Scompare un’altra figura leggendaria del jazz post-bellico. È morto Roy Haynes, aveva 99 anni
Roy Haynes, considerato tra i più grandi e influenti batteristi della storia del jazz, si è spento nella contea di Nassau, a N.Y., sulla costa meridionale di Long Island. Aveva 99 anni. La sua morte, dopo una breve malattia, è stata confermata dalla figlia, Leslie Haynes-Gilmore.
// di Francesco Cataldo Verrina //
È morto a 99 anni Roy Haynes, batterista che tra gli anni Cinquanta e Sessanta fu tra i più apprezzati del jazz moderno e che suonò nei dischi di Charlie Parker, John Coltrane, Sarah Vaughan, Thelonious Monk, Eric Dolphy e Bud Powell. Haynes è stato una forza incontenibile, rimasta caparbiamente rilevante ed incisiva nel corso di una carriera di sette decenni, avendo contribuito e partecipato, a partire dall’era del bebop, a tutte le fasi evolutive e di sviluppo del jazz moderno, sino al free jazz, senza alterare mai in modo significativo il suo stile, caratterizzato da una nitidezza impetuosa, da un’energia locomotoria e da un flusso scivoloso ma enfatico. Soprannominato «Snap Crackle», ebbe una carriera lunga e prolifica, suonando in alcune fra le più importanti ed influenti formazioni del jazz del secondo dopo guerra, fino ad arrivare fino alla fusion. Originario di Boston, viene ricordato tra le altre cose, per essere stato tra i primi a usare il pedale del charleston in modo creativo e per aver introdotto nuove tecniche espressive nell’interazione tra i diversi elementi della batteria e nell’interpretazione dei ritmi jazz. Tra le molte curiosità, in età già anziana, doppiò una versione romanzata di sé stesso per il videogame Grand Theft Auto IV, interpretando lo speaker di una radio «prima il jazz diventasse musica da ascensore», come egli stesso dice nel gioco.
Nato l’11 marzo 1925 a Roxbury, Massachusetts, Roy Haynes dimostrò un talento fuori dall’ordinario per la musica fin dall’adolescenza, quando cominciò a suonare la batteria, attirando rapidamente l’attenzione dei jazzisti locali dell’area bostoniana. La sua carriera decollò nel 1945, dopo la fine della guerra, con il trasferimento a New York, dove venne accolto a braccia aperte della vivace scena jazz della Grande Mela. Durante questo periodo, Haynes sviluppò uno stile di batteria caratterizzato da un’energia travolgente e da una sensibilità intuitiva che lo rendevano un accompagnatore ideale per qualsiasi formazione. Le sue performance erano segante da groove avvolgenti e da una versatilità che gli consentiva di adattarsi a diversi moduli espressivi. Negli anni ’50, il batterista bostoniano continuò a costruire il suo mito grazie a una serie di collaborazioni con alcuni dei più acclamati nomi del jazz del periodo. Le sue evidenti abilità gli permisero di suonare con una flessibilità che lo rese uno dei batteristi più richiesti dell’epoca. Nell’arco della sua lunga carriera, Roy registrò sia con Lester Young, quintessenza dell’era post-swing, che con il chitarrista Pat Metheny, araldo della fusion degli anni Settanta/Ottanta.
Per un certo periodo, ma in modo significativo, Haynes fu associato alla cantante Sarah Vaughan e ad alcuni dei principali pionieri del bebop, in particolare Charlie Parker, Bud Powell e Thelonious Monk, ma fu anche il batterista di album epocali come «Out There» (1961) di Eric Dolphy, «The Blues And The Abstract Truth» (1961) di Oliver Nelson, «Impressions» (1963) di John Coltrane, «Black Fire» (1964) di Andrew Hill e «Now He Sings, Now He Sobs» (1968) di Chick Corea; senza tralasciare «Miles Davis And Horns» (1956) di Miles Davis e «The Sound Of Sonny» (1957) di Sonny Rollins; quindi fu protagonista in alcuni lavori della generazione successiva, tra i quali «Thembi» (1971) di Pharoah Sanders, «Domino» (1962) di Roland Kirk e «The Way Ahead» (1968) di Archie Shepp, operando principalmente al soldo della Blue Note e della Impulse! Records. Il batterista di Boston non si limitò ad essere un prolifico sideman, ma intraprese anche una carriera di band- leader creando diversi gruppi, presentati sotto il nome di «Hip Ensemble» e pubblicando numerosi album, quale patrimonio musicale a disposizione di intere generazioni di jazzisti e di cultori del genere. Grazie alla sua non comune abilità di batterista, Haynes ricevette numerosi attestati e premi. Nel 1994, si aggiudicò il prestigioso Danish Jazzpar Prize, seguito dal NEA Jazz Masters Award nel 1995. Con il passare degli anni anni, la sua popolarità venne riconosciuta a livello internazionale, culminando con l’inserimento nella Down Beat Jazz Hall of Fame nel 2004 e con l’assegnazione di un Grammy Award alla carriera nel 2011.