Angelo Olivieri Quintet: «Lee Morgan Tribute». Roma, Alexanderplatz Jazz Club, 18 Marzo 2025

Presentazione del libro: «Lee Morgan – La Tromba Insanguinata» di Francesco Cataldo Verrina.
// di Roberto Biasco //
Non vi è dubbio che la figura di Lee Morgan, per tutti gli appassionati di Jazz resta scolpita non solo come una delle grandi trombe della storia, ma anche come icona del periodo aureo dello stile denominato Hard Bop, sviluppatosi essenzialmente tra gli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso. La sua tragica storia personale, più volte raccontata, rischia di ricadere nel consunto stereotipo di “genio e sregolatezza” che davvero non aiuta a comprendere lo spessore artistico del personaggio. Inutile dilungarsi ulteriormente sulla vicenda della sua morte, avvenuta ad appena 33 anni in una notte di tempesta a New York nel febbraio 1972, per un colpo di pistola esploso contro di lui in un delirio di gelosia dalla sua compagna Helen Moore.
Vi segnalo in merito il magnifico documentario «I Call Him Morgan» realizzato qualche anno fa dal regista Kasper Collin ed ancora facilmente reperibile in rete. Ne ha parlato diffusamente, in apertura di serata, Francesco Cataldo Verrina, intervenuto per la presentazione della sua ultima fatica letteraria: «Lee Morgan – La Tromba Insanguinata» pubblicato nel 2024 per Kriterius Edizioni. Bene ha fatto quindi l’autore a sorvolare sull’aneddotica storico-personale e a concentrare invece l’attenzione sul lascito artistico di Lee Morgan, facendo riferimento essenzialmente ai testi ufficiali, cioè ai suoi numerosi dischi ed al suo controverso rapporto con la Blue Note Records, per la quale incise gran parte, o per meglio dire la quasi totalità, di tutta la sua copiosa produzione discografica.
In particolare, Cataldo Verrina ha voluto mettere a fuoco le difficoltà incontrate da Morgan nel proporre e la “sua” musica e valorizzare e proprie idee artistiche. Oggi come oggi l’eredità della Blue Note Records resta un pilastro indiscusso nella storia del Jazz moderno, ma bisogna considerare come negli anni Sessanta non fosse altro che una piccola etichetta indipendente, che, seppur operando in una nicchia di qualità, fosse costretta comunque a lottare per poter far quadrare i bilanci e mandare avanti l’attività. In questo contesto arrivò inaspettato il successo del brano “The Sidewinder” – un giro di blues dal carattere funky spinto da un contagioso ritmo boogaloo – che imperversando nei Juke-box riuscì a scalare le classifiche e fu persino utilizzato come sottofondo per un clip pubblicitario di una nota casa automobilistica.
Quel successo si rivelò paradossalmente un boomerang e offuscò la sua immagine di musicista puro ed integro. Ingolosita dal successo, la casa discografica puntava a fare subito il bis, spingendo i brani trainanti dei nuovi album verso atmosfere soul Jazz più semplici ed accattivanti, mentre i lavori caratterizzati da una produzione più rigorosa e sperimentale vennero inopinatamente tenuti nel cassetto per poi vedere la luce dilazionati nel tempo, arrivando persino ad essere pubblicati postumi. Alcuni dei capolavori di quel periodo furono riscoperti soltanto a posteriori, come l’acclamato “Search for a New Land”, inciso con Wayne Shorter nel 1965 e pubblicato solo tre anni più tardi, e così pure “The Procrastinator”, ancora con Shorter e Bobby Hutcherson. I suoi ultimi album, come testimonia il prezioso “Live at the Lighthouse” del 1971, lasciano intravedere nuovi orizzonti e quella “nuova terra” che un destino cinico e baro gli impedì di raggiungere. Qual è dunque l’attualità di Lee Morgan a oltre cinquant’anni dalla sua scomparsa? È nella stessa storia della musica afroamericana, nella quale ogni protagonista lascia il testimone alle generazioni successive, e quindi ancora oggi possiamo ritrovare l’animo e il sangue di Lee Morgan in Woody Shaw, Charles Tolliver, Roy Hargrove, Terell Stafford, Jeremy Pelt, Ambrose Akinmusire, Fabrizio Bosso e tanti altri.

Il concerto: Angelo Olivieri Quintet – Lee Morgan Tribute
Degno erede di tanta storia, Angelo Olivieri con il suo Quintettoha più che egregiamente omaggiato la figura di Lee Morgan, con una performance che è riuscita sapientemente a coniugare l’animo fortemente bluesy e bruciante del trombettista di Philadelphia con la sua ricerca di atmosfere più sofisticate e rarefatte. Già il brano di apertura, introdotto dai due fiati all’unisono, ci trasporta nelle tipiche atmosfere dell’Hard Bop più avanzato, ma è con il secondo brano, la celeberrima “Moanin” dei Jazz Messengers di Art Blakey, che il concerto decolla e lo spirito di Lee Morgan viene evocato in maniera perentoria. A seguire una magistrale interpretazione di “Search for a New Land” il capolavoro di Morgan, che, in un alternarsi di atmosfere sospese e improvvise accelerazioni manda letteralmente il pubblico in visibilio. “Ceora” un’altra bellissima composizione non fa che confermare le qualità del quintetto.
Angelo Olivieri è senza dubbio un trombettista di razza, un leader esperto e sicuro di sé, fortemente espressivo e perfettamente a suo agio nelle brucianti improvvisazioni sul blues, ma altrettanto efficace nelle atmosfere più intime e dilatate. Non gli sono da meno gli altri componenti del quintetto, a partire dal sax tenore di Vincenzo Vicaro – sax tenore, che si esalta nei numerosi infuocati “duelli” all’arma bianca con la tromba del leader. Di pari livello anche la sezione ritmica che senza sosta spinge e supporta i due solisti con incessante energia, con Alessandro Bravo al pianoforte, Enrico Mianulli al contrabbasso e Claudio Gioannini alla batteria.
Il valore aggiunto della performance è la sensazione assolutamente palpabile che i musicisti sul palco, pur facendo cose serissime e senz’altro impegnative, si stiano divertendo, e questa sensazione è assolutamente contagiosa per il pubblico. D’altro canto, questa è stata, e fino a prova contraria lo è ancora, una prerogativa peculiare di quella cosa che continuiamo a chiamare Jazz: fare le cose serie divertendosi. Vi pare poco? A dimostrazione del fatto che il gruppo non si limita ad una pedissequa rivisitazione dei brani di repertorio, Angelo Olivieri, a chiusura del concerto propone una sua originale composizione in omaggio a Lee Morgan, aperta da un lieve e toccante fraseggio di sapore bachiano del pianoforte di Alessandro Bravo, che introduce a seguire le armonizzazioni dei due fiati, in un crescendo suggestivo e avvincente. Grandi applausi e bis d’obbligo: il quintetto propone allora un “Boogaloo For Lee Morgan”, con uno scattante giro di blues imperniato su una sorta di perifrasi di “The Sidewinder”. Una bellissima serata di ottimo Jazz, brillante, accattivante e, perché no, anche divertente, nonché un’occasione per leggere il libro di Verrina e riascoltare i dischi del grande trombettista.
Formazione:
- Angelo Olivieri – Tromba
- Vincenzo Vicario – Sax Tenore
- Alessandro Bravo – Pianoforte
- Enrico Mianulli – Contrabbasso
- Claudio Gioannini – Batteria

