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Darwin Pastorin

// di Guido Michelone //

Benché specializzatosi nei rapporti tra calcio e letteratura, Darwin Pastorin, tra i massimi giornalisti sportivi italiani, autore di una trentina di libri sull’argomento; egli è quanto di più lontano dagli stereotipi una figura professionale che, salve le eccezioni di Gianni Brera e Giovanni Arpino, è spesso digiuna dei fondamenti di qualsiasi disciplina umanistica o argomento culturale. Darwin infatti è un fine intellettuale, con cui si può parlare di tutto (libri, film, dischi, mostre, eccetera, oltre partite, goal, Mondiali, Olimpiadi) ed ecco i motivi che hanno spinto Doppio Jazz a intervistarlo, incentrando l’attenzione sui possibili rapporti tra jazz e calcio (o football o soccer, come viene anche detto).

D In tre parole chi è Darwin Pastorin?

R Papà di Santiago, nato a San Paolo del Brasile, orgoglioso figlio nipote e pronipote di migranti veneti, giornalista professionista, laureato in lettere, diversi libri scritti, moltissimi letti e Giovanni Arpino come maestro.

D Il tuo primo ricordo del calcio da bambino?

R Il calcio giocato nel mio quartiere di San Paolo, Cambuci, con coetanei mulatti, ebrei, musulmani, giapponesi. Non importava il colore della nostra pelle, la religione dei nostri padri: eravamo, semplicemente, bambini felici di rincorrere un pallone. Così, fin da piccolo, ho imparato che il razzismo è la cosa più stupida del mondo.

D E i tuoi primi ricordi della musica in assoluto?

R Le canzoni popolari italiane cantate dai nostri immigrati, in Italia – arrivato dal Brasile – il repertorio del Festival di Sanremo. Da ragazzo, mi sono infine innamorato delle cantautrici e dei cantautori. E sono tra quelli che hanno approvato il Nobel per la Letteratura attribuito a Bob Dylan.

D Come definiresti la tua attività nello sport? Critico, studioso, giornalista, scrittore o tutto insieme o altro ancora?

R “Bracconiere di storie e personaggi”, per ritornare all’archetipo Arpino. Mi sono specializzato, se così si può dire, nel rapporto tra calcio e letteratura, mettendo insieme Garrincha, Meroni, Anastasi, Maradona, Pablito Rossi con Albert Camus, Jorge Amado, Osvaldo Soriano, Eduardo Galeano, Peter Handke. Perché il football, per dirla con Thomas Stearns Eliot, rappresenta “un elemento fondamentale della cultura contemporanea”. O, volendo, alla Jean-Paul Sartre, “una metafora della vita”.

D Possiamo parlare di te come di uno dei protagonisti del calcio e dello sport visti anche quale fenomeno culturale?

R Per quanto detto sopra, penso di sì. Ma non sta a me giudicare. Mi ha molto incoraggiato Eduardo Galeano che, in occasione del mio primo libro Felitrinelli Le partite non finisco mai. Storie di calcio fuori campo (titolo e sottotitolo voluti da Antonio Tabucchi, che da ragazzo giocava ala destra e cercava di imitare il suo idolo, alla Fiorentina, Kurt Hamrin), scrisse per la quarta di copertina: “Per essere devoto delle belle lettere e del bel calcio, leggo le cronache di Darwin Pastorin come chi ascolta messa”. Ecco: cerco sempre, di non “tradire” il suo generoso messaggio.

D Per te ha ancora un senso oggi il giornalismo sportivo o, come ad esempio la critica musicale, tutto si è appiattito sui social e il parere dell’esperto vale quanto quello del ‘signor nessuno’?

R Sì, perché l’esperto fa sempre la differenza: anche sui social. Tu, Guido, sei un narratore magistrale di storie di jazz: le tue lezioni sono necessarie sulla carta stampata e, oggi, anche sul web. E molti siti si fanno leggere come un quotidiano di grandi firme. Basta saperli cercare.

D E si può parlare di affinità tra il gioco del pallone e il linguaggio musicale, ad esempio per il jazz dove il gioco di squadra è fondamentale?

R Nel calcio e nella musica il gioco di squadra è fondamentale, ma poi a fare la differenza è sempre il fuoriclasse. Perché il compito del campione è quello di uscire dal canone, per trovare lo spiraglio che nessuno si aspetta, una “nuova prospettiva”: pensa a Maradona e a Miles Davis. Il genio è, sempre e comunque, necessario. Perché il genio rappresenta l’essenza del football e della musica.

D Nella trasmissione Jazz istruzioni per l’uso due jazzisti, Massimo Nunzi ed Enrico PIeranunzi, hanno paragonato il dribbling con goal all’assolo di un jazzista, mostrando il celebre video in cui Maradona ‘fa fuori’ 3-4 Inglesi e poi va a rete. Sei d’accordo?

R Assolutamente, paragone impeccabile e perfetto. Gianni Brera paragonò una rete di Pelé, contro il Benfica per la Coppa Intercontinentale, ai versi di “La sera del dì di festa” di Giacomo Leopardi. Il calcio si può declinare con la musica e con la poesia. Perché è un linguaggio universale.

D Altro paragone: nel calcio c’è il divo fuoriclasse (di solito l’attaccante), nel jazz il leader di una band; ma senza gli altri (giocatori e orchestrali) chi o cosa sarebbero?

R Calcio e musica non sono una scienza esatta: sono disciplina, ma soprattutto improvvisazione. Bisogna riuscire a mettere insieme la prosa e la poesia.

D Nel jazz moderno, per quanto riguarda i piccoli gruppi (il trio ad esempio) c’è il cosiddetto interplay dove tutti svolgono al contempo il ruolo di solista e accompagnatore, integrandosi l’un l’altro. Un po’ come il gioco all’olandese di Cruyff & Co.?

R Il gioco olandese ha rappresentato una autentica rivoluzione. In Italia, in tempi non sospetti, praticò il “calcio totale”, seppure con le marcature a uomo, nel 1967, il paraguaiano Heriberto Herrera, soprannominato “sergente di ferro” nella Juventus: il suo “movimiento, movimiento” anticipò la grande scuola dei tulipani. Anche se, per me, il Brasile del 1958 in Svezia, quello di Pelé e Garrincha, Didi e Nilton Santos, con quello spurio (Zagallo non era un attaccante puro) 4-2-4, è la squadra più vicina al modello musicale del jazz moderno.

D Altri tipi di paragone, analogia, accostamento tra calcio e musica (jazz e rock in particolare)?

R La Samp di Boskov, Mancini e Vialli, scudettata nel 1991, era puro rock; il Cagliari, campione d’Italia nel 1970, grazie alle prodezze Gigi Riva, breriano Rombo di Tuono, era un’orchestra jazz perfetta, con un solista, Riva appunto, che lasciava il pubblico incantato, senza fiato.

D Cambiamo discorso: a che punto è negli USA (patria del jazz e del rock) la situazione del soccer, come loro chiamano il pallone, visto che la palla ovale è il football, che con qualche differenza è il rugby inglese?

R Il calcio sta prendendo piede, e già da un po’ di anni, anche negli USA, soprattutto dopo il Mondiale del 1994, vinto dal Brasile contro l’Italia, ai rigori (per il suo errore dal dischetto, lo splendido fantasista diventò il nostro Achille). Lionel Messi, uno dei più forti calciatori di tutti i tempi, gioca nell’Inter Miami. E per i latinos è il football lo sport più amato, anche negli USA.

D Cambiamo ancora: quali sono per te le migliori canzoni ispirate al calcio o a calciatori?

R La leva calcistica della classe ‘68 di Francesco De Gregori. Roma, Roma, Roma, l’inno della società giallorossa scritto e cantato da Antonello Venditti. Quando Gigi Riva tornerà di Piero Marras. Pagode da Seleção, del mio amico, ex giocatore di classe e oggi maestro di samba, Leo Júnior. Gli Statuto stanno dedicando uno spettacolo al football: splendido.

D Calcio brasiliano e bossa nova sono figli della stessa madre?

R Sì. Calcio e bossa nova nascono dalla povertà, dai calciatori e dai cantanti neri e mulatti, sono bellezza, disperazione, respiro della terra e dell’amore. Garrincha amò Elsa Soares: una fusione perfetta.

D Un dribbling di Garrincha non sembra – simbolicamente – un funambolico assolo di Charlie Parker?

R Garrincha è stato questo, e non solo. Vinicius de Moraes, poeta e cantautore, dedicò a Mané un poema in musica, una ballata popolare, O anjo da pernas tortas (L’angelo dalle gambe storte): “Felice tra i tuoi piedi alati! / In un solo slancio rapita la folla pentita / In un atto di morte si innalza e grida / Il suo unanime canto,di speranza / Garrincha, l’angelo , l’ascolta e risponde / Goool! / … È pura danza”. E lo scrittore Edilberto Coutinho: “Il calcio, come la letteratura, se ben praticato, è forza di popolo. I dittatori passano. Passeranno sempre. Ma un gol di Garrincha è un momento eterno non lo dimentica nessuno”.

D Ti sei mai occupato della Nazionale jazzisti? E come vedi tutte queste squadre di categorie (giornalisti, attori, cantanti, poliziotti, politici)?

R No, non me ne sono occupato, ma trovo fondamentali queste rappresentative quando lo scopo è aiutare il prossimo. Io sono orgoglioso di aver fatto parte, come centravanti, della nazionale scrittori “Osvaldo Soriano”, allenata da Giancarlo Magrini. Di me disse: “Buona tecnica, ma si lamenta sempre!”.

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