«The Jazz Corps Featuring Roland Kirk», un disco solido, irripetibile, un unicum nel suo genere (Pacific Jazz, 1967)

0
CorpsTeksonor

Molti anni fa, all’inizio degli anni 2000, il ritorno del vinile non era ancora neppure in embrione, trovai questo disco su una bancarella per pochi spiccioli. Trattasi di una stampa originale anni ’60 della Pacifi Jazz. Inizialmente, fui attratto soprattutto dalla parola Jazz e dal nome in evidenza, ossia Roland Kirk. Portato a casa lo ascoltai in fretta e furia, quindi lo riposi in uno scaffale della mia libreria e lì rimase per lungo tempo, in una sorta di limbo, insieme ad altri vinili che mi ero ripromesso di approfondire. Dopo qualche anno, cercai di capire che cosa fosse questo The Jazz Corps, partendo con l’idea sbagliata che si trattasse una band legata all’esercito, che di tanto in tanto si pregiava della partecipazione di qualche headliners come Roland Kirk, ma i dati reali raccolti smentirono le mie supposizioni…

// di Francesco Cataldo Verrina //

Spesso critici ed analisti, a proposito di jazz, partono dal cliché che sulla costa occidentale degli States tutti suonassero in maniera scialba e melliflua e che facessero a gara per essere «fighi» e romanticoni, calando le loro performance in un’atmosfera più rilassata, vacanziera ed ammiccante. Questa divisione manichea tra jazz del West e jazz dell’East non esiste, anche perché in ambito musicale vige il cosiddetto principio dei vasi comunicanti e poi perché, anche la costa occidentale era molto aperta alle idee progressiste di gente come Ornette Coleman, Don Cherry, piuttosto che di John Coltrane, che talvolta erano più gradite a Los Angeles che non a New York. Ad Ovest, venivano facilmente recepite istanze sonore ed influenze da tutto il mondo, in particolare dall’Asia e dall’America Latina.

Questo album ne è un dimostrazione lampante, caratterizzandosi come una sorta di progressione modale a volo libero, ma con una componente melodica assai evidente e una strumentazione tutt’altro che minimale, una sorta di jam che fa da laboratorio aperto all’incontro fra il Jazz Corps di Tommy Peltier ed il loro ospite d’eccezione, un estroverso, e quanto mai brillante Roland Kirk, il quale suona anche il sax baritono in metà album, in quelle che sono le tracce migliori (documento raro, lo farà poche altre volte in studio). Il suo modo di approcciare al baritono è da manuale, raggiungendo profondità abissali. Sembrerebbe voler distanziare perfino Gerry Mulligan di parecchie lunghezze e di molti chili, se il peso della sonorità potesse misurarsi con una bilancia. Per contro, in taluni frangenti, Kirk sembra un bulldozer trascinato da una folle multifonia. Persino al flauto riesce a raggiungere il climax, finanche nell’incredibile duetto con Freddy Rodriguez.

Peltier e il suo Jazz Corps erano un punto fermo nelle jam-session territoriali dalle parti del faro di Hermosa Beach in California. Spesso Tommy e il suo gruppo si aprivano al confronto e alla collaborazione con vari personaggi di prima linea come Cannonball Adderley e Yusef Lateef, che offrivano al Corpo l’opportunità di sottrarsi al quieto anonimato locale. Nello specifico, la possibilità di fissare una data di registrazione con Rahsaan Roland Kirk, rappresentò per loro un piccolo passaporto per le stelle ed una sorciatoia per incrociare la strada della storia del jazz. La risultante dell’incontro fu «The Jazz Corps /Featuring Roland Kirk», un disco solido, irripetibile, un unicum nel suo genere. Roland non solo mise insieme le sue spettacolari abilità da solista nel mix di strumenti, tenore, baritono, alto, flauto, menzello e stritch, ma avere un uomo a bordo capace di suonare più strumenti a fiato diede al Corps maggiore capacità espressiva, tra cui una linea frontale con tre solisti, in grado di colorare il suono e la melodia come non era mai accaduto prima. Ne è prova evidente «Serenity», una ballata dal taglio moderno, in cui due flauti si combinano con una tromba in sordina, mentre dall’incrocio dei tre strumenti a fiato nasce una musicalità evocativa ed incantevole, dai tratti quasi cinematografici.

Anche le lunghe improvvisazioni modali tipiche dell’India, note come «ragas», ebbero una forte influenza sul jazz della costa occidentale degli anni ’60, tanto che molti artisti assunsero quel sapore beatnik del suono dei «ragas», attraverso lunghe jam che utilizzavano una scala modale, anziché cambi di accordo di tipo tonale. Questo approccio modale caratterizzo il progetto The Jazz Corps, con un afflusso di ritmi latini che inondarono alcune melodie dell’album, creando quel melting-pot sonoro internazionale tipico della West Coast. Predetta narrazione melodica possiede un approccio rilassato, ma a metà del tragitto il gruppo manifesta tutto il proprio interesse per la musica di Ornette e Don Cherry, producendosi in un lungo giro di giostra ad alta energia: dopo «Chalan Pago», dall’incedere latino, «The Blessing» prepara il il campo di battaglia a «Meanwhile», otto minuti di fuoco e fiamme. Ed è qui che Kirk emette l’assolo più intenso dell’album, attraverso un furioso assalto allo stritch, uno strumento che potremmo definire un’ibridazione fra un sax ed un clarinetto.

Le composizioni (tutte di Tommy Peltier) mostrano ognuna un proprio stile distinto. Una menzione speciale va a Freddy Rodriguez, sax tenore, contralto e flauto, un personaggio da ricercare e riscoprire; ottimo il supporto di Lynn Blessing Vibrafono, Bill Plummer basso acustico e Maurice Miller batteria; senza dimenticare Tommy Peltier arrangiatore ed autore di tutti brani, alla tromba e flicorno. Nel complesso, si tratta di un album a dir poco eccezionale, davvero unico e caratterizzato da una sorta di intricata sensibilità creativa, che presto sarebbe scomparsa, almeno temporaneamente dal mondo del jazz, schiacciata dal pesante conformismo della moda fusion. Per aver un quadro completo del disco,si pensi alla ricchezza di un mini ensemble stile big band dalle tonalità musicali e dai cromatismi vividi e intensi, capaci di intrecciare, contemporaneamente più di un modulo espositivo con ottime improvvisazioni e scambi a volontà.

The Jazz Corps Featuring Roland Kirk

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *