«Orizzonte» di Carmelo Venuto…tra Sicilia, cielo, terra e mare (GleAM Records, 2023)

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// di Francesco Cataldo Verrina //

La Sicilia non è un posto qualunque, ma quasi un triangolo perfetto situato nel cuore del Mediterraneo, così l’arte in genere, sin dagli albori dell’umanità, ha trovato in certi luoghi ispirazione e linfa vitale. È la prima suggestione che il fruitore riceve ascoltando l’album «Orizzonte» del chitarrista Carmelo Venuto, appena pubblicato dalla GleAM Records, mentre una nave ideale veleggia nel Mare Nostrum, trasportando un flusso di idee e di pensieri. Fra le otto tracce contenute nel disco pensiamo immediatamente a «Snow Song» che, con la sua atmosfera quasi sospesa e leggiadra, punta il teleobiettivo sui paesaggi lunari dell’Etna imbiancata dalla neve o «Sicca Ranni» una storica spiaggia dell’agrigentino inserita in una sequenza di frame sonori e immaginifici da cineteca d’essai. Leonardo Sciacia, che come narratore di cronache siciliane, rappresenta la vera epitome di questa terra, nel «Candido ovvero un sogno fatto in Sicilia», scrisse che perfino Voltaire, grande illuminista francese, era riuscito, meritoriamente, a indagare la realtà siciliana con il sorriso della ragione.

Qualunque espressione dell’animo umano, tramutata in arte e comunicazione verso l’esterno, se concepita con spirito siciliano o a contatto con quel mondo ne rimane impregnata ed assume un’aura quasi ieratica che di manifesta attraverso la bellezza, il mito, la magia e la spiritualità. La musica non è estranea a tali meccanismi: la Sicilia resta imbrigliata fra le note, anche se trattasi di un disco jazz, così lontano forse dagli antichi canti pastorali, dalle nenie o dalle canzoni popolari di questa terra. «Orizzonte» di Carmelo Venuto non è il racconto del «sogno siciliano», ma sprizza sicilianità da ogni accordo e da ogni ricordo. Senza scomodare i massimi sistemi, va detto che negli artisti originari di questa regione c’è quello che io chiamo «il paradosso di Battiato», che pur usando le musiche dei mondi alieni e calcolando le dinamiche celesti, emanava un’abnorme sicilianità, inconsciamente veicolata dalle sue influenze arabe e dal quel crogiolo di razze che da sempre sguazza nelle acque territoriali del basso Mediterraneo e del Nord Africa. Alla medesima stregua, in «Onde» di Carmelo Venuto le note fluttuano tra passioni e sentimenti, tra uomini e natura crudele e benigna al contempo, in un crogiolo di ritmi e armonie cangianti, così come «Human Turtle» porta in auge le vecchie storie dei pescatori, raccontate davanti al fuoco di un bivacco notturno, prima di salpare e gettare le reti, tra armonie narrative ed invenzione in tempo reale calate in un mare fitto di leggende e misteri. Viaggiando sulle ali della fantasia si può giungere a «Empedocle» seguendo una Babele di lemmi sonori, che raffigurano l’incontro di popoli e razze che, sin dai i tempi più remoti, commerciavano a Porto Empedocle diffondendo usanze e culture in ogni luogo dell’antica Trinacria, ponte tra Africa ed Oriente. Tanto che Carmelo Venuto e soci, Rosario Di Leo al pianoforte, Riccardo Grosso al contrabbasso e Giuseppe Tringali alla batteria, attingono musicalmente a tutti i mondi circostanti, fra ritmi d’Africa, antiche ballate ed essenze berbere.

Aveva ragione Sciacia quando scriveva: «Continuo ad essere convinto che la Sicilia offra la rappresentazione di tanti problemi, di tante contraddizioni, non solo italiani ma anche europei, al punto da poter costituire la metafora del mondo odierno». La cruda analisi di Sciacia riferita alla realtà sociale, che comunque si riflette in qualunque costrutto musicale, pittorico, canoro, cinematografico, teatrale o letterario, trova sostegno anche nel concetto «dell’uno, nessuno, centomila» del Pirandello, il quale diventa una fonte d’ispirazione e un nume tutelare a cui guardare per poter raccontare la mente e il cuore degli uomini e quel che di più profondo vi si cela in essi, ma soprattutto rende l’idea della polimorficità delle musiche che nascono o traggono linfa ispirativa dal suolo siculo. Ascoltando «Rumble» e «Calma», più urbane e meno spirituali o elegiache, legate al carpe diem ed alimentate da paesaggi sonori più scarni e e taglienti, siamo di certo vicini ai due estremi di una Sicilia che si consuma tra problemi, vita vissuta, bellezza e contemplazione. La terra d’origine è per antonomasia il ricettacolo della nostalgia per ogni artista, il luogo dove sentirsi bambini ed eterni Peter Pan, ed ecco che riaffiora alla mente la vecchia auto dei nonni, decantata in «Giulia NS», dove il viaggio a ritroso su quella quattro ruota si dipana lungo una strada musicalmente sterrata e piena di anfratti nostalgici, a cui fa da corollario un’atavica melodia. Al netto delle suggestioni letterarie e poetiche, un qualsiasi disco jazz deve stimolare la fantasia mediante l’impianto sonoro, l’interscambio fra i sodali e la pregnanza di spunti creativi nelle composizioni, ed «Orizzonte» di Carmelo Venuto ci riesce benissimo, grazie alla struttura tematica itinerante, al fertile humus esecutivo e al mood cangiante, implementati dall’empatia fra i quattro giovani esecutori, i quali risultano abili a far vibrare le corde della nostalgia grazie ad uno sviluppo mai ripetitivo del costrutto melodico-armonico, ma soprattutto sanno come viaggiare in prima classe sul treno della contemporaneità.

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