«Alisei» di Gianni Savelli Media Res…quando naufragar è dolce in questo jazz (Alfa Music, 2024)
…un costrutto sonoro diretto, sempre in tonalità, senza ghirigori intellettualistici o asperità tematiche fatte di improvvise fughe verso l’irreale.
// di Francesco Cataldo Verrina //
A volte potrebbe sembrare che ispirarsi al vento possa essere qualcosa di volatile e di etereo, poco palpabile e non facilmente contenibile. Certo, se pensiamo alla mitologia, il dio Eolo teneva chiusi i venti all’interno di otri di pelle e li liberava a seconda delle necessita e delle circostanze. Per metafora, Gianni Savelli, musicista proteiforme e di multiforme ingegno, ha rinchiuso i venti che sospingono i suoi demoni creativi in un album intriso di jazz contemporaneo, dai contrafforti poetici, attraversato da un’intensa poesia delle «cose» e del vivere. I venti, nonché moti dell’animo di Savelli sono gli alisei, correnti d’aria che hanno permesso ai marinai di epoche lontane di circumnavigare il mondo, avendo l’Ovest come punto di riferimento. Questa relazione tra gli elementi della natura ed il tentativo di trovare un spinta creativa, porta il compositore, così come l’uomo-Savelli, ad indagare inediti territori, sia sonori che emotivi, quale nucleo gravitazionale del progetto.
«Alisei» di Gianni Savelli Media Res è un album di ampio respiro, pubblicato da Alfa Music, sospeso tra terra e cielo, fra mare e natura, tra sogni e passioni: sei composizioni originali basate sulla narrazione di un vernacolo jazzistico dai connotati indo-europei che a volte segue la bussola in direzione il Nord, altre guarda verso il Mediterraneo, senza dimenticare mai i tanti punti cardinali della musica; un costrutto sonoro diretto, sempre in tonalità, senza ghirigori intellettualistici o asperità tematiche fatte di improvvise fughe verso l’irreale. Il suo personale backgound conoscitivo e formativo ha indotto Savelli ad affidarsi ad un nutrito ensemble per l’esecuzione di alcuni componimenti: oltre al quintetto classico Gianni Savelli sax tenore, Fulvio Sigurtà tromba, Enrico Zanisi pianoforte, Luca Pirozzi basso elettrico, Alessandro Marzi batteria e percussioni, il sassofonista-leader si è affidato al sostegno di una big band di diciassette elementi. A tal fine, va evidenziato che, la formazione di Savelli come jazzista sia avvenuta proprio grazie alla militanza all’interno di compagini orchestrali, tra cui la Saint Louis Big Band di Bruno Biriaco ed il Parco della Musica Jazz Orchestra sotto l’egida di Maurizio Giammarco. Scorrendo le varie tracce ci si avvede di come e quanto il sassofonista napoletano abbia saputo scrivere e gestire, con equilibrio e saggezza, partiture ed arrangiamenti pro-attivi sia per il combo ristretto che per il grande ensemble.
Il termine latino «Media Res» significa «al centro delle cose», mentre tale espressione viene usata in letteratura per indicare una narrazione che inizia nel bel mezzo dell’azione, piuttosto che descriverne gradualmente le fasi iniziali, in maniera non dissimile da talune sceneggiature cinematografiche, dove il punto focale del plot si espande in più punti come nel «Principio di Pascal»: una legge fisica ed un approccio musicale che uniscono gli accordi del jazz alle armonie della natura. Tutto ciò alimenta le dinamiche espressive ed esecutive del disco di Savelli che sia apre con «Melodia Sottomarina» che, eseguita in quintetto, diventa uno scandaglio sonoro in profondità, riemergendo lentamente dagli abissi dell’anima attraverso una melodia induttiva, ricamata da Savelli e Sigurtà in simbiosi mutualistica ed accompagnata da lento percuotere della sezione ritmica, in cui tutti gli strumenti si affidano al registro basso, quasi a voler farsi sentire senza mai urlare o turbare l’equilibrio delle acque. Dal canto loro, tromba e sassofono si scambiano promesse per l’eternità. Gli esploratori avanzano a velocità di crociera, cosi «Naufragar m’è dolce in questo mar», propone una navigazione in acque tranquille, almeno nella prima parte, puntando a Nord, dove Gianni Savelli tenta qualche sortita espressiva alla Jan Garbarek sostenuto dal pianoforte di Enrico Zanisi, prima che l’afflato orchestrale al completo spinga il convoglio in acque territoriali aggiungendo qualche accentazione eurodotta e sfumando in un brunito languore mediterraneo. «Gorghi» determina un cambio di rotta, di groove di mood, giocato dal quintetto di casa Savelli attraverso un’ambientazione più metropolitana dettata da qualche piccola incursione funkified. «Delicati Effendi (In memoria di Aldo Bassi)» è un omaggio al primo trombettista dei Media Res, scomparso nel 2020. L’orchestra al completo, senza piegarsi al grigiore della tristezza, accompagna idealmente il ricordo del musicista tributato con una melodia a tratti struggente, ma sempre vitale e adamantina, ricca di sbalzi e cromatismi mutevoli. La carovana procede un lungo tratturo sonoro di oltre dieci minuti che sembra descrivere immagini, pensieri, parole, fatti e personaggi alla medesima stregua di una colonna sonora da film. A seguire «Nebulas», una ballata brunita e crepuscolare che rimanda ad un placido mare di sensazioni appena filtrate da una nebbia che implementa l’abilita strumentale di Savelli e Sigurtà come intriganti balladeer, mentre la retroguardia dirada a tratti la coltre di malinconia con un efficace diluente ritmo-armonico. A suggello dell’album c’è la title-track «Alisei» (last but not least), il componimento forse più riuscito, mercuriale nel tempo e nei modi, così come nella circolarità strumentale, mentre il substrato ritmico-armonico sorregge una melodia a facile combustione che conquista e seduce in un battibaleno.
«Alisei» di Gianni Savelli Media Res non un disco rivoluzionario che sconvolge i parametri del jazz contemporaneo o tradizionale, tentando commistioni o elaborazioni debordanti ed inquinanti, per il solo gusto della sorpresa a tutti i costi ma fine a se stessa. Per contro, si sostanzia come uno di quei lavori in cui il jazz diventa un autentico dispenser di emozioni a getto continua, navigando in acque tranquille sulla rotta tracciata da un vento amico. Tutto ciò non è una deminutio capitis rispetto taluni maldestri tentativi di sfidare una tempesta perfetta in un mare agitato, disseminando relitti e delitti jazz in lungo ed in largo.