// di Guido Michelone //
Dopo i concerti a Umbria Jazz, ad Atina Jazz, al festival CastelCello, al festival Elba Isola Musicale d’Europa, Vincent Peirani, il19 settembre, è atteso a Cutrofiano (Lecce) per il festival I concerti del chiostro. Il quarantaquattrenne fisarmonicista nizzardo – vincitore di trofei prestigiosi , tra cui due Victoire du Jazz e un German Jazz Echo, oltre la nomina di Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres – da oltre 10 anni sta rivoluzionando il linguaggio della fisarmonica jazz, conquistando pubblico e critica internazionale attraverso carisma, immaginazione, progetti, estetica, come si evince da un curriculum che vanta le collaborazioni via via con Michel Portal, Richard Bona, Youn Sun Nah, Daniel Humair, Emile Parisiens, Louis Sclavis, Francesco Bearzatti e Stefano Bollani, oltre una decina di album a proprio nome. In Italia in questi giorni suona soprattutto la musica da Jokers, il nuovo disco attraverso cui Peirani sembra andare oltre i propri confini. A suo agio in diversi stili e pronto ad adattarsi a cambiamenti repentini, con Jokers il fisarmonicista decide di cimentarsi per la prima volta nel trio jazz insieme a due “wildcard musicians” dalla forte vocazione all’ibridazione musicale: il chitarrista Federico Casagrande e il batterista Ziv Ravitz, entrambi con esperienze e abilità, influenze da rock e musica elettronica e naturali inclinazioni all’eclettismo sonoro. La figura del “Joker” deriva dal “Jester”, giullare medievale, rappresentato in diverse culture e in varie epoche storiche: personaggio sempre elusivo e camaleontico: in un momento può vestirsi da comico, subito dopo diventa un saggio.
In questa breve intervista, pur nella secchezza delle risposta, Vincent dà prova di estrema intelligenza e di sapere cosa vuole.
D Vincent, puoi raccontarci in breve la tua esperienza artistico-musicale dall’infanzia fino ad oggi?
R Ho iniziato a suonare intorno ai dieci-undici anni, direttamente alla fisarmonica, anche se inizialmente volevo suonare la batteria, ma mio padre ha deciso in maniera diversa… Per mia fortuna è andata piuttosto bene, ma all’inizio ho faticato molto, anche a guadagnare soldi. Ho anche imparato il clarinetto. Per diversi anni ho appreso e suonato il repertorio classico, poi, molto tempo dopo, ho scoperto il jazz e la musica improvvisata.
D Qual è per te il momento più bello della tua carriera musicale?
R Ce ne sono molti! Dirò che l’incontro con la musica jazz è stato per me significativo. Erano gli anni 2000, un amico mi portò alcuni dischi da ascoltare e tra questi c’erano due album: Turn Out The Star di Bill Evans (in trio) e Flashback del gruppo fusion francese Sixun. Allora l’ho chiamato subito per chiedergli come si chiamava questa musica, di che genere. Mi ha detto che era jazz, al che ho risposto: “Ma quale?”. Mi ha detto che entrambi i dischi erano jazz. Sono rimasto molto sorpreso e molto curioso, così ho deciso di interessarmi a questa musica e imparare a suonarla.
D Cosa significa per te la musica?
R La musica è semplicemente la mia vita, il mio ossigeno, il mio rifugio, la mia amica. Lei è tutto per me. Senza di esso, non sono me stesso.
D E cosa rappresenta per te il jazz?
R Il jazz è una musica che consente tutti gli esperimenti, le mescolanze, gli incontri, le associazioni più folli. Permette una libertà immensa e soprattutto è musica in continua evoluzione. È musica vivente al 100%!!!
D E ancora: cosa significa per te l’improvvisazione?
R L’improvvisazione è una delle caratteristiche principali della musica jazz. L’improvvisazione ti permette di esprimerti in modo unico e individuale, e ti permette anche di incontrare gli altri, è un vero dialogo tra le persone.
D Secondo te il tuo disco jazz più bello?
R Devo ancora farlo!
D Esistono per te dei collegamenti tra il jazz e la politica?
R Non ne ho idea, anche se penso che, a seconda dei luoghi, dei diversi periodi della nostra storia, suonare jazz avrebbe potuto essere una forma di atto politico, di resistenza.
D Cosa pensi della situazione del jazz in Francia oggi?
R La Francia è un paese dove ci sono molti teatri e diversi festival dove il jazz può esprimersi. Sento che siamo estremamente fortunati a poter lavorare in Francia e a poter suonare e condividere la nostra musica. Anche se, come ovunque, le condizioni sono sempre più difficili, la Francia resta comunque ancora un paese in cui il jazz ha un forte rilievo.