Fiorenza Gherardi De Candei

// di Guido Michelone //

Fiorenza Gherardi De Candei è molto di più che un semplice ufficio stampa, come ama definirsi: per via dell’attività di consulente della comunicazione e del management, negli ultimi tempi si è guadagnata – meritatissimamente – insegnamenti universitari a tutto spiano. E poi è una persona che in un ventennio di esperienze lavorative ha interagito con jazzmen internazionali del calibro di (citati in ordine alfabetico) Dee Dee Bridgewater, Chick Corea, Jack DeJohnette, Steve Gadd, Egberto Gismonti, Herbie Hancock, Maria João, Joe Lovano, Gregory Porter, Wayne Shorter, Ralph Towner, Tuck & Patti, Israel Varela, Norma Winstone e nel pop con Luis Bacalov, Andrea Bocelli, Gilberto Gil, Ennio Morricone, Kamal Musallam, Roger Waters. Lunghissima è altresì la lista dei jazzisti italiani – Cristiano Arcelli, Matteo Bortone, Dario Deidda, Maria Pia De Vito, Cettina Donato, Ettore Fioravanti, Sade Mangiaracina, Rita Marcotulli, Giovanni Mazzarino, Musica Libera, New Talents Jazz Orchestra, Caterina Palazzi, Greta Panettieri, Marilena Paradisi, Piji Siciliani, Gegè Telesforo, Cristina Zavalloni – non senza scordare le etichette discografiche Edizioni Musicali 22R, Emme Produzioni Musicali, Encore Jazz, Jando Music, Jazzy Records, Tosky Records. Conosciuta di persona un anno fa all’interno del Torino Jazz Fest: affabile, preparata, fascinosa, gentilissima.

D In tre parole chi è Fiorenza Gherardi De Candei?

R Ufficio stampa, amante dell’arte e di un vivere poetico. 

D Ci racconti ora il primo ricordo che hai della musica?

R La Turandot di Giacomo Puccini. Ero davvero piccolissima, 2 o 3 anni, i miei genitori mi facevano addormentare cullata da tanta musica, ma ricordo soprattutto quest’opera. 

D E il primo ricordo del jazz?

R Sempre grazie agli ascolti dei miei genitori:Rhapsody in Blue e le voci di Louis ed Ella.

D In sintesi, i principali momenti della tua attività professionale?

R Ho iniziato a organizzare eventi in ambito universitario, nel 2003. Nel 2005, a 22 anni, ho aperto con altri soci una società di omunicazione, dove ho capito che il mio percorso era nell’ufficio stampa per la cultura e la musica, e nell’insegnamento, che amo. Nel frattempo studio musicologia e nel 2008 mi laureo con una tesi sui social network come nuova risorsa di marketing per la musica (in particolare su MySpace che era in voga prima di Facebook). Intorno al 2011 inizio una carriera individuale nell’ambito del jazz, collaborando con festival, etichette discografiche, artisti italiani e stranieri: un percorso meraviglioso. Nel frattempo l’esperienza raccolta sul campo, unita a quella dell’insegnamento, mi porta a elaborare un format didattico dedicato all’Autopromozione e al Personal Branding. Ad oggi ho insegnato in oltre 100 classi collaborando con Conservatori, Università (Roma Tre e University of the West of Scotland), Scuola Holden, Art Village e diversi festival.

D Quali sono i motivi che ti hanno spinto a occuparti (anche) di jazz?

R Sono musicalmente onnivora. Ma il jazz mi ha conquistato con i suoi valori.

D Ma cos’è per te il jazz?

R Una continua crescita spirituale. L’incontro con ciò che è diverso, che può dar vita a nuove forme musicali, ma anche esistenziali.

D Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associ alla musica jazz?

R I valori che lo hanno reso Patrimonio UNESCO: tolleranza, fratellanza, incontro, eterogeneità, sperimentazione continua.

D Ami più la musica dal vivo o su disco? E per quali motivi?

R Impossibile scegliere. Durante l’ascolto di un disco la musica, l’autore, il testo, i suoni danno vita a emozioni solo mie e arricchiscono il mio mondo interiore. Con la musica dal vivo si entra in connessione con l’artista. Uno degli aspetti che più amo del mio lavoro è proprio la comunione che si instaura con l’artista e la possibilità di vivere i concerti dietro le quinte o sotto il palco.

D Tra i concerti a cui hai assistito – in quanto coinvolta nell’organizzazione – quale ti è rimasto maggiormente impresso nella memoria?

R Impossibile rispondere, ce ne sono stati davvero tanti memorabili.

D Hai aneddoti o curiosità da svelarci sui jazzisti che hai incontrato di persona?

R Quando ho incontrato Wayne Shorter per la prima volta, a Umbria Jazz 2014, aveva appena terminato un concerto in duo con Herbie Hancock. È stato un live difficile per me: non ero riuscita a entrare nel loro “flusso”. Quando in camerino ho condiviso con Wayne questa mia difficoltà, mi ha risposto che anche per lui non era stato un concerto semplice, mi ha colpito molto questa affermazione, è anche lo scambio che abbiamo avuto in seguito. È stato di ispirazione. Nel 2013, sempre durante Umbria Jazz, ho passato del tempo in compagnia di Dee Dee Bridgewater, parlando di tantissimi argomenti, anche personali. Una energia prorompente, generosa, positiva.

D Qual è per te il momento in assoluto più bello della tua carriera?

R Ogni volta che entro in profonda connessione con la creatività di chi fa musica.

D Come vedi la situazione della musica in Italia? O più in generale della cultura oggi in Italia?

R Penso sia importante distinguere, e scegliere, tra marketing e arte/cultura. E insegnare ai giovani la differenza. Scegliere è proprio la parola chiave. Un atto non sempre facile quando con un semplice clic si accede a tutto, e tutto entra incondizionatamente nella nostra vita. Ne parlo spesso durante i miei corsi di Autopromozione: iniziamo a scegliere di decidere la quantità e la qualità di presenza nelle nostre vite di pubblicità, tv, film, serie e ovviamente social. Restituendo lo spazio perso alle attività, ai rapporti umani, alle discussioni, può fiorire la cultura.

Fiorenza Gherandi De Candei

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