«Live al Vapore Jazz Club» del DMD Trio: l’essenza del jazz stesso, capace di travalicare ogni confine spazio-temporale (Notami Jazz, 2023)

0
dmd-trio-live-al-vapore-jazz-club

«Live al Vapore Jazz Club» del DMD Trio non è un lavoro sperimentale, soprattutto non presta mai il fianco al desiderio del contemporaneo sotto vuoto spinto, liofilizzato e serializzato in tetrapack sintetico.

// di Francesco Cataldo Verrina //

A volte durante una serata si crea un’alchimia del tutto speciale: la sinergia tra i musicisti appare quasi millimetrica e telepatica, l’affiatamento percepibile ad occhio nudo ed il flusso della musica fortemente magnetico e catalizzante non solo per il pubblico presente in sala, ma anche per l’ascoltatore che fruisce di quelle evento su disco, qualora ex-post esso venga stampato e distribuito su un supporto fono-meccanico.

«Live al Vapore Jazz Club» del DMD Trio, uscito di recente per la Notami Jazz, contiene tutta la magia di una notte a Marghera. Era il 22 ottobre del 2022, quando il vibrafonista Daniele Di Gregorio, il batterista Massimo Manzi, il giovane contrabbassista Giacomo Dominici, sodali di lunga data, supportati da un ospite d’eccezione, il virtuoso del trombone, Massimo Morganti, si ritrovarono sul palco del Vapore Jazz Club. Forse una serata come tante, ma che ripresa e riproposta in un album live, pur mantenendo il sapore vivido ed il sangue caldo della jam-session di alto livello, si candida ad essere come uno dei progetti discografici più interessanti del 2023. Il pubblico del disco, destinato a diventare automaticamente più vasto di quello della serata al club di Marghera, ne percepisce però la medesima atmosfera, ben conservata in una sorta di preziosa ampolla, da cui liberare il contenuto all’occorrenza. Specie Manzi e Di Gregorio sono «due capitani di lungo corso» con un ricco corredo cromosomico ed una predisposizione genetica al jazz, (suonano insieme dagli anni Ottanta), quindi capaci di guardare attentamente nello specchietto retrovisore della tradizione della musica improvvisata afro-americana, ma con i piedi ben saldi sul terreno della contemporaneità: l’interplay bidirezionale è perfetto ma nelle loro trame ritmico-armoniche a maglie larghe s’inseriscono con disinvoltura il bassista Giacomo Dominici ed il trombone di Massimo Morganti, i quali ne amplificano lo spettro creativo ed esecutivo.

Per il CD sono stati accorpati sei lunghi frammenti sonori: quattro originali e due standard, riprosti in una forma più dilatata e non scontata rispetto le innumerevoli versioni in circolazione. «Beautiful Love» viene locupletata in maniera struggente dal trombone di Morganti, mentre la batteria di Manzi sembra scandire il tempo di una narrazione ricca di phatos, quasi lacrimante, arricchita di sfumature e di cromatismi dal metallofono di De Gregorio e dal walking di Dominici. In «Green Dolphin Street» il Trio allargato usa una sintassi più ricca di accezioni alla regola rispetto alle partiture originali, stravolgendone le dinamiche ritmico-armoniche e rendendo questa classica composizione quasi cinematica o teatrale, con qualche stilla di flavour latino. L’iniziale «Minor Blues» a firma Daniele di Gregorio, spalmata sulla distanza di quasi undici minuti, è un’Odissea sonora a larghe falde, con un impianto collegiale che consente ai quattro sodali di esprimersi circolarmente e di giocare su molteplici cambiamenti di mood e di tempo: ottimi i contrappunti e gli scambi tra il malletkat di De Gregorio ed il trombone di Morganti, mentre la retroguardia ritmica ne incanala con precisione il flusso sonoro, al fine di evitare qualunque tipo di deragliamento.

«Segment», scritta da De Gregorio, dopo un inizio quasi sospeso ed esplorativo, s’infittisce di suoni, segmenti e groove metropolitani dal sapore funkified, assumendo velocità in corsa come una valanga che precipita a valle: dall’undicesimo minuto in poi entra in scena il kit percussivo di Massimo Manzi per una trascinante fuga in solitaria. «Tears Over Me», estrapolata sempre dal cilindro magico di De Gregorio, è una lunga progressione blues, crepuscolare e brunita, languidamente sviscerata dal trombone, a cui fa eco il malletkat, ed accompagnata devotamente in processione dalla retroguardia, quasi con un senso mistico-spirituale. «Minoranze», a firma Massimo Manzi, si muove come un’avvolgente spirale, ricca di movimenti ostinati che si sciolgono in un crescendo ben sagomato che mostra i tratti somatici di un esuberante costrutto post-bop. «Live Al Vapore Jazz Club» del DMD Trio non è un lavoro sperimentale, soprattutto non presta mai il fianco al desiderio del contemporaneo sotto vuoto spinto, liofilizzato e serializzato in tetrapack sintetico, ma è la dimostrazioni che dal comune sentire di quattro musicisti di vaglia possa scaturire l’essenza del jazz stesso, capace di travalicare ogni confine spazio-temporale.

DMD TRIO + Massimo Morganti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *