…frutto di alchimia strumentale perfetta e paritetica, mentre le singole individualità emergono e vanno a creare un piacevolissimo effetto d’insieme, dove il basso diventa una sorta di timoniere, il vibrafono traccia le coordinate armoniche e la batteria garantisce la rotta….
// di Francesco Cataldo Verrina //
Antonello Losacco è un bassista di talento capace di esprimersi ad elevati livelli sia sul piano strumentale che compositivo. Va detto che i dischi in cui il band-leader è un bassista aprono infiniti scenari all’apporto sostanziale ed inventivo dei sodali, basato su un interplay dinamico e non vincolato a uno strumento di prima linea al comando. Il bassista titolare dell’impresa è ben conscio che deve aprire i cancelli alla libertà espressiva dei sidemen se intende portare a termine il suo mandato. Le mie tesi trovano conforto nelle parole di Roberto Ottaviano che sostiene: «I bassisti hanno una certa facilità di scrittura e molti fra loro (e non parlo solo di Jazz), sono autori intriganti e prolifici. Mi vengono in mente Steve Swallow, Avishai Cohen, ovviamente Dave Holland, e sconfinando Paul McCartney come Sting….Ho conosciuto Antonello in Conservatorio da quando, studente dei nostri corsi, si è distinto subito come strumentista provetto ma non solo. Quasi da subito la sua gestione del materiale compositivo si è rappresentata con una attenzione al dettaglio, al colore dettato dagli organici ed alla formulazione di strutture affatto scontate». Si consideri, altresì, che la differente gerarchia strumentale apre inedite vie di accesso e di fuga al costrutto sonoro, rispetto al tradizionale line-up, in cui il pianoforte o uno strumento a fiato acquisisce il ruolo di dominus diventando spesso l’unico story-teller, mentre basso e batteria ne sostengono i propositi, accompagnano ed dilatano la progressione melodico-armonica, ma con un ruolo subalterno, anche se non apertamente dichiarato.
«Worlds Beyond» del bassista pugliese Antonello Losacco, pubblicato da GleAM Records, è frutto di alchimia strumentale perfetta e paritetica, mentre le singole individualità emergono e vanno a creare un piacevolissimo effetto d’insieme, dove il basso diventa una sorta di timoniere, il vibrafono di Vitantonio Gasparro traccia le coordinate armoniche e la batteria di Vito Tenzone garantisce la rotta, mentre l’innesto del soprano di Roberto Ottaviano (tracce 1, 4 e 9) e l’aggiunto della voce di Badrya Razen nell’unico brano cantato (traccia 4) espandono lo spettro creativo ed esecutivo del progetto che si muove all’interno di ambientazioni sonore non convenzionali. Ancora le parole di Roberto Ottaviano: «Se già nel suo lavoro di esordio concentrandosi sul quartetto d’archi, croce e delizia di una certa produzione musicale, Losacco mostra di avere le idee chiare, in questa realizzazione attuale mette a punto una cifra definita che per qualità melodica e sospensione poetica, trova una sua matrice a cavallo tra un folklore immaginario (che già fu di un gruppo come gli Oregon), una visione onirica favolistica propria di un certo cantaurotato Canterburyano alla Caravan e di conseguenza alle formule ritmiche care alle atmosfere progressive sulla scia di gruppi come gli Hatfield & the North. Antonello quindi, per determinazione, ricerca puntigliosa e per coniugazione tra impatto emozionale ed imprevedibilità, si ritaglia un posto all’interno di un perimetro molto autorevole fatto di firme già attive da numerosi decenni». Va detto che il basso non prende fuoco subito come gli ottoni o le ance. Perfino quando non è un semplice strumento di retroguardia atto al comping, esso sembra scaldarsi progressivamente, specie se di fianco ha un metallofono come quello del vibrafonista Vitantonio Gasparro, in tal caso ne scaturisce una un biodiversità creativa che, ad esempio, nell’opener «Here and Now» diviene la chiave di lettura dell’intero progetto ed un preciso indicatore di marcia e dove il soprano di Roberto Ottaviano, attraverso un sincretismo costruttivo, rarefatto ma tangibile, diluisce l’eccesso di intimismo e di volatilità immaginifica. Il flusso sonoro onirico e sospeso s’intensifica in «Guarda Lontano» che, con un movimento felpato e vibrante, sembra provenire sempre da un remoto altrove, per poi spalancarsi come un occhio bionico in direzioni molteplici alla ricerca di nuove percezioni.
Losacco agisce come se fosse interessato molto più alla poetica che alle dinamiche intersezionali del suono, ma solo in apparenza: la fisicità del jazz, o sedicente tale, cede il passo ad un effluvio di suggestioni liquide che in «Devo andare» mettono in evidenza un’urgenza di alterità e di libertà espressiva al contempo, tese al distacco, ma incanalate in una precisa direzione sonora. Il vantaggio consiste proprio nella facilità di manovra indotta delle timbriche del vibrafono e della batteria, che s’imbattono nelle molteplici potenzialità armoniche, melodiche e ritmiche del basso a sette corde stabilendo una perfetta triangolazione, fino a quando non s’inserisce il sax soprano di Ottaviano. L’esempio più eclatante è «Clouds & Trees», dove tra alberi e nuvole, cielo e terra, l’effetto descrittivo quasi sussurrato dal vibrafono, come gocce d’acqua che cadono dalle foglie degli alberi dopo la pioggia, viene arricchito da una narrazione quasi fiabesca, mentre basso e batteria fungono da incentivi al cambio di mood. Il passaggio dall’uno all’altro strumento di prima linea non è solo di tipo sonoro, ritmico e timbrico, ma costituisce anche un cambiamento fisico: mutano sia l’approccio che la prossemica della sagoma sonora. «I Tuoi Occhi» rappresenta l’unico componimento di Losacco non inedito, poiché presente nel disco precedente, «Respira». In quella circostanza fu proposto con arrangiamento per quartetto d’archi, pianoforte e basso sei corde. In questa nuova versione, che racchiude una sintesi dell’universo compositivo ed emozionale dell’autore, il basso a sette corde diventa un perfetto strumento di prima linea, ricco di cromatismi melodici e sfumature armoniche, tanto da fare invidia ad un’ intera sezione di «stringhe», tra melodie stratificate e contrasti armonici. «La Doppia Ora» è una divagazione spazio-temporale, calata in un’atmosfera quasi sussurrata ed a tratti narrata sottovoce, mentre si dipana in un crescendo ritmico in overclocking, in cui il basso usa il metodo della pulsazione, quasi a voler scandire il tempo che passa. «Havona», unica composizione non originale, è un omaggio a Jaco Pastorius, bassista elettrico per antonomasia. L’ambientazione fusion alla Weather Report spinge il line-up su un terreno funkified, dove l’interplay dinamico assume un ruolo dominante al fine di ricreare un humus più urbano e screziato. «L’attesa» attira ancora un volta il fruitore in una dimensione del tempo vaporizzato e senza tratti somatici distinguibili, sulla scorta di un languore brunito fatto di sonorità diafane e ovattate. Sul finale, «Autumn Tales» strutturato come un intimo dialogo tra sax soprano e basso a sette corde suonato come un’arpa. Losacco stende un groove quasi ipnotico sulla progressione di Ottaviano che sviluppa una melodia dai contrafforti descrittivi e paesaggistici, in cui i colori dell’autunno si intersecano perfettamente ai cromatismi del piccolo sassofono. A conti fatti, in «Worlds Beyond» Antonello Losacco ha trovato soprattutto dei complici, sinergie ed energie volte ad implementare la causa del suo progetto. L’assenza di una precisa gerarchia strumentale ha agevolato lo sviluppo aperto e quasi dematerializzato di un universo melodico-armonico meno prevedibile, impantanato intorno a una figura dominante o legato ad un preciso linguaggio.