Parliamo di un itinerario sonoro che si dipana tra acustico ed elettrico, dove bossa, samba e latin-jazz si colorano di tinte moderne scrutando in varie direzioni.

// di Francesco Cataldo Verrina //

Che cos’è il Brasile, se non l’altra parte della Luna? Una terra ricca di contraddizioni e di contrasti che costituisce, nonostante la sua grandezza territoriale, un’enclave sonora rispetto a tutto il resto del continente Centro-Nord-Americano. il Brasile ha subito meno l’influenza dell’Africa ed in maniera diversa, se paragonato a tutto il resto delle Amerindie; la sua musica possiede delle matrici marcatamente europee; usa una lingua diversa ed unica, il portoghese, che produce un cantato più morbido e flessuoso, a tratti più vicino al francese, fatto di languori, atmosfere malinconiche e chiaro-scuri emotivi. Scegliere il Brasile come motivo ispiratore e raccordo tra mondi musicali possibili è già una precisa scelta di campo.

L’album «Vortice» di Silvia Donati & Nova 40, pubblicato dalla Irma Records, parte dal Brasile, ma ne espande i confini sonori attraverso un visione più contemporanea che potrebbe essere definita musica globale. La formazione culturale di Silvia Donati, interprete bolognese dalla personalità marcata, parla chiaro: studi di base con le cantanti Martina Grosse Burlage e Laverne Jackson, quindi il jazz, frequentando alcuni workshop con Barry Harris, Art Taylor, Rachel Gould, Horace Parlan e Michele Hendricks, nonché la costruttiva esperienza con il quintetto di Marcello Tonolo, Music on Poetry, insieme a Franco Testa, Alfred Kramer, con il quale ha inciso i dischi «Days» e «Seed Journey»., ma si potrebbe continuare all’infinito. Non tutto il contenuto di «Vortice» è Brasile, non tutto è jazz: sonorità più elettriche, con qualche impennata funkified che tende alla ballabilità, tentano di stappare lo scettro del comando all’impianto strutturale di tipo brasilian-jazz, perfino alcuni movimenti latini che puntano il naso verso il centro delle Americhe fanno capolino qua e là.

Il melange sonoro è frutto di un lavoro collegiale che la Donati condivide con i Nova 40: Massimo Greco, nella triplice veste di trombettista autore e arrangiatore di alcune tracce dell’album, il suono della suo tromba diventa un vero e proprio marchio di fabbrica in «Manter a Calma», «Sim ou Não» e «Wide e Sampinho»; Maurizio Piancastelli, trombettista, compositore e arrangiatore, il cui timbro emerge in «Fale Claro»; Alessandro Meroli, flautista e sassofonista-baritono, protagonista con il flauto in «»Fale Claro, con flauto ed il sax baritono in «Sim ou Não», con il flauto in «Sampinho» e in «Apaixonada» e con il sax baritono in «Toda Colorida»; il trombonista Massimo Zanotti, il cui strumento detta legge in «Sim ou Não», «Toda Colorida» e «Sampinho»; il chitarrista Giancarlo Bianchetti, il contrabbassista Christian Lisi e Roberto Rossi, batterista, cantante ed autore, voce in «Parece Vortice» e coautore di «Fale Claro», «Xeque Mate» e «Sampinho»; senza tralasciare il contributo del cantante Nelson Machado e delle coriste Barbara Giorgi e Monica Dardi in «Sim ou Não».

Parliamo di un itinerario sonoro che si dipana tra acustico ed elettrico, dove bossa, samba e latin-jazz si colorano di tinte moderne scrutando in varie direzioni. Da sottolineare che il concept sonoro è nuovo di zecca e non è un trastullo «karaokeistico» a base di standard o rifacimenti di classici, fatta eccezione per la settima traccia, «Toda Colorita», firmata Jorge Ben Jor; per il resto tutti i brani recano in calce firme italiane, ossia quelle della front-woman e dei suoi collaboratori che hanno saputo cogliere appieno il mood ed il groove della musica popolare brasiliana e dintorni.

Silvia Donati, più volte inserita nella Top Ten delle migliori cantanti jazz italiane, si esprime con un timbro talvolta scuro ed avvolgente, altre volte brioso e coinvolgente; nella sua voce non c’è mai sterile calco manieristico o calligrafismo imitativo, ma un’originale conduzione e una perfetta aderenza al substrato sonoro fornito dalla band di supporto. «Vortice, prodotto da Ricky Ohm, Guru Rinaldi e Ninfa è una perfetta sintesi di sonorità che portano il jazz a rigenerarsi sulle strade del Sud del mondo, senza forzature intellettualoidi o sperimentalismi estremi, ma cogliendo l’essenza pura di una lunga tradizione filtrata attraverso un humus fertile, dinamico e contemporaneo.

Silvia Donati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *