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Frank Zappa

// di Guido Michelone //

Nel 1960, durante un game show (in Italia ‘gioco a premi’) dal titolo I’ve Got a Secret per la celebre emittente CBS, il compositore John Cage esegue di persona il proprio brano Water Walk, consistente nel produrre ‘musica’ non solo da pianoforte e percussioni ma soprattutto da un set con bollitore, frullino, vasca da bagno e numerosi altri oggetti (in particolare piccoli elettrodomestici); qualche mese dopo un giovanissimo Frank Vincent Zappa – nato a Baltimora il 21 dicembre 1940 e morto a Los Angeles il 4 dicembre 1993 – in giacca e cravatta e abito grigio imprime il suo marchio di sound anticonformista sulle onde radio americane. Nel 1963, a soli 22 anni e non ancora famoso, appare nello The Steve Allen Show facendo musica munito solo di bacchette, archetto per basso e due biciclette da donna. Di tale evento esiste un video – ora diffuso in rete per la durata di circa un quarto d’ora – che offre principalmente il preludio alla musica vera e propria, con una dimostrazione degli strumenti da parte dell’autore. Poi arriva finalmente il Concerto for Two Bicycles, che vede l’orchestra della trasmissione unirsi al divertimento cacofonico.

C’è chi, dopo quella performance, da un lato si domanda se gli artisti in tempi turbolenti debbano spesso ricorrere a misure estreme per compensare lo stato generale di disordine culturale e, dall’altro lato, si chiede di conseguenza come si possa o si debba essere ascoltati in relazione ai suoni altrettanto fragorosi dei disordini civili purtroppo caratterizzanti l’intero Novecento (e andrebbe aggiunto anche il primo quarto di XXI secolo). Guardando al recente passato, i protagonisti di Dada e Futurismo ad esempio adottano spesso, al di là del rumore, un idioma da music hall arguto e incomprensibile durante la Grande Guerra. Nel mezzo del tumulto della seconda metà degli anni Sessanta, invece, alcuni giovani nati ‘neoavanguardisti’ come Frank Zappa usano mezzi più populisti, ovvero un format e un’immagine apparentemente rock and roll e rhythm and blues, quale veicolo per giochi più sottili e raffinati tra jazz, sperimentazione, classica contemporanea. Ma, al pari dei primi dadaisti, Zappa resta un artista fisico, come si vede nella sequenza in bianco e nero sopracitata: ben rasato, senza baffoni, barbetta, basettone, e con un taglio di capelli elegante, appare tutto solo nello show; all’inizio taciturno durante l’intervista, è ‘reo confesso’ di saper suonare chitarra, vibrafono, basso e batteria, ma sceglie di aiutare il pubblico a recuperare quella che egli stesso ritiene essere una gioia infantile, ossia suonare la bicicletta. ‘Da quanto suoni la bicicletta, Frank?’ chiede Allen. ‘Circa due settimane’ risponde Zappa, strappandogli la prima grande risata.

Zappa parla anche di un progetto antecedente, la colonna sonora del film del 1962 The World’s Greatest Sinner, che Frank medesimo definisce “il peggior film del mondo”. La pellicola verrà presentata in pubblico solo mezzo secolo dopo, diventando subito una delle preferite dal grande regista Martin Scorsese; rivista oggi offre la possibilità di mostrare e capire quanto ne sapesse Zappa in fatto di composizione, alle prese con un’orchestra di 55 elementi. Questo dramma – scritto, diretto, prodotto e interpretato da Timothy Carey e narrato dal doppiatore Paul Frees – si concentra su un ateo frustrato di nome Clarence Hilliard (in seguito God Hilliard) che da assicuratore diventa uomo di potere e di conseguenza aliena famigliari e amici con un crescente egocentrismo e una presenza dittatoriale; dovrà affrontare però le conseguenze del vero Dio della Bibbia. Frank racconta proprio ad Allen in trasmissione di come riesca a registrarne la colonna sonora nel Little Theatre, situato al Chaffey College di Alta Loma, in California, soffermandosi sulla pletora di strumenti utilizzati spesso in funzione innovativa. Allen non sembra impressionato, ma lo è quando Zappa inizia la performance – quasi una gag mutuata da una parodia di Salvador Dalì mediante un’esibizione alla John Cage – dove, agli occhi di un presentatore ridanciano e divertito, appare come un uomo strano ma disinvolto. Frank suona sia una bicicletta dritta sia una capovolta, che per essere ‘musicate’ necessitano di tecniche diverse. Nonostante tutto, mantiene la faccia seria, oscillando tra l’aplomb di un intrattenitore esperto e la schiettezza di un direttore d’orchestra alquanto determinato. E forse è proprio quest’aspetto che emerge ora, nel 2025, dal filmato consultabile on line: non la bicicletta come strumento musicale, ma l’atto fisico di suonare e dirigere, usando movimenti tipici e sequenze precise, nel panorama musicale classico, onde produrre effetti specifici. Nonostante l’umorismo indotto dal presentatore televisivo, ancor oggi sorge il dubbio se Zappa sia in quel momento serio, faceto o provocatore, mentre il corpo, il gesto, l’azione si espandono nel tipo di caos organizzato che solo un genio come lui può orchestrare in maniera così imprevista, originale, sorprendente.

Da Concerto for Two Bicycles trascorre oltre un ventennio prima che esca Boulez Conducts Zappa: The Perfect Stranger (conosciuto anche come The Perfect Stranger). 33 giri pubblicato nel 1984, è un album dell’artista americano diretto in parte dal compositore francese Pierre Boulez (1925-2016) ed eseguito dall’Ensemble InterContemporain, con Pierre-Laurent Aimard, Paul Meyer e lo stesso Zappa al Synclavier. Il disco comprende sette brani, nell’ordine The Perfect Stranger, Naval Aviation in Art?, The Girl in the Magnesium Dress, Dupree’s Paradise, Love Story, Outside Now Again. Per la prima volta nella storia della classica contemporanea del XX secolo un insigne rappresentante della ricerca seriale post-weberniana, nonché straordinario direttore orchestrale dei capolavori di Bartók, Debussy, Mahler, Ravel, Stravinskij, si cimenta con i brani di un personaggio divenuto nel frattempo un riferimento essenziale nel rock alternativo. Tuttavia a Zappa l’etichetta di rockstar o di jazzman sta stretta, giacché è da sempre innamorato di tutte le musiche presenti. Fin da ragazzo si nutre di 78 giri di rhythm and blues (di cui diverrà tra i principali collezionisti mondiali) e al contempo si interessa della classica contemporanea di Halim El-Dabh, Igor Stravinskij, Anton Webern – benché il musicologo Chris Simpson riconosca legami ideali tra lui e tredici diversi classici novecenteschi, tra cui Béla Bartók, Charles Ives, Arnold Schoenberg, Luigi Russolo, John Cage, Karlheinz Stockhausen, oltre a quelli citati – ma soprattutto si innamora delle sonorità di Edgar Varèse (1888-1965), con il quale non fa in tempo a collaborare a molti dei progetti che ha in testa: una parte di essi confluiscono nel gruppo che fonda nel 1965, The Mothers Of Invention, da alcuni critici giustamente definito dada-rock.

Dopo l’irriverente debutto con Freak Out (1966), è nel 33 giri Lumpy Gravy (1968) che Zappa flirta per la prima volta con la musica contemporanea, mentre nel successivo Uncle Meat (1969) gioca tra atmosfere jazz e le cosiddette stupid songs, spesso con intervalli di momenti free form. Dopo lo scioglimento delle ‘Madri’, Zappa riemerge più come compositore che come rockman autoriale, per diventare ‘il grande amante della musica in tutti i suoi risvolti’, nonché un ‘goliarda con il gusto del grossolano che contamina il rock con la musica orchestrale’: a conferma di questa transizione c’è soprattutto la colonna sonora del film diretto dallo stesso Zappa, 200 Motels (1971), che alterna pezzi rock a musica sinfonica eseguita dalla Royal Philharmonic Orchestra diretta da Elgar Howarth, tutta composta e arrangiata da Frank medesimo. Edito come postumo nel 2015, l’album Frank Zappa 200 Motels The Suites propone le registrazioni del 23 ottobre 2013 tenute in un concerto al Walt Disney Concert Hall – con il compositore finlandese Esa-Pekka Salonen (1958) a dirigere la Los Angeles Philharmonic e il Los Angeles Master Chorale – in cui furono eseguite diverse tracce dalla colonna sonora cinematografica. L’incontro fra Zappa e la classica è presente in misura parziale in alcuni brani di Studio Tan (1978), nell’opera rock incompiuta Thing-Fish (1984) e soprattutto sia nei due volumi di London Symphony Orchestra (rispettivamente 1983 e 1987) sia nel canto del cigno The Yellow Shark (1993, dal vivo con l’orchestra tedesca Ensemble Modern), oltre che nelle citazioni in molti altri dischi.

Tuttavia, si può concludere il sia pur rapido discorso sullo Zappa ‘classico’ con un’operazione singolare, ovvero Francesco Zappa (1984), quattordicesimo album in studio, in cui l’autore esegue al Synclavier composizioni di musica da camera attribuite a Francesco Zappa (alcuni movimenti tratti dall’Opus I e dall’Opus IV datati fra il 1763 e il 1788), violoncellista e compositore milanese realmente vissuto nel XVIII secolo e di cui lo statunitense scopre per caso l’esistenza trovando copie degli spartiti e una voce a lui dedicata nel New Grove Dictionary presso la libreria universitaria dell’Università della California a Berkeley. Il clarinettista e compositore David Ocker suona a Frank un pezzo di musica di Francesco Zappa e ne desta la curiosità soprattutto perché si tratta di un omonimo musicista vissuto duecento anni prima. Dato che la musica di Francesco Zappa all’epoca non è in commercio ma è consultabile soltanto presso l’archivio della Libreria dei Mormoni, Frank decide di pubblicarla lui stesso, programmando alcune composizioni per il nuovo sintetizzatore Synclavier allo scopo di eseguirle su disco in questa insolita veste. Francesco Zappa resta quindi il primo album nel quale Frank Zappa usa il Synclavier, ma non il primo a essere pubblicato, poiché brani musicali elaborati per questo strumento appaiono già nei 33 giri The Perfect Stranger e Thing-Fish. In conclusione, potrebbe essere Frank Zappa colui che mette forse tutti d’accordo, giacché incarna al meglio lo spirito americano capace di unire o fondere sonorità lontanissime: sperimentatore sull’onda di Cage, protagonista di rock cabaret, vicino al jazz, al barocco e appunto alla classica, che arriva fino a veder dirigere la proprie musiche in versione sinfonica.

Frank Zappa

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