«Afternoons» è un disco duale a base di jazz espanso, valido per una meditazione olistica, quasi totalizzante o ideale per lasciarsi trasportare dalle narrazioni tematiche di Federica Michisanti che configurano e trasfigurano continuamente un universo parallelo alimentato da una liricità aliena caduta sulla terra degli uomini.
// di Francesco Cataldo Verrina //
Federica Michisanti è una musicista multitasking con una visione piuttosto dilatata dello scibile sonoro. Il suo modo di operare è la rappresentazione plastica del sincretismo tipico del jazz contemporaneo che applica al vernacolo inedite regole d’ingaggio e strutture insiemistiche non comuni. La contrabbassista è oggi un fenomeno riconosciuto dagli addetti ai lavori e dalla critica, quale vincitrice del Top Jazz 2020 con il suo progetto «Horn Trio»,eletta come miglior formazione italiana dell’anno, precedentemente Premio Siae 2019 e con un flottante piuttosto attivo in relazione ad un pubblico che ne apprezza originalità e talento. Il suo nuovo album «Afternoons», da qualche settimana sul mercato, è il secondo lavoro pubblicato dalla Fondazione Musica per Roma, Auditorium Parco della Musica Records. Il titolo ha una perfetta aderenza con il contenuto, almeno a detta della titolare del progetto: «Il titolo del disco evoca certi pomeriggi pervasi da quella luce speciale che, come una seconda alba, porta la promessa di avere ancora molte possibilità prima che la giornata si concluda; oltre che passati in compagnia della musica nella creazione della maggior parte di queste composizioni, eccezion fatta per ‘Nocturne’ che, come si può dedurre dal titolo, è una creatura del buio».
Le suggestioni personali evocate da Federica ottengono la piena compliance del fruitore medio, basta un fugace ascolto per comprendere come la contrabbassista sia riuscita ad incapsulare all’interno di sole sette tracce, tutte farina del suo sacco, un fitto percorso ideomatico e ideativo che riesce a far convivere sul filo di una tensione superficiale costante elementi molteplici provenienti dai due lobi cerebrali della musica. Nonostante l’impianto sonoro non possa beneficiare di uno strumento armonico, un pianoforte e una chitarra per intenderci, tecnica ed emozioni trovano un facile svolgimento su una piattaforma espressiva e strumentale tutt’altro che canonica, a cui l’elettronica, usata com grano salis, conferisce ambientazioni e cromatismi che travalicano il semplice apporto di un composito kit ritmico. Al contrabbasso della Michisanti sono stati affiancati tre accreditati strumentisti europei rinomati a livello continentale: il clarinettista Louis Sclavis, da tempo collaboratore della contrabbassista romana, Vincent Courtois al violoncello e Michele Rabbia batteria ed electronics. Le composizioni della Michisanti si estendono su un vasto territorio che ingloba elementi afrologici ed eurodotti, districandosi abilmente fra richiami classici e cameristici, nonché tentazioni legate al jazz d’avanguardia, dove l’atto improvvisativo si sostanzia attraverso una composizione ed un by-play quasi in tempo reale, dove l’impianto di base sembrerebbe solo accennato e rimandare a vissuti precedenti, senza mai cadere nel citazionismo calligrafo.
Due composizioni «Nocturne» e «Spot», concatenate insieme rappresentano emblematicamente l’idea dell’itero concept, accomunate da una improvvisazione sine die, dove la parte finale del primo frammento, più sospeso ed onirico, sembra cercare una forma di redenzione più jazzistica nel secondo, locupletato da un impianto ritmico frenetico e tagliente, migrando da un’atmosfera brunita e crepuscolare verso un habitat aperto e alimentato ad energia solare. Tutto il lavoro del line-up si colloca all’interno di un quadro intrigante avvolto in una cornice cornice ritmica che consente alle melodie di adagiarsi e rotolare piacevolmente a seconda del mood compositivo: «Floating», ad esempio, che fluttua attraverso repentini cambi d’umore e il sostegno di un groove tarantolato, nella cui bolgia sonora ricca di pathos si staglia la voce del clarinetto. Per metafora, il contrabbasso della Michisanti più che la bacchetta di un direttore d’orchestra assume le sembianze di una bacchetta magica che indirizza e magnifica il torrente sonoro in modo deciso e autorevole: il suo assolo in «Sufi Loft» scava in profondità con un timbro che sembra risuonare oltre la barriera del suono. I due sodali francesi, Sclavis e Courtois, si divincolano attraverso libere circonvoluzioni, che talvolta seguono un’idea di trasversalità aerea e non afferrabile sfociando in improvvisazioni libere, come nel minerario e cuniculare opener «Two», altre sembrano confluire al nucleo centrale del costrutto concettuale coerente, ne riempiono e ne colorano i contorni obbedendo agli assunti basilari del progetto. A volte le improvvisazioni sembrano poco recintate e perimetrabili come in «Not» dove la contrabbassista è sostenuta da Michele Rabbia attraverso una ridda di suoni umorali prodotti dalla con la batteria, dall’elettronica o con altri ammennicoli, fino a raggiungere il climax in situazione apparentemente più geometriche come «Be4 PM». «Afternoons» è un disco duale a base di jazz espanso, valido per una meditazione olistica, quasi totalizzante o ideale per lasciarsi trasportare dalle narrazioni tematiche di Federica Michisanti che configurano e trasfigurano continuamente un universo parallelo alimentato da una liricità aliena caduta sulla terra degli uomini.
