«New Way» dei Travel Collective un viaggio multietnico a spirale intorno al nucleo gravitazionale del jazz (Art in Live, 2023)

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// di Francesco Cataldo Verrina //

Travel Collective è un nome che evoca immediatamente l’idea del viaggio, sia pure ideale. Un’esplorazione sonora in movimento che si dipana verso innumerevoli latitudini guardando in direzione dei quattro punti cardinali dello scibile sonoro. Un incrocio di ritmi e colori che lambisce i meandri, i contorni e gli anfratti di molte città che rappresentano le tappe dell’itinerario compositivo ed esecutivo e forniscono i titoli a «New Way». Siamo di fronte a un progetto politematico implementato sulla scorta di una visione aperta e permeabile del jazz contemporaneo, dove zone di confine si fondono in un pregevole melting-pot, ben integrato in situazioni musicali strutturate all’interno di un processo compositivo, nonché propedeutiche all’interazione improvvisata tra elementi meticci provenienti da differenti angolazioni. Non a caso il Travel Collective si regge su due punti cardine: Marco Vezzoso tromba e flicorno e Alessandro Collina piano e tastiere elettroniche, duo jazz collaudatissimo, a cui fanno da corollario e da supporto sette artisti provenienti da tutto il mondo in grado di generare situazioni ritmico-armoniche attraverso un processo di relazione inter-etnica. Le parole dei titolari dell’impresa sono alquanto esaustive: «La scelta di un collettivo per questo nostro nuovo disco deriva dalla necessità di esplorare nuovi mondi sonori. Dopo il nostro vecchio album «Travel» le composizioni si sono ancor più arricchite di atmosfere esotiche e non solo – dichiarano Marco Vezzoso e Alessandro Collina – Tanti ricordi, immagini, luoghi, persone incontrate riaffiorano nelle melodie della tromba e nelle armonie del pianoforte».

«New Way» dei Travel Collective, disponibile dal 10 novembre sul mercato, si sostanzia nella proposizione di nove componimenti inediti che fanno riferimento ai luoghi di origine dei vari musicisti coinvolti nel progetto con l’idea di «promuovere la comprensione, l’apertura mentale e l’unità tra le persone provenienti da contesti culturali diversi, sottolineando come la musica possa agire come linguaggio universale che collega le persone in tutto il mondo». Ognuno degli elementi coinvolti offre stimoli e suggestioni in grado di generare sequenze e ambientazioni musicali eterogenee ma riconciliate da un substrato jazz che funge da collante tra esotismo formalismo e aspetti idiomatici, nonché da amalgama, grazie alla flessibilità espressiva e all’apertura mentale di Vezzoso e Collina che diventano i demiurgi e i tour operator musicali attraverso le varie città, nonché un insieme di mondi, talvolta immaginari ai fini narrativi, i quali spaziano dal vernacolo jazzistico alla musica eurodotta, passando per la world music, fino a sfiorare l’easy listening, al fine di creare un senso di circolarità armonica e di collettività paritetica tra le diverse anime che albergano fra le pieghe del concept strumentale. Basta ascoltare l’opener «Rain In Seul» con il suo mood funkified e la sua laminatura soul-jazz coibentata da speziati esotismi per comprendere dove siano fissati i punti di ancoraggio del progetto. Per contro «M°Kerpatenko» sceglie la via del canto, forte della voce di Cecilia Barra, per immergersi in una dimensione brunita, sussurrata, ricca di lirismo e di armoniche spattraliste e nottambule, a cui fa seguito «Kyoto Flowers» con i suoi cambi di mood e di passo fra tromba e pianoforte che soggiacciono alla fascinazione floreale dell’estremo lembo di un Oriente sonoro che offre cento sfumature di vernice creativa. Il connubio fra suoni acustici, etnici ed elettronici, conferisce al parenchima sonoro un senso di fusione multistrato. È quanto emerge da «No Black Tie In Kuala Lampur». Per contro «Dubai’s Moon» tratteggia un arabesco flessuoso ed intrigante, a cui la tromba di Marco Vezzoso fa da io-narrante. Non va tralasciato il fatto che il Travel Collective sia un mosaico culturale e musicale composto, oltre che da Marco Vezzoso e Alessandro Collina da Andrea Marchesini (percussioni), Dominique di Piazza (basso) e Neyveli S. Radhakrishna (violino), tre artisti con i quali il duo ha già collaborato in passato, a cui si aggiungono Kevin Saura (chitarra), Khaled Ben Yahia (ud), Praveen Narayan (tabla) e Cecilia Barra (voce).

Con l’arrivo di «Paris In TGV» è ancora un proliferare di poliritmie urbane e di percorsi dall’andamento geometricamente asimmetrico caratterizzate da improvvise alterazioni che sfuggono ad un approccio improvvisativo canonico, divenendo così propedeutiche all’interplay tra i due band-leader, a cui fa da contrappunto la chitarra di Kevin Saura. «Osaka Bridges» ha le sembianze di un commento documentaristico, sotto cui passano immagini di mondi lontani e sospesi, dove gli spazi interstiziali si dilatano come occhi pieni meraviglia in uno sguardo indirizzato verso l’inconoscibile che, nota dopo nota, diventa familiare e trasparente. «Nice Nissa», avvolta in un’aura esotica e mediorientale, evidenzia la presenza di una sensibile conoscenza della tradizione e di una pertinente propulsione ritmica costante e mai oltremisura. «Hangin’ Out In Sanya» è una ballata bisbigliata, quasi cameristica, sottesa da un groove spennellato e completamente affrancata dai gravami della complessità armonica, in cui piano e flicorno si fanno promesse per l’eternità. «New Way» dei Travel Collective è un album politematico incentrato su un’umanità sonora varia eppure compatta, logica ed omogenea nel risultato finale, in cui gli apporti improvvisati agiscono lungo un tracciato apparentemente ampio ma centripeto, come una spirale che si allarga per poi restringersi tornando continuamente la centro gravitazionale dell’idea di partenza sorretta da un incrollabile impianto jazzistico.

Travel Collective

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