Libérica, gruppo etno-jazz. A proposito del secondo album «Alé – Iberian Chants»

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...una band di lusso dove convivono jazzisti e cantanti folk, in un o stretto connubio che mentalmente riporta indietro di oltre un quarto di secolo quando si iniziava a parlare della possibilità di un etno-jazz o world-jazz..

// di Guido Michelone //

Libérica è un quintetto spagnolo guidato dal contrabbassista e arrangiatore Manel Fortià e allargato, in occasione del secondo album, a quattro ospiti, in tutto nove musicisti: in ordine alfabetico Alba Careta (tromba), Carles Dénia (voce), Antonio Lizana (sax alto), Aina Lopez (sax alto), Pepe Martinez (voce), Raphael Pannier (batteria), Oriol Roca (batteria), Max Villavecchia (pianoforte). Il nuovo disco dal titolo album Alé – Iberian Chants presenta una band di lusso dove convivono jazzisti e cantanti folk, in un o stretto connubio che mentalmente riporta indietro di oltre un quarto di secolo quando si iniziava a parlare della possibilità di un etno-jazz o world-jazz, sulla base del repertino sviluppo della world music in ogni angolo del Pianeta a causa della globalizzazione che di fatto coinvolge non solo l’economia, la finanza, la politica, la comunicazione, ma anche la cultura e l’arte (musica compresa ovviamente). I rapporti tra jazz e folclore naturalmente esistono da sempre, anche perché il jazz di fine Ottocento, per non farla lunga, è la convergenze di idiomi diversi provenienti da Americhe, Europa, Africa, persino in ciò che riguarda la cosiddetta musica prejazzistica (spiritual, gospel, blues, ragtime). Tuttavia è solo dal secondo dopoguerra, in particolare, con il moderno, che il jazz afroamericano s’incrocia con le radici africane e caraibiche, mentre quello europeo ancora balbettante, sotto il profilo dell’originalità, tenta spesso fruttuosi connubi con le proprie matrici colte e popolari. E dopo centinaia di LP e CD interessantissimi si arriva dunque ai Libérica’ con questo Alé – Iberian Chants registrato a Vilablareix (Girona, Catalogna) nel febbraio 2024 ma uscito solo a inizio 2025.

Dopo il riconoscimento ottenuto con il precedente Arrels (2021), Libérica può addirittura suonare con grande successo di pubblico e di critica su palcoscenici prestigiosi di tutt’Europa: il Castello Sforzesco a Milano, il Bimhuis di Amsterdam, il Lantaren Venster a Rotterdam, al Vitoria Jazz Festival, ,al Budapest Music Center e all’Unterfahrt a Monaco di Baviera. Ora, forte di un suono più maturo, la band propone un omaggio ai canti liberi e di lavoro del nord e del sud e alle forti connessioni che esistono nella penisola iberica, sempre alla ricerca di punti comuni tra le canzoni tradizionali catalane, valenciane e flamenche. Il canto via via del vocalist catalano Martínez, del valenciano Carles Dénia e del gadíano Antonio Lizana, rappresentano questi universi sonori che convivono all’interno del folclore nella Penisola iberica che si ritrovano coinvolti nel progetto di Libérica in modo organico, libero, immaginifico grazie all’uso jazz. La tromba e la voce della meravigliosa Alba Careta e il sassofono della giovane talentuosa Aina López, portano aria fresca e nuova energia, pur rivelando un forte attaccamento alle origini del jazz contemporaneo, avvertibili negli assolo dove a loro volta vengono citati alcuni brani di Miiles davis e John Coltrane. Nella sezione ritmica interagiscono egregiamente il pianista Max Villavecchia, i batteristi Raphael Pannier e Oriol Roca, e lo stesso Manel Fortià al contrabbasso che per così dire governa il veliero da poppa. E la navigazione musicale attraversa la Spagna da est a ovest e da nord a sud attraverso le canzoni e un’idea che resta sempre diretta al servizio della musica. E così, avvicinandosi alle terre valenciane si scoprono i Malaguenyes, i Granaïnes, i Cants de Batre, mentre con un piede in Catalogna e l’altro in Andalusia si fondono ninne nanne e altre musiche emblematiche di tutte queste culture, molto ben interpretate dalla voce principale di Pere Martínez, il quale seduce l’ascoltatore dimostrando una grande varietà di registri e un’innata facilità nell’adattarli ai nostri tempi.

Analizzando in dettaglio l’album, esso si apre la canzone popolare catalana “El Rossinyol” (L’usignolo), lamento appassionato di una donna non sposata, divenuta universalmente famosa da quando Joan Baez la inserisce nel proprio LP in lingua spagnola Gracias a la Vida (1973); la nuova versione inizia con una morbida linea di basso pizzicata (Fortià), che introduce la prima strofa sommessa cantata dal compagno di lunga data (Martinez) in un crescendo passionale grazie all’unisono di Villavecchia e Roca, seguiti da un assolo bollente straordinario (López), che procede alternando cori improvvisati di flamenco soleá in dialogo conil vocalist. Segue un sublime duetto canoro (Martinez e Lizana), accompagnato da un dialogo post-bop (Fortià e Pannier) sulla ninna nanna catalana “Sant Joan Feu-lo Ben Gran”. Anche la tromba e il sassofono duettano mentre Martinez e Dénia cantano assieme sulla canzone valenciana “Malagueña de Barxeta”. Lo stile granadino del flamenco (con il ritmo simile a un bolero) è evidenziato in “Granaïna de Montaverner”, che prosegue in vivaci bulerías dopo un caldo intermezzo di libera improvvisazione. Si passa dall’acceso al tranquillo durante la breve languida granaína “Lo que lloró”, cantata da Martinez in un registro acuto accompagnato solo da pianoforte e contrabbasso percussivo. Si tratta di un suono che quasi scivola direttamente in uno dei pezzi-clou, il flamenco “La Tarara”, dai versi di Federico Garcia Lorca che dipingono l’immagine di una donna disturbata che balla per la campagna. Tutto il disco è comunque degno di nota : dal song catalano “Comte Arnau” con un ritmo di cinque battute a sottolineare il timbro del sassofono (Lizana) sia da solista sia in duetto (Fortià e Careta); le alegrías in dodici battute che aprono e chiudono “Canción del Lladre” dove la voce (Martinez) e il contrabbasso (Fortià) paiono tessere un arazzo, e la gioiosa traccia di chiusura “El Garrotín” che non sarebbe fuori posto a New Orleans (come avverte il sottotitolo). Insieme, tutte queste canzoni portano l’etno-jazz verso qualcosa di nuovo, singolare, inaspettato estendendo i confini delle tradizioni afroamericane, iberiche e nomadi (flamenco).

Libérica
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