò che ho imparato e amato fin da bambino.
D Cosa ti senti maggiormente: musicista, producer, direttore artistico o altro ancora?
R Principalmente mi sento un musicista, perché la musica è la mia vera passione e il cuore del mio lavoro. Essere musicista significa poter esprimere le mie emozioni, la mia creatività è un ruolo che mi permette di entrare in contatto diretto con la musica, di suonare, di sperimentare e di condividere le mie idee con gli altri. Anche se posso svolgere anche altri ruoli come producer o direttore artistico, è la parte di musicista quella che sento più autentica e vicina a me, perché rappresenta il mio modo più diretto di comunicare e di vivere la musica. Essere musicista mi dà la libertà di esprimermi pienamente e di continuare a crescere come artista.
D Ora sei anche scrittore: parlaci del tuo libro in breve. Anzitutto a chi è rivolto?
R Il mio libro, “Dall’idea all’azione: manuale per l’organizzazione di grandi eventi musicali” è rivolto a tutti coloro che desiderano entrare nel mondo dell’organizzazione di eventi musicali, dai principianti agli esperti che vogliono perfezionare le proprie competenze. È un manuale pratico e completo che guida passo dopo passo, dalla fase di ideazione e pianificazione fino alla realizzazione concreta di un grande evento musicale. La forza di questo libro sta nella sua capacità di trasformare un’idea in realtà, offrendo strumenti concreti, consigli utili e strategie efficaci per gestire ogni aspetto dell’organizzazione: dalla scelta della location, alla gestione dei collaboratori, alla promozione, fino alla logistica e alla sicurezza. In sintesi, è un libro che ispira, educa e accompagna chi ha la passione per la musica e l’organizzazione, aiutandolo a trasformare le proprie idee in azioni concrete e di successo.
D Ho trovato il tuo libro interessantissimo e soprattutto completo. Ma in che percentuale gli organizzatori di festival oggi in Italia applicano i tuoi consigli? Te lo chiedo perché, a parte i grossi eventi, trovo ancora molto dilettantismo che sfocia nel pressapochismo…
R Per quanto riguarda la domanda, purtroppo per ora non ho dati precisi sulla percentuale di organizzatori di festival in Italia che applicano i miei consigli. Tuttavia, è vero che nel panorama italiano, specialmente al di fuori dei grandi eventi, si può ancora riscontrare un certo dilettantismo e pressapochismo. Questo accade frequentemente perché l’organizzazione di un festival richiede competenze specifiche e una pianificazione accurata. Inoltre, non tutti gli organizzatori sono sempre consapevoli delle numerose sfide che possono sorgere durante la progettazione e realizzazione di uno spettacolo. Spero che, con il tempo e con una maggiore diffusione di conoscenze e professionalità, si possa vedere un miglioramento generale!
D Ma cos’è per te la musica?
R Per me, la musica è un linguaggio universale capace di toccare le emozioni più profonde e di creare un senso di connessione tra le persone. È un modo meraviglioso per esprimere sentimenti e creare atmosfere uniche. In poche parole, la musica è un’arte che arricchisce la vita e ci accompagna in ogni fase, rendendo tutto un po’ più bello!
D Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associ al linguaggio musicale?
R Quando penso al linguaggio musicale, lo considero un modo di comunicare senza parole, capace di trasmettere emozioni profonde come gioia, tristezza, nostalgia e speranza. È un linguaggio universale che supera le barriere culturali e linguistiche, fungendo da ponte tra le persone. Inoltre, il linguaggio musicale esprime concetti come libertà, creatività e identità, permettendo a chi lo crea di condividere il proprio mondo interiore. I sentimenti che ne derivano includono connessione, empatia e scoperta di sé. È un modo di parlare al cuore, di raccontare storie e di evocare immagini e sensazioni che le parole da sole non possono mai raggiungere.
D Quanto conta la cultura musicale nel gestire grandi eventi?
R La cultura musicale è fondamentale nella gestione di grandi eventi, poiché una solida conoscenza del settore è essenziale per raggiungere gli obiettivi prefissati. Comprendere le diverse tradizioni, stili e repertori consente di pianificare spettacoli adatti al pubblico e rispettosi del contesto culturale, rendendo l’esperienza più autentica e significativa. Inoltre, una buona cultura musicale facilita il coordinamento tra artisti, tecnici e organizzatori, garantendo che tutto proceda senza intoppi e che l’evento sia di alta qualità. In sostanza, la cultura musicale non è solo un elemento di intrattenimento, ma anche un modo per valorizzare le identità culturali e creare un impatto positivo e duraturo sui partecipanti.
D Essendo questa una rivista di jazz, ti chiedo anche una cosa sul jazz, che nomini nell’elenco dei vari tipi di festival. In cosa differisce un festival jazz dagli altri più comuni e pop, oriented?
R Un festival jazz si differenzia principalmente per il suo focus artistico e la selezione degli artisti. Mentre i festival pop tendono a privilegiare l’intrattenimento di massa, i festival jazz pongono l’accento sull’improvvisazione, sulla creatività e sulla tradizione del genere. Offrono performance di musicisti di alto livello, sia emergenti che affermati, che reinterpretano o fanno evolvere la storia del jazz. Inoltre, questi festival includono frequentemente workshop, jam session e incontri culturali, creando un’esperienza più intima e profonda rispetto ai festival pop che si concentra su produzioni di grande impatto visivo e coreografico. In sostanza, il jazz celebra l’arte della musica dal vivo, l’improvvisazione e l’espressione personale, mentre i festival pop si orientano maggiormente verso spettacoli commerciali.
D Approvi la presenza di artisti ‘estranei’ (come nel caso ad esempio dei REM o di Massimo Ranieri a Umbria Jazz) in un jazz festival?
R Anche i grandi festival jazz, come il Montreux Jazz Festival, negli ultimi 20 anni hanno inserito artisti pop nei loro programmi. Credo che questa scelta sia spesso motivata anche dalla necessità di “fare cassa”, perché il pubblico di appassionati di jazz si è ridotto nel tempo a causa di un impoverimento culturale generale. La presenza di artisti più commerciali aiuta a garantire la sostenibilità economica degli eventi. Tuttavia, devo dire che personalmente non sono d’accordo con l’inserimento di artisti pop in un festival jazz. Ritengo che il jazz abbia una sua identità e una sua purezza che non dovrebbero essere compromesse. Inserire artisti troppo lontani dal genere può rischiare di snaturare l’essenza del festival e di allontanare gli appassionati più puri. Inserire artisti pop in un festival jazz possa rischiare di compromettere l’autenticità e la qualità dell’evento. È importante mantenere fede alla propria identità musicale!
D Qual è per te il momento più bello della tua carriera?
R Per me, il momento più bello della mia carriera è stato quando ho avuto la possibilità di collaborare con grandi musicisti italiani e internazionali, con cui ho avuto il privilegio di girare l’Italia e l’Europa. È stato un’esperienza incredibile che mi ha permesso di condividere la passione per la musica, di confrontarmi con artisti di talento e di vivere esperienze uniche sul palco. Questi momenti sono davvero speciali e rimarranno sempre nel mio cuore!
D Come vedi la situazione della musica oggi in Italia?
R La situazione della musica oggi in Italia è molto diversa rispetto a quando ho iniziato a suonare. Da ragazzo, lavoravo con orchestre spettacolo e si suonava tutto dal vivo, un’ottima palestra per apprendere i segreti del mestiere. Oggi, quel mondo è quasi scomparso; si suona prevalentemente su basi. Inoltre, l’impatto dei talent show ha ulteriormente cambiato il panorama musicale, influenzando il modo in cui la musica viene prodotta e consumata.
D E più in generale della cultura in Italia?
R In generale, la cultura in Italia ha subito un impoverimento che ha portato a significativi cambiamenti. Oggi, molti artisti passano direttamente dalle sale prove ai grandi palchi, senza aver fatto la cosiddetta “gavetta”. Questo ha ridotto le opportunità di apprendimento e crescita artistica, poiché la mancanza di esperienza nel suonare in contesti più piccoli spesso si traduce in una superficialità nell’approccio alla musica e all’arte in generale. La cultura, quindi, risente di questo passaggio rapido e poco riflessivo, lasciando meno spazio alla qualità e alla profondità delle esperienze artistiche.
D Cosa stai progettando per l’immediato futuro?
R Attualmente sto facendo una serie di presentazioni del mio manuale nei Conservatori di musica in Abruzzo e Marche, inoltre lavoro alla progettazione e realizzazione della decima edizione del festival “Emozioni in Musica” a Roseto degli Abruzzi (TE), di cui sono il direttore artistico da dieci anni. In questo festival, ho avuto l’onore di invitare grandi artisti del pop italiano, come Marco Masini, Setak, Noemi, Gianluca Grignani, Max Gazzè, Alex Britti, Loredana Bertè, PFm, Edoardo Bennato, Al Bano, Francesco Gabbani, Massimo Ranieri, Stadio, Patty Pravo e molti altri. È un progetto a cui tengo molto e che continua a evolversi, portando emozioni e musica a un pubblico sempre più vasto.
