«Heroes» di Aldo Di Caterino Ensemble & Enrico Pieranunzi: nuovi eroi alla ricerca del flauto magico
Siamo in presenza di un disco ben suonato, anche se risente ancora di alcuni limiti, dai parte dei giovani, a livello compositivo, in cui sembra affollarsi in maniera subliminale un certo citazionismo, sia pure come riflesso condizionato, dal canto suo Pieranunzi gioca di mestiere.
// di Francesco Cataldo Verrina //
La storia del flauto nel jazz ha sempre avuto alti e bassi, soprattutto l’accettazione di questo singolare strumento – più adatto per sua stessa natura a situazioni cameristiche – spesso suonato da eminenti sassofonisti come alternativa ambientale o completamento di un’idea melodico-armonica: si pensi ad Eric Dolphy come a Charles Lloyd, solo per fare alcuni nomi. A parte qualche sporadica comparsa nelle prime fasi di sviluppo del jazz, nei primi anni Cinquanta il flauto trovò un suo ruolo nell’orchestra di Count Basie per merito di Frank Wess, il quale seppe avvalorare molto le caratteristiche tecniche del «piffero». Bud Shank e Buddy Collette furono i primi a dedicarsi con profondo interesse al flauto diventando due protagonisti di primo piano nello sfruttamento seriale di tale strumento, che rimane comunque marginale in ambito jazzistico, specie in Italia, se non in taluni contesti orchestrali. Essere un flautista oggi, nell’era del web al quadrato, significa avere un’eroica dose di perseveranza e resilienza: da qui il titolo dell’album «Heroes», ma forse trattasi solo di eroi di una quotidianità che mette costantemente i giovani musicisti jazz a dura prova. Aldo Di Caterino, virgulto emergente del jazz pugliese, possiede talento e «cazzimma», tanto che il suo modo di «flautare» in ambito post-bop, post-swing o new-jazz esprime tutti i contrassegni salienti di un predestinato dedito e votato ad una causa superiore, così echi di stampa cartacea e virtuale e rumors ambientali lascerebbero presagire.
Il disco di Aldo Di Caterino, «Heroes», al netto di ogni congettura storico-filosofica, merita un ascoltò, ma deve essere ripetuto più volte, per riuscire a penetrarne l’essenza. Il flauto sia in C che alto, queste le due varianti strumentali usate da Di Caterino, non «scrolla» e non «rolla» facilmente, proprio per quella sua eterea ed eterna aura di sospensione, a volte fiabesca, altre onirica o vagamente esotica, che si sviluppa intorno al costrutto ritmico-armonico. E non basta l’endorsement di Pieranunzi, deciso a farsi un rigenerante bagno di gioventù aggiungendo il proprio antico blasone al progetto del giovane line-up formato da Di Caterino, da Carlo Bavetta al contrabbasso e dal batterista Cesare Mangiocavallo. «Heroes» di Aldo Di Caterino Ensemble & Enrico Pieranunzi, pubblicato dalla Abeat Records, grazie alla presenza dell’anziano pianista rompe subito il muro della diffidenza mediatica, ma la penetrazione nel parenchima sonoro del disco non è immediata. Siamo in presenza di un disco ben suonato, anche se risente ancora di alcuni limiti, dai parte dei giovani, a livello compositivo, in cui sembra affollarsi in maniera subliminale un certo citazionismo, sia pure come riflesso condizionato, dal canto suo Pieranunzi gioca di mestiere. Di certo, tutto ciò non è una deminutio capitis, oggi un album di composizione inedite si pone sempre una spanna sopra la banalità dell’immanente e reiterata rilettura di standard o del coverismo tributaristico.
Il fatto che Pieranunzi abbia fornito tre composizioni, significa che ha sinceramente sposato la causa del progetto, divenendone socio accomandante a tutti gli effetti di legge; «Unlocked Waltz» è saltello in puro stile nordico, lontano dal jazz con la pelle d’ebano e vicino a certi virtuosismi eurocentrici di Brubeck; per contro, in «Chick Remebering», l’impianto armonico si arricchisce di contrafforti latini con il flauto che spinge verso le Ande; «Se un’altra volta un giorno» è una struggente ballata dal sapore antico, adatta alla colonna sonora di un film ambientato tra i vigneti e uliveti. A livello strumentale ognuno cerca di cogliere il massimo spazio espressivo, ma talvolta sfugge il senso del jazz a tutto vantaggio di una situazione quasi cameristica. Le tre composizioni di Di Caterino mostrano un desiderio di contemporaneità dilatata, «Tavel To The Other Side» ha un bell’impianto dal groove metropolitano, un portamento hard-bop e un fervore jazzistico assai rilevante. «Pensaci un po’» è una ballata struggente che si apre in progressione, ma che offre visioni chiaroscurali molto vicina all’idea di un jazz mediterraneo, dove le melodie hanno sempre quel languore di malinconia non rimovibile, ma appagante. «Aldo’s Tune», la punta più elevata dell’album, è un omaggio a sé stesso da parte di Di Caterino. Al netto di ogni impressione narcisistica, sembra far emergere i demoni doloranti di un giovane Werther, mentre il suo flauto nella perifrasi improvvisativa raggiunge vette d’eccellenza, con una sessione ritmica che sembra ritrovare l’impeto creativo. «L’attesa da un Balcone» di Carlo Bavetta è una carezzevole narrazione sonora, in cui Di Caterino sigla le sue doti di ottimo balladeer con il flauto. «Stretch», a firma Mangiocavallo», è strumentalmente un’altra punta d’eccellenza dell’album, dove Pieranunzi, sostenuto dalla retroguardia, si dimena in overclocking a pie’ sospinto, mentre Di Caterino zufola egregiamente tentando qualche trasversalità e slittando, senza attrito, sui continui cambi di mood. «Heroes» di Aldo Di Caterino Ensemble & Enrico Pieranunzi è un disco piacevole, ideale per chi ama il flauto, con un’ottima rappresentazione stilistica ed un equilibrato nell’interplay, ma la rivoluzione è ancora di là da venire.