…una trama sonora a maglie larghe fra le quali fanno capolini personaggi ed interpreti, luoghi e suggestioni in un susseguirsi di scenari musicali che si arricchiscono progressivamente per dipanarsi attraverso una dinamica espositiva carica di tensione, lirismo, pathos e poesia…
// di Francesco Cataldo Verrina //
Una musica dal sapore antico trasportata sulle ali della fantasia, tra storia e leggenda, in un contesto para-jazzstico, dove armonie classiche e rapsodie moderne si intersecano come le fibre di un arazzo dai cromatismi ora tenui, ora accecanti, segnati da voli pindarici improvvisativi. Un mondo lontano nel tempo che riaffiora e che si riverbera nell’aria attraverso un concept sonoro contemporaneo, dove l’incontro fra due musicisti di rilevanza europea, Michel Godard, serpentone basso e Roberto Ottaviano sax soprano, detta le regole di una nuova chanson de geste declamata in versi e alimentata da un costrutto sonoro ricco di fermenti creativi, in cui parole e musica si fondono in un armonioso incanto.
Forti del sostegno della cantante Ninfa Giannuzzi, di Luca Tarantino alla tiorba, antico strumento a corde della famiglia dei liuti e dell’action voice di Anita Piscazzi, i due sodali hanno sviluppato un suggestivo racconto sonoro ispirato alla controversa storia d’amore tra Federico II e Bianca Lancia, ammantata da un alone di mistero e da tante leggende come quella che vorrebbe che ogni notte, dal giorno della morte di Bianca, nella «Torre dell’imperatrice» del Castello di Gioia del Colle, si avverte un flebile e straziante pianto che, a tratti sembrerebbe riecheggiare fra le pieghe del disco in quel suono ricco di profonda sofferenza umana, finemente riverberato dai due strumenti a fiato. Ed è proprio in quel luogo che il piccolo ensemble guidato da Ottaviano e Godard ha voluto ricreare l’ambientazione ideale che fa da leitmotiv, nonché da corollario a tutto l’impianto musicale, traendo linfa vitale, ideativa ed ispirativa dalle mura del vecchio maniero, che diventano un sorta di strumento aggiuntivo all’interno delle quattordici composizioni dell’album. Alcune fonti indicano il castello come luogo di una relazione clandestina tra Federico II e Bianca Lancia. Le note di copertina ci informano che «è il lamento di Bianca offesa che protesta in eterno la sua innocenza, proprio come è eterna la misura del tempo di un astrolabio, simbolo di morte e di rinascita perenne». Così è proprio l’astrolabio, strumento astronomico tramite il quale, nell’antichità era possibile localizzare o calcolare la posizione del Sole e le stelle, legata al giorno dell’anno e all’ora, a diventare il simbolo di una narrazione musicale accorata e velata di misticismo.
«Astrolabio Mistico», edito dall’etichetta Dodicilune racconta in musica le vicende del puer Apuliae e dell’avvenente Bianca Lancia, moglie, amante e compagna fedigrafa rinchiusa in una torre della fortezza di Gioia del colle fino al concepimento di un figlio avuto proprio dall’imperatore. Verità storiche e leggende popolari si sovrappongono e fanno da guida alle composizioni di Roberto Ottaviano (1, 6, 9, 12), Ninfa Giannuzzi (2, 4, 13, 14), Michel Godard (3, 5, 8, 10, 11), Luca Tarantino (7) ed ai suggestivi testi Anita Piscazzi redatti nello stile tipico degli antichi chansonnier. Federico II e Bianca Lancia d’Agliano si conobbero pochi mesi dopo l’infelice matrimonio tra l’imperatore e Jolanda di Brienne, attardandosi in una relazione dalla quale nacque Manfredi, destinato al trono di Sicilia. Durante la gravidanza, la donna venne segregata nel castello di Gioia per un atto di adulterio, o per un eccesso di gelosia da parte del sovrano. Dopo aver partorito, a causa dell’offesa arrecatale da Federico, Bianca Lancia si uccise con un pugnale dopo essersi recisi i seni, che mandò all’imperatore su un vassoio assieme al neonato Manfredi. Altre fonti sostengono che la donna pentita chiese all’imperatore di legittimare i tre figli avuti dalla loro relazione e che Federico, nel frattempo vedovo della terza moglie Isabella, si sia unito a lei in un regolare matrimonio consentendole di essere imperatrice per pochi giorni. Ce n’è davvero per un una trama cinematografica ricca di colpi di scena, ed il progetto di Godard e Ottaviano assume proprio queste peculiarità, divenendo una trama sonora a maglie larghe fra le quali fanno capolini personaggi ed interpreti, luoghi e suggestioni in un susseguirsi di scenari musicali che si arricchiscono progressivamente per dipanarsi attraverso una dinamica espositiva carica di tensione, lirismo, pathos e poesia, dove a turno strumenti, voci e parole sembrano ricreare un’azione cinematica che si proietta lungo un ampio fascio sonoro spazio-temporale. Il plot narrativo sostenuto da una musica leggiadra e madrigalesca, nonché scaturito dall’incontro di differenti personalità artistiche sembra saldare insieme tradizione classica, madrigali, elementi barocchi, sonorità pre-rinascimentali agli impeti della musica improvvisata del Novecento conducendoli fino alla contemporaneità di un modulo esecutivo tutt’altro che impantanato nelle paludi del manierismo. Il gruppo di lavoro individua subito un punto di confluenza equidistante che costituisce il nucleo cellulare del progetto, in cui l’osmosi creativa e il sincretismo dinamico diventano gli elementi distintivi dell’intero progetto.