Vinile_Divano

// di Gianluca Giorgi //

Byard Lancaster, It’s Not Up To Us (1968 ristampa 2023)

Attesissima e ottima ristampa dalla Superior Viaduct del rarissimo e stupefacente debutto del sassofonista/flautista Byard Lancaster su Vortex, etichetta sussidiaria della Atlantic, dedicata al jazz d’avanguardia, con Sonny Sharrock alla chitarra. Album uscito in un momento di ridefinizione del jazz; da una parte si stava facendo avanti l’elettrificazione e la manipolazione in studio con l’avvicinamento del jazz al rock; dall’altra, artisti come Albert Ayler con il suo urlo blues interiore o l’Art Ensemble of Chicago, con le sue estrapolazioni panafricane nell’ignoto primordiale, cercavano di portare la musica ancora più lontano nel cosmo. Questo disco potrebbe essere considerato una terza via; fondere il jazz con il rock, in un modo pop più appetibile, senza cadere vittima della Fusion, che arriverà qualche anno più avanti. Ciò che colpisce è la sensibilità melodica complessiva di ciascuno dei musicisti, la base folk anglosassone di alcune composizioni di Lancaster trova ampio spazio per essere ascoltata e canticchiata. Molto belle sono le rivisitazioni di Misty ed Over The Rarainbow, ma anche i brani autografi non sfigurano affatto, disco veramente superlativo.

Tenderlonious & The 22a Arkestra “The Shakedown” (2018 2lp)

Questo album di debutto è stato registrato, da Ed Cawthorne aka Tenderlonious, agli Abbey Road Studios insieme a Yussef Dayes e a un’altra mezza dozzina di musicisti in una sola sessione ed inciso sull’etichetta 22a, che ha co-fondato, etichetta che negli anni è diventata una delle più affilate di Londra. In The Shakedown, il nucleo centrale della 22archestra è il tastierista Hamish Balfour, il bassista Fergus Ireland e l’ex collaboratore dei Kamaal Williams, il batterista Yussef Dayes. Cawthorne ha trasformato il flauto in un improbabile emblema per una scena jazz trasversale con le sue band Ruby Rushton e 22a Arkestra ed è proprio con quest’ultima che pubblica il suo album di debutto, The Shakedown. Tenderlonious non è un nome per niente nuovo nella scena jazz londinese, è attivo da tanti anni come produttore e flautista. La maestosa bellezza, potente, raffinata e di classe, che pervade i cinquantacinque minuti dell’album è tutta merito suo. Con influenze, latine, brasiliane, africane, in alcuni casi può avvicinarsi a certo jazz-funk, ma il tutto funziona. Infatti, The Shakedown è uno fra gli album che stanno ridefinendo radicalmente il jazz. Già ristampato nel 2019.

Jahari Massamba Unit, Pardon My French (2020 Record Store Day Black Friday Limited Edition of 2000 ‘RSD First’)

Jahari Masamba Unit è lo pseudonimo dei produttori Madlib e Karriem Riggins, il cui lavoro fonde funk, hip-hop e jazz con risultati entusiasmanti, collaborazione molto attesa nello scenario attuale del nu-jazz. Tamburi: Karriem Riggins. Strumenti: Madlib, molto vicino allo Spiritual Jazz ma Phil Ranelin ha detto di chiamarlo Black Classical Music. Il loro album di debutto, Pardon My French, è influenzato da artisti del calibro di Pharoah Sanders, Herbie Hancock e Lonnie Liston Smith. In parte beat tape, in parte spiritual jazz e black classic music, il disco ha lo stesso calore dei vecchi arrangiamenti di Sanders e Smith, fino ai tamburi sovrapposti e ai ritmi dell’Africa occidentale, il tutto “orchestrato” dai due produttori con il suono della black music attuale.

Idris Muhammad, Turn This Mutha Out (1977 ristampa 2017)

Idris Muhammad (nato come Leo Morris), è stato un apprezzato batterista in più filoni della musica black. Divenne professionista a sedici anni e si fece notare nei primi anni ’60 suonando in gruppi r&b, per poi lavorare con Lou Donaldson e diventare nei primi anni ’70 uno dei batteristi di casa presso la Prestige; ha suonato spesso come sideman ed ha collaborato con artisti di diversa estrazione musicale, oltre ad avviare una carriera come band leader all’inizio degli anni ’70. Idris Muhammad registrò questo classico album Jazz-Funk nel 1977 per l’etichetta Kudu. Nell’album è accompagnato da alcuni ottimi turnisti e si riconosce la produzione Disco-Jazz-Funk di David Matthews. Fu ben accolto nel Regno Unito soprattutto per il brano di apertura ‘Could Heaven Ever Be Like This’, divenuto un classico indiscusso. Idris e Wilbur Bascomb al basso creano la base perfetta per gli assoli di Mike Brecker al sax tenore, Hiram Bullock alla chitarra e Cliff Carter al sintetizzatore, sormontati dalla voce di Frank Floyd. Lo stupendo brano ‘Could Heaven Ever Be Like This’ è stato campionato almeno diciassette volte, in particolare da Jamiroquai e Drake.

Minoru Muraoka, Bamboo (1970 ristampa 2019)

Fantastica ristampa di alta qualità della Mr Bongo per questo disco ricercato di jazz giapponese, il capolavoro del genio del flauto di bambù Minoru Muroka, un mix unico di folk tradizionale giapponese e jazz. Muraoka combina la strumentazione tradizionale giapponese con influenze jazz occidentali. Il jazz degli anni ’60 incontra il flauto di bambù giapponese, il tutto in una sessione con un fantastico mix di tocchi groovy ed esotici. Minoru Muraoka suona ‘shakuhachi’, un tradizionale flauto giapponese di bambù, affiancato dai membri della sua band che lo accompagnano al ‘koto’ (archi) e ‘tsu-tsumi’ (batteria) tra gli altri, per creare il loro suono ‘Shakuhachi Jazz’. Il disco Include versioni cover di classici jazz e pop molto famosi, insieme a due brani originali, è un incontro unico di elementi jazz e folcloristici, sullo stile delle sessioni su MPS degli anni ’60, ma con tracce molto più brevi. Il flauto è di Minoru Muraoka, e gli arrangiamenti sono di Takashi Ikeda e Kozaburo Yamaki, che dirigono rispettivamente i loro gruppi New Dimension e New Emotion. Frammenti di sitar conferiscono al disco un suono ancora più groovy e il flauto stesso ha alcune note stranamente stonate che fanno “inciampare” ulteriormente le melodie. Jazz/breakbeat giapponese in questa mega-rarità consacrata fra gli altri da DJ Shadow, Cut Chemist, Egon.

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