In sintesi «De Visu» scava nei meandri della tradizione per poi riaffiorare in superficie corroborato e forte di una visione post-moderna, una sorta di riaffermazione del giacimento sonoro afro-americano ricollocato all’interno dei sistemi di conoscenza contemporanea.

// di Francesco Cataldo Verrina //

In questo scorcio di millennio il guitar-trio sta diventando addirittura preponderante sul piano-trio all’interno delle dinamiche jazzistiche contemporanee, senza diventarne mai un surrogato. La chitarra, che aveva avuto la sua stagione migliore nella fiorente epopea della fusion, negli ultimi anni si è affrancata dal suo ruolo subalterno anche nell’ambito del mainstream: sono migliorate le tecniche, le regole d’ingaggio e le consapevolezze. Oggi la chitarra guida agilmente un qualsiasi tipo di costrutto sonoro di tipo jazzistico nella sua duplice dimensione melodica e accordale, senza ricorrere a virtuosismi ridondanti ed ostentati. Sostiene Sergio Casabianca: «Sono disposto a tutto. Mi piace «sfidare» i pianisti, con molto rispetto ovviamente, nel senso che oggi c’è un proliferare di letteratura di chitarra funambolica, specialmente dal punto di vista armonico, e poi tutti suonano con il pianoforte. Mi piace prendermi le responsabilità e i rischi in trio cercando di disegnare percorsi che santifichino l’interplay. Il trio si può aprire ed essere la sezione ritmica di un solista potente come un sassofonista o un trombettista».

Parliamo di un chitarrista contemporaneo, dotato di un talento immaginifico che si propone attraverso nove componimenti originali e audaci, tutta farina del suo sacco. «De Visu», pubblicato dalla TRP Records, è un perfetto quadro post-bop avvolto in frame che risente spunti molteplici, legate alla formazione rock adolescenziale dell’autore. Racconta il chitarrista: «Quando ho deciso di fare il musicista professionista avevo vent’anni. Ero un po’ in ritardo rispetto alla tradizionale tabella di marcia, ma mi son messo a studiare con passione. All’inizio dedicandomi alla chitarra elettrica: venivo dal rock, dall’hard rock, dal Metal ero molto interessato al mondo del pop (…) Approfondendo poi gli studi accademici in ambito jazzistico mi sono innamorato di questo mondo (…) Il mio entrare nell’ambito jazzistico è stato graduale». Nel costrutto sonoro di Sergio Casbianca non mancano comunque gli influssi eurodotti, in special modo Beethoven, che il chitarrista catanese descrive come «il più grande di tutti, quello che è riuscito a penetrare atri mondi attraverso la musica, a scrutare l’uomo come mai nessuno ha fatto». Al netto di ogni congettura, Casabianca in questo suo esordio discografico come band-leader esplora un territorio trasversale, contiguo e interno al bop nell’accezione più ampia del termine, trovando conforto nel supporto di Riccardo Grosso al contrabbasso e Peppe Tringali alla batteria. Sin dalle prime battute si percepisce la complicità fra i tre sodali, basata su un interplay quasi telepatico. Spiega Sergio: «Mi piace come ci concentriamo e ci fidiamo l’uno dell’altro». La sinergia fra i tre è facilmente enucleabile soprattutto nella title-track, «De Visu», di cui Casabianca dice: «È un brano complesso, ostico, che necessita di attenzione ma, per me, estremamente divertente ed appagante».

Le composizioni contenute in «De Visu» accedono contemporaneamente al passato e al presente, sfidando la nozione di tempo come unidirezionale e irrecuperabile, rendendo trans-storici gli spiriti ancestrali che abitano sia il passato che il presente. Il chitarrista siciliano ci tiene a precisare: «Il jazz sta tutto nel mezzo. Sono maturato con Charlie Parker, John Coltrane, Bill Evans (…) il mio modo di suonare è influenzato sia dalle tradizioni della chitarra rock, da Van Halen e dagli altri grandi chitarristi del genere e dal mondo della chitarra jazz, dunque John Scofield, Pat Metheny senza dimenticare i classici, Jim All, Joe Pass, Wes Montgomery», dunque egli compone e improvvisa, condensa e sintetizza molteplici esperienze linguistiche e vernacolari in un cinetico mosaico musicale contemporaneo e afro-centrico di forte impatto, a tratti capaci di evocare immagini sofisticate e rarefatte. Ad esempio «Fondamenta Nuove» dedicata a Venezia, dove Casabianca ha vissuto da studente, un componimento che sembra camminare a fil d’acqua sulla laguna veneta trascinato da una melodia fitta di suggestioni. L’opener «Dreams In A Spiral» è giocata su un sincretismo costruttivo che sembra svilupparsi in una progressione spiralica fino a giungere ad un epicentro creativo in cui la melodia s’intensifica e diventa più fruibile. «Sire» è un ballata dall’andamento viaggevole quasi descriva e documentaristica, caratterizzata da un ardimentoso gioco chitarristico che trova la compliance dei due sodali in retroguardia. Il brano guida, «De Visu», è una mercuriale ed articolata struttura bop, con venature funkified. «Birds Of San Marco», considerata dall’autore al pari di una rivisitazione di Donna Lee suonata da Charlie Parker, è la seconda composizione dedicata a Venezia tradotta in una ballata umida e crepuscolare, velata di malinconia e ricca di pathos come un giornata di pioggia sulla laguna. «Milo Crew» è un up-tempo hard-bop che guarda con un occhio nello specchietto retrovisore e l’altro alla contemporaneità descrivendone il mood frenetico: millimetrico l’afflato fra i tre musicisti. «Supposed Teachers» e «Desk Of Love» sono due gioielli di funk metropolitano spalmati su un groove tagliente e minimale. «Raining In My House» è un post-bop trasversale locupletato da pungenti scaglie di funk. In sintesi «De Visu» scava nei meandri della tradizione per poi riaffiorare in superficie corroborato e forte di una visione post-moderna, una sorta di riaffermazione del giacimento sonoro afro-americano ricollocato all’interno dei sistemi di conoscenza contemporanea. Tutto ciò può essere enucleato dall’art work della copertina caratterizzata da una vecchia porta scrostata senza serratura, o comunque senza una chiave nella toppa; un’idea grafica che rappresenta al contempo la tradizione e innumerevoli possibili aperture. A suggello le parole del chitarrista siciliano: «L’uscita di questo mio disco ha sicuramente una notevole importanza per me. «De Visu» è un punto di partenza, un lavoro in cui ho voluto raccogliere materiale musicale di diversa natura, senza lasciare nulla da parte, per cercare di condividere le mie note, le mie necessità artistiche e la mia creatività con colleghi ed ascoltatori. È , come detto, il punto di partenza da cui si diramano diverse strade per il futuro. La mia mappa musicale è in continuo aggiornamento»

Sergio Casabianca, Riccardo Grosso e Peppe Tringali

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