Davide Ielmini

// di Guido Michelone //

Sono passati quasi vent’anni, quando Davide davvero molto giovane, dalla nostra ultima intervista e da allora il prof. Ielmini di cose ne ha fatte, ragion per cui, a differenza di molti altri ‘anziani’ intervisati, preferisco per Doppio Jazz aggiornare l’incontro. Leggo infatti sul sito dell’editore Zecchini: “Davide Ielmini, laureatoin Scienze Politiche all’Università degli Studi di Milano (tesi in sociologia della musica e cultura di massa), è pianista, giornalista e critico musicale. Ha studiato armonia e composizione con Guido Camillucci e analisi musicale con Luca Macchi. Ha collaborato e collabora con numerose testate nazionali («Corriere della Sera», «Alias», «Musica»). Alcuni suoi contributi si trovano in alcune pubblicazioni della Northeastern University Press, dell’Università Cattolica di Milano e del Polo Universitario di Imperia. Alcuni suoi lavori sono stati recitati da Rosalina Neri (alla Feltrinelli di Milano) e Oliviero Corbetta alla Rete 2 della RSI. Fa parte del Team Comunicazione di Confartigianato Varese. Ma c’è stato molto altro fino al 2005, e moltissimo altro ancora dal 2006 a oggi, come egli stesso ci svela attentamente.

D Davide, cos’è successo, per te, in questi ‘ultimi’ tempi a circa vent’anni dalla nostra precedente conversazione?

R La scrittura “succede” e fa succedere: è un organismo vivente che si muove e si trasforma. Diciannove anni di vocali e consonanti, lettere, frasi, pensieri e riflessioni. Interviste e libri. Soprattutto, ascolti che si sono tradotti in quello che considero il vero lavoro giornalistico: l’approfondimento. Diciannove anni nei quali il respiro della Musica si è fatto vento e tempesta. Per Zecchini Editore sono stati pubblicati Musica scritta di quotidiana inutilità (2004; presentazione di Fabio Sartorelli), Note a Margine 2. I mondi paralleli della musica (2011), La musica ci salverà (2020), L’Universo Gaslini (2021; con Maria Giovanna Barletta, prefazione di Alberto Alberti). Per Pietro Macchione Editore ha preso forma un racconto per ragazzi Il Natale strabilievole di Lucino Dolcifeste (2016; illustrazioni di Cesare Camardo). Poi: Odwalla Tempus Fugit (2017; foto di Davide Bruschetta e Luca d’Agostino) e Enten Eller: il suono ruvido dell’innocenza (2019; prefazione di Claudio Sessa). Note a Margine 2, come già avvenuto con Musica scritta di quotidiana inutilità (portato in scena dall’Accademia Teatro Franzato con il titolo di Cadute d’Angeli), ha visto una riduzione drammaturgica a cura di Serena Nardi. Proprio in questo 2024, al Conservatorio “G. Puccini” di Gallarate, è stato istituito il “Fondo Ielmini”: una raccolta di migliaia di CD a disposizione della comunità per un lavoro di studio a trecentosessanta gradi sull’interpretazione musicale. In ultimo, alcuni seminari sul ruolo della musica a livello sociale e terapeutico.

D Prima di parlare del presente vorrei tornare sul passato, ma passato remoto: il tuo primo ricordo della musica da bambino? E il tuo primo ricordo del jazz?

R Penso che la musica mi abbia sempre attratto, seppur inconsciamente. Devo ai miei genitori l’avvicinamento al pianoforte all’età di otto o nove anni: probabilmente si erano accorti di quanto il suono fosse per me una calamita. In famiglia nessun musicista, ma bene o male a volte galleggiavo nelle rispettive preferenze di genitori e nonni: l’opera lirica e lo swing, i cantautori, le grandi voci della musica leggera italiana, il rock internazionale. Ma il primo ricordo è legato ad un vecchio vinile dal titolo I clavicembalisti italiani. Una raccolta fatta apposta per un bambino che guardava con stupore a quello strumento ma, nello stesso tempo, si lasciava incantare da quelle fioriture che ancora non praticava. Il jazz è arrivato dopo: verso i quindici anni ho vissuto il mio, personalissimo, Sturm und Drang nella musica afroamericana: Duke Ellington e Count Basie, Louis Armstrong, le big-band bianche, i giganti del sax tenore. Ero pazzo, e lo sono ancora, di Dexter Gordon. I pianisti: Bill Evans, McCoy Tyner, Bud Powell, Thelonious Monk. Ma anche Brad Mehldau, Keith Jarrett e Don Pullen: ancora oggi alcuni fra i miei punti di riferimento. La Third Stream mi conquistò in breve tempo. Una volta entrato nel circuito provinciale del giornalismo, iniziai a collaborare con Peppo Spagnoli, fondatore della Splasc(h) Records: quindici anni nei quali gli argini della musica crollarono e, letteralmente, feci una scorpacciata di jazz italiano, mediterraneo, europeo. Da lì a poco, nella mia testa prese forma un concerto di stili e generi che mi porto ancora addosso. Ciò che ho sempre apprezzato è l’inclusività e la straordinaria malleabilità della musica.

D Hai scritto una bella monografia su Giorgio Gaslini: vuoi parlarcene?

R Dopo il libro-intervista Giorgio Gaslini. L’uomo, l’interprete e il compositore (2009), nel quale ho messo a nudo pensieri e riflessioni del Maestro sui principali aspetti della musica e della creazione artistica (compreso il ruolo educativo delle sette note e quello della critica nella sensibilizzazione e divulgazione delle opere), io e Maria Giovanna Barletta abbiamo lavorato ad una lettura critica di tutta – o quasi – la produzione del Maestro in L’Universo Gaslini (2021). Per quanto mi riguarda, mi sono occupato del vasto oceano jazzistico nel quale, lo sappiamo, Gaslini ha lasciato un segno indelebile vuoi per intuizioni e primati compositivi (penso a Tempo e Relazione op. 12), vuoi per partecipazioni a Festival (il primo italiano invitato ad un festival jazz negli Stati Uniti, quello di New Orleans) e vuoi per la sua capacità di fare della musica un prodotto sincretico lontano dalle tendenze e sempre più immerso in una espressività che apparteneva al suo sguardo laterale.

D Quanto ci hai messo a scriverlo e redigerlo?

R Il lavoro è durato anni, perché alla base ho posto un ascolto ripetuto, quasi investigativo, di tutte le sue incisioni. E, nello stesso tempo, una ricerca e un confronto delle fonti che potesse avvicinare il lettore ad una fotografia quanto più completa di ciò che ci ha lasciato Gaslini. Artista che ha attraversato il Novecento, con tutti i suoi “ismi”, e proprio per questo di non facile interpretazione. La sua ricchezza intellettuale è di una tale portata, che lo stesso materiale del libro (ricco di foto inedite e di alcuni schizzi, mai pubblicati fino ad oggi, realizzati dallo stesso Maestro) ha dovuto essere trattato lentamente nel tempo per poter assumere una chiarezza, ma anche una portata emozionale, che mi auguro possa contagiare tutti.

D Gaslini è stato coinvolto nel progetto?

Si tratta di un libro che nasce da una precisa volontà di Giorgio. Ricordo ancora, poco tempo dopo l’uscita di Giorgio Gaslini. L’uomo, l’interprete e il compositore, i nostri incontri nella sua casa di Milano per abbozzare un indice, o qualcosa che potesse somigliargli, per realizzare questa “mappa” in cui lui credeva fermamente. Era quasi posseduto, in quei momenti, da un’urgenza frenetica: mettere una sorta di punto nella sua vita, ma non nella sua carriera. Ciò che mi chiedeva Gaslini non era tanto una raccolta di ciò che aveva fatto nel jazz e nella musica colta, ma una vera e propria “critica” al suo lavoro. Dava carta bianca nella scrittura e nella realizzazione di un’opera che potesse raccontarlo anche come uomo e maître à penser. Giorgio se ne è andato nel 2014. Con Maria Giovanna Barletta ho mantenuto fede a quella promessa.

D Hai poi scritto e pubblicato tre libri dai titoli molto accattivanti che incuriosiscono immediatamente: anzitutto Note a margine 1 e 2 e poi due che sembrano uno la negazione dell’altro rispettivamente per ottimismo e pessimismo: La musica ci salverà e Musica scritta di quotidiana inutilità. Ce li spieghi uno a uno, partendo dai titoli?

Note a Margine 1 e 2 sono il frutto di una trasfigurazione, se vogliamo anche ironica, di tutto ciò che ho studiato, praticato e assimilato negli anni attraverso la conoscenza e la frequentazione del mondo dell’arte. Come pianista e come giornalista. In entrambi i casi si tratta di racconti dalla vena surreale nei quali gioco con parole e concetti. Soprattutto, con un senso irreale del fare musica, o con una realtà fin troppo codificata nell’affrontare il mondo dello show-biz. Potrei affermare che si tratta di una partita a scacchi tra l’Io e il Super Io, perché mi diverto a ribaltare le logiche della nostra vita regalando al lettore, in una sorta di transfer psicologico, le gioie o le miserie di uomini e donne che si rotolano disperatamente nelle loro, piccole, ambizioni.

D Poi hai scritto il sequel…

R Note a Margine 2 è stato pubblicato per il decennale di Note a Margine 1 evede le prefazioni di Giorgio Gaslini, Gabriele Cassone, Giovanni Nuti, Patrizia Laquidara e Max De Aloe. Ed è diviso in tre parti: Nell’anfiteatro nuvolare (qui, tra le tante visioni figlie dell’immaginazione accade che Dio debba frequentare il Conservatorio di musica e per superare gli esami si affidi a Johann Sebastian Bach), Il caos nell’orecchio (tra il Concerto per biliardo solista e Il Professor Sincope si ride, e molto) e Racconti dal Surreale (tutto è musica, tutto è esaltazione della musica, tutta è illusione della musica). Insomma, un modo come un altro per prendersi un poco in giro ma anche per riflettere, da prospettive sempre diverse, su cosa ci resterà di tutte queste note.

D Ed ecco la musica e la cosiddetta ‘inutilità’…

R Musica scritta di quotidiana inutilità è, come giustamente scrivi nella domanda, una visione pessimistica dell’arte perché – in linea con la mia tesi in Sociologia della musica – ci troviamo in un mondo nel quale, chi compone e suona, non sempre viene riconosciuto a livello sociale. E con questo intendo un ruolo che porti le persone a crescere e vivere nella consapevolezza dell’etica, della bellezza e della responsabilità gli uni nei confronti degli altri. E’ per questo che nel libro si scrive di “Angeli maledetti” che fanno di tutto per salvarsi, e salvare gli altri, da una realtà distopica nella quale la musica – il pensiero tutto – è in pericolo. Si tratta di un libro quasi interattivo perché pone al lettore domande multiple ma ben poche risposte.

D Infine, per il momento, c’è La musica ci salverà...

R Scritto negli anni bui della pandemia, vuole tracciare una guida musicale (riflessioni per una rinascita sociale, culturale ed economica) per il Pianeta. E si concentra, con osservazioni e approfondimenti anche scientifici, su quanto la musica sia stata importante per sostenere l’umanità in quel periodo così drammatico. E’ un volume a forma di intervista ad antropologi (Giovanni Gugg), sociologi della musica (Lello Savonardo), musicoterapeuti (Paolo Caneva), jazzisti (Paolo Fresu), biologi (Emiliano Toso), medici internisti (Nicola Sertori), direttori artistici (Fortunato Ortombina), compositori e interpreti studiosi di Intelligenza Artificiale (Paolo Troncon e Alex Braga). Un libro nel quale si immagina un futuro per la musica con proposte anche originali e coraggiose. Perché la musica ci salverà se salveremo la musica.

D Ultimissima domanda: progetti per il futuro?

R Musica e sempre musica: con la mia rubrica “Note a Margine” sulla rivista MUSICA, le recensioni, le note di copertina, le rassegne musicali. Inoltre, Pietro Macchione Editore mi ha chiesto una riedizione de Il Natale Strabilievole di Lucino Dolcifeste: sarà completamente nuova perché rivista e corretta. Una “edizione critica”, se vogliamo, con testi e disegni inediti. In programma, anche una fiaba in musica. Ma su questa poco, o niente, posso dire: sarà un work in progress di cui si è gettato il seme alcuni mesi fa. Se impegni e ispirazione coincideranno, è possibile andrà in porto nel prossimo anno. Lo scrivo a bassa voce – sic! – perché un pizzico di scaramanzia non guasta.

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