«Kaleidoscopic Rendez-vous» di Giampaolo Ascolese, il jazz in tutta la sua sorgiva vitalità

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Kaleidoscopic Rendez-vous» di Giampaolo Ascolese è uno di quei dischi che rendono dignità e giustizia al linguaggio jazzistico, preservandolo da inutili ridondanze, ardite contaminazioni e fughe verso mondi impossibili.

// di Francesco Cataldo Verrina //

Un bambino chiede al papà: «Che cos’è il jazz?», dopo qualche attimo d’imbarazzo per non riuscire a trovare una spiegazione facile ed immediata, l’uomo prende dalla sua scrivania un CD e lo porge al figlioletto: «Ecco questo è il jazz!». Aggiungiamo noi, il jazz in tutta la sua essenza e dalle sfumature molteplici. Parliamo del nuovo album di Giampaolo Ascolese, che racchiude un vasto range dell’idioma jazzistico, tanto da coprirne tutto l’arco evolutivo: Dice il tenutario del progetto: «Questo nuovo disco testimonia i «quasi sessant’anni» della mia attività professionale come batterista e percussionista, nell’ambito della musica jazz, classica, pop, progressive e creativa passando per la musica da film fino ad arrivare alla musica completamente improvvisata».

«Kaleidoscopic Rendez-vous», pubblicato da Alfa Music è un piccolo scrigno che raccoglie molte perle rare dell’attività del batterista-percussionista, ma anche un disco coraggioso che unisce materiali freschi di conio a registrazioni effettuate in passato con musicisti e sodali illustri. Le parole di Ascolese sono alquanto illuminanti in proposito: «Non basta ovviamente a testimoniare tutto il mondo musicale che ho attraversato, ma documenta molto significativamente il mio percorso che ho voluto descrivere cronologicamente nella sequenza dei brani. Nel disco, oltre a registrazioni effettuate principalmente per esso, sono incluse vecchie incisioni effettuate con «giganti» del Jazz d’oltreoceano con i quali ho avuto l’onore di collaborare».

Al netto della metafora iniziale del padre e del bambino, il disco è la quintessenza del jazz in tutto il suo splendore idiomatica, strumentale ed esecutivo, capace di coinvolgere grandi e piccini, esperti, critici e neofiti. Detto in soldoni, se cerchi un preciso identikit del jazz, la sagomatura di questo album ibrido, ma privo di confini spazio-temporali, appare perfetta in ogni minimo dettaglio. Chiarisce, ancora Giampaolo: «La conoscenza della musica classica, mi ha permesso di imparare a suonare strumenti meravigliosi come il vibrafono, la marimba, lo xilofono ed il glockenspiel, strumenti che ho rigorosamente inserito in molte composizioni di questo disco». I brani sono posizionati in ordine cronologico poichè ho voluto rendere partecipe chi ascolta dei vari periodi che hanno segnato la mia crescita come musicista, dalla conoscenza della sola batteria allo studio della musica classica e degli strumenti «a tastiera»: vibrafono, marimba, xilofono e glockenspiel».

Le tredici tracce accorpate nel progetto diventano così non dissimili ai capitoli di un libro da sfogliare e, nonostante l’apparente diversità, risultano come legate da un fil-rouge, che ne corrobora la fruibilità, allontanando l’intero costrutto da quello che potrebbe sembrare un semplice lavoro di assemblaggio. L’opera di cucitura è eccellente, tanto da creare un vero e proprio mini-concept, almeno nel mood. Ovviamente Ascolese ci tiene a precisare che «I brani sono tratti da registrazioni già edite che mi sono state gentilmente concesse dalle case discografiche coinvolte, ma anche da brani registrati appositamente per questo progetto, come «Caravan» e «This Is for Albert», registrati con il mio progetto dedicato ad Art Blakey, «My Heart for Art», la «Tarantella» di Gioacchino Rossini, suonata in duo, xilofono e pianoforte con il Maestro Gerardo Iacoucci (mio unico insegnante di musica, che ringrazierò sempre per tutta la pazienza che ha avuto con me), «Rising», un originale di Peppe Caporello, suonato con Michele Ascolese e Peppe Caporello, sezione ritmica del gruppo «Spirale», «È quasi l’alba», suonata e «cantata» dal sottoscritto, che dedico al nostro grande Nicola Arigliano (con il quale ho vinto due prestigiosi premi, con due brani che ho inserito in questo disco) e «A Night in Tunisia», suonato con il mio progetto Good Vibes».

Nonostante Giampaolo Ascolese sia un «capitano di lungo corso» del jazz con «Kaleidoscopic Rendez-vous», feat. Nicola Arigliano, Gerardo Iacoucci, Mike Melillo, Sal Nistico, Enrico Pieranunzi, Enrico Rava, Isoritmo e Spirale esprime un entusiasmo ed una verve giovanile, sottolineando di aver perfino osato nel canto: «Le virgolette sulla parola «cantata», rivolto al brano «E’ quasi l’alba», testimoniano tutta la mia spericolatezza musicale. E’ il primo brano “cantato” della mia vita ed ho voluto cantarlo io, per dedicarlo a Marie Reine Levrat; chiedo quindi scusa ai cantanti «veri», soprattutto a Nicola Arigliano, e non credo che succederà più; il mondo musicale della canzone, può quindi tirare un sospiro di sollievo». Va sottolineato ancora che l’omogeneità del prodotto non crea alcun contrasto tra le composizioni create all’uopo ed i brani suonati e registrati con alcuni grandi artisti italiani o d’oltreoceano. Senza togliere nulla al materiale di «repertorio», i due momenti più incisivi dell’album sono propri gli inediti: « Fast City» e «African Prelude» a firma Ascolese, nonché «Colpevole di Fasano-Faschetti-Grottoli e «Rising» di Giuseppe Caporello. Un nota di merito va anche all’art-work della copertina con dei bellissimi disegni curati da Marie Reine. «Kaleidoscopic Rendez-vous» di Giampaolo Ascolese è uno di quei dischi che rendono dignità e giustizia al linguaggio jazzistico, preservandolo da inutili ridondanze, ardite contaminazioni e fughe verso mondi impossibili.

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