Vinile sul divano, black and white connections

// di Gianluca Giorgi //
Joe Henderson, “Mirror, Mirror” (1980 ristampa Audiophile 2016)
La MPS è una etichetta jazz tedesca rinomata per la sua accorta selezione di artisti jazz e per la qualità delle sue registrazioni, questa è un’ottima e attesa ristampa che rientra in un’importante programma di ristampe su vinile, la serie “Reforest The Legend”. Questa ristampa di “Mirror, Mirror” presenta la copertina originale, ma in più include un nuovo inserto contenente note sulla musica e la rimasterizzazione (niente di digitale nella catena di registrazione). “Mirror, Mirror”fu inciso da un quartetto all-star, con Henderson supportato da Chick Corea al piano, Billy Higgins alla batteria e Ron Carter al basso. Stimolante e un po’ sorprendente, sentire Corea suonare un piano acustico così pulito, melodico e diretto dopo un decennio di fusione elettronica, come sentire quanto piacere musicale possa derivare solo da basso e batteria, quando si tratta di questo basso e questa batteria. Joe Henderson come sempre una garanzia. Segnalo Joe’s Bolero, una composizione di Henderson, il pezzo più fuori dal comune della sessione, stupenda! Musica di altissimo livello come la qualità della registrazione e della ristampa. Stampato in Germania su vinile audiofilo da 180 grammi con un suono pulito e naturale.
Mtume James, Rebirth Cycle (1977 ristampa ltd ed 250 copie 2017)
Originariamente pubblicato nel 1977 dalla Third Street Records, questo è generalmente considerato il secondo album solista di James Mtume, sebbene uscito sotto la sigla Mtume, la stessa del suo gruppo con Reggie Lucas che avrebbe di lì a poco debuttato su disco. Uscito dopo “Alkebu-Lan – Land Of The Blacks (Live At The East)” (1972), accreditato a nome della Mtume Umoja Ensemble e considerato il suo primo lp solista e prima dell’album di debutto della band Mtume, “Kiss this world goodbye” (1978), questo “Rebirth cycle” fu inciso presso lo studio Minot Sound nel febbraio del 1974 ma uscì solamente tre anni dopo circa; alle brillanti sessioni del disco presero parte fra gli altri artisti: Dee Dee Bridgewater (una delle voci femminili), Reggie Lucas (chitarra), Leroy Jenkins (violino), Cecil McBee (basso) ed Al Foster (batteria). “Rebirth cycle” è un album in cui si incontrano lo spiritual jazz e il jazz funk meno commerciale che creano un’atmosfera avvolgente, con splendide armonie ondeggianti ed un’aura spirituale in cui si inseriscono armonie vocali, di scuola soul, potentemente emotive e dai richiami africani. James Mtume, noto anche solo come Mtume (1946-2022), originario di Philadephia, ha una notevole eredità musicale, suo padre e i suoi zii formavano gli Heath Brothers. Ha iniziato la sua carriera lavorando con Don Cherry, Herbie Hancock, Joe Henderson e Freddie Hubbard, prima di pubblicare nel 1972 il suo primo LP come leader. È stato un brillante percussionista, produttore, band leader e compositore afroamericano, capace di brillare sia in alcune delle più ardite avventure della fusion e del jazz elettrico (suonando con Miles Davis nei primi ’70), che più avanti, nel soul di più facile ascolto, ottenendo in questo caso un grande successo, in particolare alla guida della sua band, battezzata Mtume, con la quale realizzò cinque album fra il 1978 ed il 1986. Come compositore e produttore ha collaborato fruttuosamente con artisti del calibro di Donny Hathaway, Stephanie Mills e Roberta Flack. Questo disco è tra le grandi opere della musica nera americana degli anni ’70, è l’ultimo incontro con uno dei grandi talenti di jazz prima che lasciasse quel mondo per seguire altre strade, comunque sempre interessanti e brillanti.


Rob Mazurek – Exploding Star Orchestra, Live at the Adler Planetarium (2024)
Lavoro bellissimo quest’ultimo disco dal vivo su International Anthem dell’artista Rob Mazurek, un’iterazione di nove pezzi con la sua orchestra di lunga data l’Exploding Star Orchestra (ESO). In questo Live at the Adler Planetarium, Mazurek (alla tromba) guida i suoi soliti fidi dell’l’Exploding Star Orchestra (ESO): Nicole Mitchell (flauto), Damon Locks (voce), Tomeka Reid (violoncello), Craig Taborn (tastiere), Angelica Sanchez (tastiere), Ingebrigt Håker Flaten (basso), Gerald Cleaver e Chad Taylor (batteria). L’album cattura l’ensemble in una speciale performance “unica” sotto la cupola del Grainger Sky Theater nell’iconico Adler Planetarium di Chicago. L’Adler Planetarium è uno dei planetari più antichi (1930), un punto fermo della riva del lago del centro di Chicago che negli anni ha ospitato diversi album dal vivo, in particolare il leggendario disco del 1993 di Kelan Phil Cohran & Legacy African Skies. Un film del concerto completo di questo live è stato creato dal regista Brian Ashby (noto per il suo lavoro su Charles Stepney: Out of the Shadows) che cattura magnificamente lo spettacolo dell’evento, che ha visto l’ESO esibirsi sotto grandi immagini caleidoscopiche dell’arte visiva astratta di Mazurek proiettate sullo schermo a cupola del Grainger Sky Theater. Documento, che è stato coprodotto dal Chicago Experimental Sound Studio e dal’International Anthem. Rob Mazurek è un artista interdisciplinare e astrattista, con particolare attenzione alla composizione elettroacustica, all’improvvisazione, alla performance, alla pittura, alla scultura, al video, al film e all’installazione, che ha trascorso gran parte della sua vita creativa a Chicago e poi in Brasile. Attualmente vive e lavora a Marfa, in Texas. Ha fondato la Exploding Star Orchestra nel 2005 su commissione congiunta del Chicago Cultural Center e del Jazz Institute di Chicago per approfondire le tradizioni musicali d’avanguardia della città. Ha riunito un gruppo che rappresenta la diversità della scena musicale contemporanea della città, tra cui musicisti dell’allora fiorente scena post rock e della scena altamente influente AACM e Northside Improvisation Scene. Fin dall’inizio l’Orchestra è stata un’esperienza aperta in cui sono passati tanti musicisti fra i quali: Roscoe Mitchell, Bill Dixon, Fred Anderson, Nicole Mitchell, Damon Locks, Jeff Parker, Chad Taylor, John Herndon, Tomeka Reid, Jaimie Branch, Joel Ross, Mikel Patrick Avery, Macie Stewart, Joshua Abrams, Angelica Sanchez, Ken Vandermark, Mike Reed, John McEntire, Jason Ajemian, Hamid Drake, Matthew Lux, Matana Roberts, Mauricio Takara, Guilherme Granado, Avreeayl Ra, Dan Bitney, Luke Stewart e altri. Complessivamente il disco scorre come una sintesi eccezionale, c’è molto ritmo ed esplorazione, l’orchestra intreccia fili afro-futuristi che ricordano l’Arkestra di Sun Ra in un più ampio schema, insieme alla poetica post-Beat/Amiri Baraka (il gorgo di parole di Locks), con raffiche di jazz spirituale (il flauto di Mitchell), con le prime escursioni fusionn a la Miles (i doppi pianoforti elettrici di Taborn e Sanchez). Ottimo
D’Silva Amancio, Sapana (1983 ristampa vinile nero ltd ed 2022)
Per la prima volta disponibile grazie a questa edizione dell’aprile 2022 ad opera della Roundtable, l’album inciso nel 1983 ma rimasto finora inedito del musicista di origini indiane Amancio D’Silva. “Sapana” è un lavoro che prende ispirazione più dalla musica indiana e dal misticismo che dal puro jazz, sebbene il jazz sia ancor presente nei solchi dei quattro lunghi brani, grazie agli assoli dilatati e modali di Dobson, inseriti in un contesto meditativo e delineato da ipnotiche circolarità. Amancio D’Silva (chitarra) nel disco è accompagnato da: Clem Alford (sitar, tamboura), Jahlib Millar (tabla) e Lyn Dobson (sax, flauto, piano, voce), quest’ultimo un musicista britannico che aveva precedentemente lavorato con Soft Machine, Third Ear Band e Henry Lowther. Amancio ha partecipato anche alle seminali registrazioni jazz di Lansdowne del 1969 Hum DonoandIntegration. Nato a Mumbai (Bombay) ma poi trasferitosi in Inghilterra, Amancio D’Silva (1936-1996) è stato un chitarrista, compositore ed insegnante, ricordato fra i pionieri dello “Indo-jazz” degli anni ’60, capace di creare una sintesi fra il jazz modale e la musica classica indiana (il raga), come testimoniato dai suoi due rarissimi e leggendari album “Integration” (1969) e “Reflections” (1971). Così come dagli altrettanto introvabili ed apprezzati “Hum Dono”, sintesi fra jazz, musica indiana e caribica frutto della collaborazione fra D’Silva ed il sassofonista giamaicano Joe Harriott e “Dream sequence”, uscito nel 1972 a nome Cosmic Eye, progetto che lo vedeva fra i protagonisti. Dopo la sua morte, sono apparsi alcuni ottimi lavori inediti quali “Konkan dance” (2006) e questo “Sapana” (2022), disco da riscoprire.

