«Camadamia», l’album di debutto dei Camaleoni

Una musica giocata su colori intensi e cangianti di una metropoli ricca di groove. «Camadamia» è album di debutto dei Camaleoni ed è molto più di un semplice esordio: è un manifesto musicale, una giungla sonora che riflette l’identità caleidoscopica della band.
// di Francesco Cataldo Verrina //
Con il cuore pulsante di una metropoli in fiamme, che s’inabissa in un groove funkified da Blaxploitation i Camaleoni si presentano al mondo con «Camadamia», il loro esplosivo album di debutto. Un disco registrato al Nebula Studio di Milano, il quale ha segnato non solo una cornice perfetta per la loro musica, ma ne ha garantito l’esaltazione in termini sonori, quasi un viaggio attraverso una giungla in cui la vegetazione sonora si avvinghia ad ritmo pervasivo, fitta di sfumature melodiche e cromatismi dai colori potenti e mutevoli. Non a caso, l’utilizzo della parola Camaleoni scende nei significati più profondi, evocando non solo il concetto del cangiante camaleonte, ma evidenzia un’identità musicale che fonde ed esplora, proprio come una pianta spinosa capace di adattarsi e trasformarsi. Il nome scelto è una dichiarazione di intenti, ma soprattutto l’affermazione di un modulo compositivo ed esecutivo, fortemente caratterizzato e capace di zampillare tra avant-garde e tradizione. «Questo album – dichiarano i Camaleoni – è nato dalla voglia di esprimere la nostra creatività sia individuale che collettiva. All’inizio suonavamo ed improvvisavamo su standard jazz ma ben presto abbiamo sentito l’esigenza di creare qualcosa di più personale. Ognuno di noi ha portato in sala prove le proprie idee e insieme poi le abbiamo sviluppate, arrangiate e perfezionate con un lavoro di gruppo stimolante, appassionato e divertente. Il processo creativo à stato molto interessante e ha coinvolto tutti, ognuno di noi ha contribuito alla scrittura e all’arrangiamento dei brani apportando il proprio background musicale con nuove idee e sonorità che hanno arricchito il risultato finale».
La prima cosa che si percepisce è l’elettricità che scaturisce dalle tracce dell’album, tutta farina del loro sacco. I cinque membri della band, Lorenzo Palermo, Fabio Pergolini, Valerio Bandi, Riccardo Savioli e Andrea Brutti, mostrano la determinazione di chi sa di portare «in tavola» qualcosa di unico. Già con l’iniziale «Stuck In Traffic», il line-up decolla, la musica si mette in moto, trasformandosi in un vortice di energia che trascina l’ascoltatore in un excursus indimenticabile per gli angiporti urbani. I Camaleoni non distillano solo jazz, ma costituiscono un caleidoscopio sonoro, – un tempo si sarebbe detto fusion – dalle mille nuances. I cinque sodali mescolano generi con una maestria disarmante e tentacolare, unendo jazz, funk e rock in un cocktail ad alta gradazione. La loro capacità di interplay è di alto livello, tale da far sembrare il processo esecutivo naturale, fluido e inarrestabile. Non sfuggono a tale regola d’ingaggio, «Flood» che si distende su un substrato ritmico progressivo segnato da innumerevoli cambi di mood, o «Macadamia» che rivela un mondo sonoro autonomo, talvolta sotterraneo, altre incisivo e vibrante di vitalità ed inventiva, così come per affinità avviene anche in «Still Believe It» o «Curry On», fino alla chiusura segnata da «Send This To Ur Crush». C’è perfino una sorpresa per gli animi più sensibili: la ballad «My Eyes on You», dove il pianoforte di Palermo trascina l’ascoltatore in un soave abbraccio ricco di pathos, arricchito da contrafforti romantici ed evocativi, tanto da rendere il flusso sonoro ancor più avvolgente. La band non teme di sporgersi verso i confini della sperimentare o di oltrepassare i limiti imposti dal jazz accademico. I Camaleoni hanno piena consapevolezza delle proprie possibilità e non cercano mai l’emulazione calligrafa dei nomi di riferimento come gli Snarky Puppy o Vulfpeck ma piuttosto ne raccolgono gli influssi per dare vita a una creatura musicale assertiva, rapida ed imprevedibile.
Il costrutto sonoro, zebrato ed imbevuto di generi molteplici sviluppa un momento di pura connessione. Ogni assolo è una scarica di adrenalina: la batteria di Pergolini è un ingranaggio che non si ferma mai, mentre le linee della chitarra di Bandi si intrecciano con l’energia pulsante del basso di Brutti. Il sax di Savioli oscilla tra lirismo e follia, così come le tastiere di Palermo tessono paesaggi sonori che danno vita a nuove dimensioni. L’ascolto dell’album sembra scivolare in un batter d’occhio, rotolando senza attrito alla medesima stregua di una catena a reazione, senza pausa e senza respiro. In un panorama musicale in continua evoluzione, in cui il manieristico domina, i Camaleoni si caratterizzano una delle realtà, sia pure ancora in fieri, più promettenti della scena jazz-fusion italiana. «Camadamia», nonostante non scompagini le carte nautiche della storia, si sostanzia, senza dubbio, come l’inizio di un lungo viaggio su un terreno di conquista. Un itinerario in cui ogni nota racconta una storia e ogni accordo esprime l’anima di una band, coesa e sinergica, pronta a ritagliarsi uno spazio sempre più ampio nell’universo jazzistico italiano ed europeo..
