…solcato dalla «saudate» brasiliana e dal languore tipico del soul; soprattutto il sassofonista scelse un repertorio diverso da quello normalmente in uso in tale contesto, marcando molto la sua inflessione blues e rendendo un unicum il suo tributo alla bossa nova.

// di Francesco Cataldo Verrina //

Rovistando negli archivi della memoria ci si rende conto che alcuni dischi sono stati solo meno fortunati di altri. Ad esempio «Bossa Nova Soul Samba» di Ike Quebec potrebbe contenere il primato a quello che è forse il suo album più celebre e lodato, ossia «Blue And Sentimental». Nel periodo compreso tra il 1961 e 1962, Quebec registrò cinque splendide sessioni per la Blue Note mentre la sua lotta contro il cancro, che lo avrebbe ucciso nel gennaio 1963, sembrava, purtroppo, una battaglia persa. Al netto di ogni considerazione, nonostante la moda lanciata da Stan Getz, quella di Ike Quebec non fu una semplice strategia per sfruttare un momento favorevole a questo genere di musica utilizzando un cliché.

Le motivazioni sono molteplici: intanto perché le sue condizioni fisiche gli consentivano di muoversi più agilmente all’interno di un contesto sonoro soffuso e romantico, solcato dalla «saudate» brasiliana e dal languore tipico del soul; soprattutto il sassofonista scelse un repertorio diverso da quello normalmente in uso in tale contesto, marcando molto la sua inflessione blues e rendendo un unicum il suo tributo alla bossa nova. La copertina quasi da film noir in bianco, nero e rosa di questo album rappresenta uno differente stato d’animo, più profondo, notturno, crepuscolare, decisamente in contrasto con la policromia di certi dischi filo-brasiliani dell’epoca; forse il sassofonista avvertiva che questo sarebbe stato il suo canto del cigno. Il destino volle proprio così. L’album è sorretto da un groove morbido e leggero ed è dominato da una persistente malinconia e da un’evidente brumosità. La mente corre veloce a Ben Webster o Coleman Hawkins, ma Quebec esprime una forte personalità e mostra di essere tutt’altro che un succedaneo o un personaggio epigonale: Ike possedeva tutti gli strumenti per affrontare la mania ed il culto della bossa nova che aveva in qualche misura contagiato tanti musicisti jazz; le sue ispirate performance, ma anche quelle collettive, disegnano un piccolo mondo sospeso quasi in una dimensione magica con un nitido senso della melodia; soprattutto il suo modo di suonare, sia pur avvolto in una calma serafica, è sempre dominante. Decisivo l’appoggio di Kenny Burrell alla chitarra, Wendell Marshall al basso, Willie Bobo alla batteria e Garvin Masseaux alle percussioni. «Bossa Nova Soul Samba» è un disco pianoless, tanto che la sessione acquista un’aura di intimità, la musica è calda e pastosa e sembra narrata come una serenata al chiaro di luna.

Perfino la scelta dei brani non fu per nulla prevedibile e scontata, tipica di chi avrebbe voluto «vincere facile»: non ci sono, ad esempio, classici del repertorio di Jobim e nessuna delle nove tracce appartiene al consueto e sfruttato catalogo della bossa nova: per contro sia Burrel con «Loie» che Quebec con «Blue Samba» e «Me ‘n’ You» proposero composizioni inedite ed originali, le quali finirono per diventare i momenti di punta dell’album. Inoltre il sassofonista si prese un bel rischio nell’adattare uno standard tradizionale come «Liebestraum» o il tema di Dvorak «Goin’ Home», trasformandoli in due in pezzi stile samba fatalmente efficaci. L’intero costrutto venne concepito con oculatezza e magistralmente eseguito, con l’intento di trattare la bossa come un’inedita opportunità di espressione e crescita personale e collettiva, non solo una moda da cavalcare.

La relativa brevità della maggior parte delle tracce è senza dubbio una dei punti di forza di «Bossa Nova Soul Samba», dove sembra accadere tutto e subito. Il modulo sonoro si adatta bene allo stato fisico e mentale di Quebec: non aspettatevi impeti o esibizioni muscolari, ma una spirale di emozioni che cammina sempre sottotraccia Il sassofonista suona con una straziante tenerezza, supportato dalla sensibilità di Kenny Burrell. L’album è piuttosto doloroso da ascoltare, non per la musica che è estremamente coinvolgente, ma per gli eventi che lo circondano. Registrato nell’ottobre 1962, fu l’ultimo album del sassofonista, il quale meno di quattro mesi dopo sarebbe morto di cancro ai polmoni. L’immagine di un uomo sofferente, forse conscio del proprio destino, difficilmente si allontana dalla mente. Lo stesso Rudy Van Gelder, nelle note di copertina per un’edizione rimasterizzata dell’album, scriveva: «Ike ha sempre suonato meravigliosamente, anche alla fine, quando stava morendo, voglio dire, letteralmente morendo».

«Bossa Nova Soul Samba» è una preziosa gemma poco conosciuta della Blue Note, pervasa da un un lirismo elegiaco, soprattutto se si considera che nessuno dei musicisti aveva mai suonato prima qualcosa di simile alla bossa; eppure fu un set assai convincente, forse il più riuscito in assoluto della breve carriera di Ike Quebec, anche se non documentato o certificato da molti libri di storia del jazz.

Ike Quebec

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