«La Castagna» di Krishna Biswas: la forza tranquilla delle emozioni (Dodicilune, 2025)

Un album che racconta un percorso musicale mai declamatorio e ricco di quadri impressionistici a tinte tenui, in cui la chitarra si fa essenziale, come un ultimo messaggio o una riflessione che conclude l’esperienza dell’ascolto lasciando un senso di completezza e di ritrovata quiete interiore.
// di Francesco Cataldo Verrina //
La produzione musicale di Krishna Biswas rappresenta un unicum nel panorama della chitarra acustica contemporanea. Il suo più recente lavoro, «La Castagna», pubblicato dall’etichetta Dodicilune, si configura come una prova tangibile ed inconfutabile dell’evoluzione stilistica di un artista che ha saputo coniugare rigore accademico, contaminazioni interculturali e un’indole sperimentale.
Biswas, nato a Firenze nel 1977 da madre americana e padre indiano, ha attraversato molteplici fasi formative: dalla chitarra classica sotto la guida del M° Ganesh Del Vescovo alla chitarra elettrica nei generi rock, metal e jazz, prima di approdare alla chitarra acustica come mezzo espressivo definitivo. «La Castagna» si pone dunque sulla linea di continuità con i suoi precedenti lavori (Maggese, Piccola impresa irregolare, Maniglie e pomelli), ma evidenzia una maturazione stilistica e una ricerca sonora che affonda le radici nel jazz contemporaneo, con echi di Lage Lund, Gilad Hekselman e Julian Lage. La scelta della chitarra Collings OM2HT, strumento pregiato costruito con materiali selezionati, non è casuale: la signorilità timbrica emerge fin dalle prime note di «Genesi», passo introduttivo che costituisce un vero e proprio manifesto estetico dell’album. Come non rimanere intrappolati in «Filtra moderato ottimismo», composizione che testimonia l’attitudine di Biswas a giocare con dinamiche e modulazioni per trasmettere una sensazione di instabilità controllata, quasi un’allegoria musicale della condizione umana. L’aspetto improvvisativo è centrale in questo lavoro: taluni passaggi come «Bellatrix» e «Cocci rotti», in particolare, mostrano un’istintività musicale che si traduce in un fraseggio libero e una costruzione armonica sofisticata, non priva di tensioni risolutive che amplificano il senso narrativo dell’opera. Anche la scelta della località che dà il titolo all’album rivela un intento filosofico: La Castagna, luogo in cui l’artista vive con la propria compagna, diviene la metafora di un ritiro dal caos urbano, un omaggio alla quiete creativa e alla contemplazione estetica.
L’apertura solenne e introduttiva di «Genesi» funge da portale del microcosmo di Biswas. distinguendosi per la costruzione armonica stratificata ed un fraseggio che richiama le atmosfere più evocative della musica contemporanea. Il titolo suggerisce un’origine generativa, un primo atto che stabilisce il tono dell’intero progetto. In «Metropoli» il contrasto tra il titolo e l’essenza tematica è evidente: la chitarra acustica si muove attraverso dinamiche snelle ma riflessive, come se descrivesse il respiro frenetico di un contesto urbano, contrapponendolo alla sensibilità bucolica ed intimista dell’autore. «Filtra moderato ottimismo» si sostanzia, probabilmente, come il brano più giocoso e sfaccettato del disco, vuoi per le modulazioni ritmiche brillanti e vuoi per l’alternanza di sezioni più liriche, magnificate da momenti di puro virtuosismo. L’ordito dà spazio all’improvvisazione, trasfigurando il costrutto sonoro in un episodio imprevedibile e pregno di sfumature. In «Carlo Emilio» emergono tinte più malinconiche, con una narrazione che potrebbe richiamare l’introspezione di un romanzo breve, ipoteticamente ispirato a figure letterarie come Carlo Emilio Gadda. La chitarra risulta meno assertiva, più meditativa, come se sciorinasse un frammento di memoria. «Lebbroso» è uno dei passaggi più intensi dell’album: il titolo evocativo e le indagini sonore creano una sensazione di tensione e di inquietudine. I tratti melodici spezzati e le dissonanze suggeriscono un’investigazione espressiva più audace. «Vigilia» ha un’aura di sospensione, quasi a voler raffigurare l’attesa e l’incertezza. L’uso del pizzicato e delle pause calcolate contribuisce a promulgare un’atmosfera di aspettativa, con un crescendo delicato che porta ad una risoluzione armonica più pacata.
In «Kashinath» l’influenza delle radici familiari di Biswas è più evidente, con scale e fraseggi che rimandano ad ambientazioni orientali. Il brano è costruito con una tecnica raffinata, al punto da evocare immagini quasi cinematografiche ed un senso di incursione interiore. «Kumarone» segue la scia di «Kashinath» ma con un carattere più assertivo e scorrevole, in cui la chitarra sembra raccontare un episodio o un’esperienza realmente vissuta, con un senso del movimento più marcato e progressioni armoniche quasi danzanti. «Cocci rotti» è il componimento più enigmatico: la sua costruzione ritmica e melodica suggerisce frammenti sonori assemblati con logica intuitiva. L’imprevedibilità delle variazioni lo rende uno dei momenti più intriganti dell’intero concept. «Catulus» aristocratico e ben strutturato, questo costrutto sonoro si distingue per una finezza melodica quasi cantabile, una camera di decompressione ed un respiro (di sollievo) musicale dopo alcuni passaggi più articolati ed incisivi: un’interruzione che riporta l’ascoltatore medio in un territorio più immediato ed accessibile. «Bellatrix», per metafora, è forse la composizione più luminosa, dove il nome di una stella della costellazione di Orione suggerisce un senso di immensità e di mistero. Biswas sviluppa il tema con una progressione quasi celestiale, creando un effetto di sospensione e di dilatazione nello spazio sonoro. «Raffaella» rappresenta un’ode più intima e raccolta, assumendo i contorni di una dedica ad personam. Il fraseggio è delicato, con un approccio lirico che lascia spazio alle emozioni, ma senza ostentazioni o eccessi virtuosistici. «Epilogo» si candida ad essere la chiusura perfetta per un album che racconta un percorso musicale in solitaria, mai declamatorio e ricco di quadri impressionistici a tinte tenui, in cui la chitarra si fa essenziale, come un ultimo messaggio o una riflessione che conclude l’esperienza dell’ascolto lasciando un senso di completezza e di ritrovata quiete interiore. «La Castagna», che rispecchia il carattere innovativo dell’opera e la varietà di registri espressivi, non è soltanto un disco, ma una dichiarazione poetica sul ruolo della musica come modello identitario, memoria e indagine introspettiva. Con questa pubblicazione, Krishna Biswas si ritaglia una posizione di rilievo nel panorama della chitarra acustica contemporanea, offrendo un’esperienza sonora che coniuga tecnica, icasticità ed una rilevante prodezza concettuale.
