«SPARKS» DI LUDOVICA BURTONE, UN COSTRUTTO IMPROVVISATIVO TOUT-COURT CHE PENSA IN JAZZ, MA PARLA LINGUAGGI MOLTEPLICI ED INTRECCIATI

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// di Francesco Cataldo Verrina //

Si dice che un violino, dovunque lo porti continui a conservare quell’aura di classicità e misticismo, quel languore romantico che sfugge l’anti-sentimentalismo tipico del jazz. Un violino non fa jazz, ma aggiunge qualcosa di nuovo alle dinamiche del vernacolo jazzistico: è come trapiantare nella Grande Mela un cuore mitteleuropeo, un sentimento gitano, una passione balcanica, una voce barocca. Il violino trasforma l’idea di un jazz multistrato in un qualcosa che scompagina le categorizzazioni e va perfino oltre il concetto di «terza via». Nel caso di «Sparks» di Ludovica Burtone, possiamo parlare di multidirezionalità della musica: dalla classica al jazz, dall’ispanico-brasiliano alla melodia mediterranea. Un viaggio dalla provincia italica (Udine nello specifico) alle rive del fiume Hudson attraverso un costrutto improvvisativo tout-court, che pensa in jazz, ma parla linguaggi molteplici ed intrecciati.

Ludovica Burtone è una violinista con un ricco bagaglio di esperienze musicali e un imprinting sonoro che travalica la semplice catalogazione per comodità giornalistica: dire jazz, anche nell’accezione e pansa di concetto legato alla contemporaneità, nel suo caso significa tutto e niente, di tutto e di più. La sua vasta opera compositiva è alquanto estensiva e non facilmente circoscrivibile. In « Sparks», la cui uscita è prevista il 3 marzo 2023 su etichetta Outside In Music, la musicista friulana guida una formazione di sette elementi con un piccolo ensemble d’archi ed il supporto da una sezione ritmica: pianoforte, basso e batteria. Il line-up è composto da musicisti di diversa estrazione, identità e provenienza: Ludovica Burtone e Fung Chern Hwei violino, Leonor Falcon viola, Mariel Roberts violoncello, Marta Sanchez pianoforte, Matt Aronoff basso, Nathan Ellman-Bell batteria ed alcune preziose special guest nelle singole tracce. «Sparks», si sostanzia come un racconto aneddotico del suo viaggio dall’Italia agli Stati Uniti. Il titolo in italiano significa «Scintille» ed è la traduzione del friulano «falisčhe» ma anche il soprannome della famiglia di Ludovica.

Per comprendere le dinamiche dell’album è fondamentale esplorare il percorso formativo della Burtone che, partita dall’orchestra sinfonica regionale ha conseguito un diploma post-laurea a Barcellona, ritornata in Italia per ottenere il master al conservatorio si è appassionata al jazz vincendo una borsa di studio che l’ha portata al Banff Centre; da qui la decisione di trasferirsi negli Stati Uniti e di prendere il diploma in composizione jazz presso il Berklee College of Music, esperienza formativa che la porterà a suonare in alcune delle location più iconiche d’America, tra cui la Carnegie Hall, il Lincoln Center, la Boston Opera House, la Radio City Music Hall e il Jazz Standard. Per volere della band-leader, l’album si attiene all’idea che in un quartetto d’archi dove tutte le parti in causa abbiano la stessa importanza, evitando qualunque tipo di gerarchizzazione strumentale. Con spirito tangibilmente collettivo, la Burtone non mette in evidenza solo sé stessa, ma l’intero quartetto come un’unica entità. «Volevo che la mia musica avesse come protagonista il quartetto d’archi, non solo la voce principale o il solista», sostiene Ludovica.

Ascoltando attentamente «Sparks» si capisce che i venti creativi spirano dai quattro punti cardinali della musica, da un emisfero all’altro del suono, da un continente all’altro del ritmo, ma forse si potrebbe azzardare il sintetico concetto di «jazz da camera», un melting-pot che fonde a caldo le sonorità di mondi lontani, il tutto calato nel tradizionale aplomb cameristico di un quartetto classico. L’opener «Blazing Sun» è il frutto tipico del sincretismo compositivo ed esecutivo, dove musica brasiliana, classica, jazz, folk e world music si compenetrano in modo calibrato e mercuriale, tanto da trovare simultaneamente il plauso del più rigoroso ed inamidato appassionato di musica da camera, quanto del più aperto ed anarchico propugnatore della musica dei mondi possibili. L’album prosegue il suo viaggio con «Sinha», l’unico componimento non originale a firma Joao Bosco e Chico Buarque. Nel nuovo arrangiamento dalla Burtone, che utilizza un metro misto ed elementi percussivi di archi ed un’attenta orchestrazione bilanciata di elementi scritti ed improvvisati, «Sinha» vede la partecipazione del percussionista Rogerio Boccato e del chitarrista Leandro Pellegrino. La scelta di questo brano, ispirato alla storia di uno schiavo punito ingiustamente perché accusato di aver fissato la figlia del suo padrone, nasce dal desiderio della violinista di sensibilizzare l’opinione pubblica su un problema ancora attuale in molte zone del nostro pianeta. «È un commento musicale» – afferma Ludovica – «sulle atrocità di una realtà che non accenna a finire. La schiavitù è ancora un dato di fatto in tutto il mondo». « Altrove» vede la partecipazione di Sami Stevens, la cui voce si unisce agli archi per un volo sospeso ed onirico, che fa molto narrazione documentaristica.

In «Awakening», il componimento con la struttura jazzistica più evidente: introduzione, assolo e chiusura, si aggrega all’ensemble anche la sassofonista cilena Melissa Aldana, il cui tenore apporta un contributo decisivo, quasi un completamento atteso perché la quadratura del cerchio sonoro potesse avverarsi. Aldana conquista subito il proscenio come unica «voce» solista, ma lo fa con garbo e classe sopraffina. «Stelusis» riporta gli archi nel suo alveo naturale attraverso una soffice e malinconica ballata da camera con vista sul mondo, fra ricordi e suggestioni. In conclusione «Incontri» caratterizzato dalla presenza de batterista Roberto Giaquinto, in veste di ospite speciale, è una storia di incontri reali, interpersonali e strumentali, metaforicamente rappresentati da un tango moderno in cui tutti gli strumenti si addensano intorno alla violinista alla ricerca di un centro di gravità permanente. Con «Sparks», Ludovica Burtone tende a rappresentare un mondo sonoro ideale, a tratti visionario ma fruibile nella forma e nella sostanza, dove le «scintille» accendono il fuoco di una creatività viva ed abbagliante.

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